Leader in campo

Programma di “manutenzione” delle competenze trasversali del manager 4.0

La storia occidentale ha insegnato che società civile ed imprenditoria sono cresciute in sistemi sociali radicati a fondamenti morali ben precisi.

Giancarlo Civita     

Socio e Tutor ALDAI 

Etica d’Impresa

Anche le religioni hanno influenzato la morale, per far funzionare al meglio il mondo degli affari. Correttezza, rigore morale, qualità, etica e deontologia, sono stati tra i principali valori di riferimento. Veri motori per un sano sviluppo della società e dell’economia moderna. Da diversi anni, sembra che si siano confusi (ed a volte persi), molti valori e princìpi etici. 
Per fortuna ci sono molti esempi di aziende virtuose, che mantengono alto il valore etico del fare impresa, e fondano i propri comportamenti su solidi princìpi. Risultando vincenti nel tempo. Una disarmonica corsa alla globalizzazione sta producendo una squilibrata polarizzazione della società civile. Nuovi poveri, forzati a sacrificare, oltre al benessere, valori come libertà e dignità. Nella società ed, in parte, nell’impresa, quanto si è diffuso l’errato concetto: ”vali per quello che hai” molto più di: “vali per quello che sei”? La morale, l’etica, la deontologia, quanto sono state sacrificate per raggiungere uno scopo, “a tutti i costi”?
In alcuni casi, pochi o tanti che siano, tutto ciò che è ritenuto utile è stato definito “morale”. 
Nessun valore è più fine a se stesso e senza prezzo, come i sani princìpi vorrebbero. Quanto si sta radicando, o si è radicata, questa corrosione della coscienza morale?
E questo, quanto può aver contribuito a portarci dove siamo?
Una parte della società e dell’economia sembrano alle corde perché hanno perso alcuni riferimenti etici, sostituendoli con idoli materiali di dubbia moralità. Una delle conseguenze di questo materialismo malato è stata la ricerca compulsiva di avere, possedere, il più possibile.

Avere a tutti i costi

La minore disponibilità economica per molti e la smania di “avere a tutti i costi”, ha portato a nuove logiche commerciali. Su questi presupposti si è diffuso il low cost. Il low cost ha dominato per molto tempo ed ancora ha un ruolo economico di rilievo. Questo ha penalizzato la qualità. Dall’alimentazione alla sanità; dai trasporti alle vacanze; dalla scuola alla formazione. Coltivazioni intensive, scarso rispetto per i cicli della terra: tutto deve essere prodotto presto ed a costi inferiori. E così per il mare e per i cieli. Gandhi, inascoltato, diceva: “Sulla terra c’è abbastanza per soddisfare i bisogni di tutti ma non per soddisfare l’ingordigia di pochi”. Quale prezzo pagheranno le prossime generazioni per queste scelte?
La politica risolve sempre meno i problemi dei cittadini. Si generano populismi che non fanno meglio. Nel campo del lavoro si va da “soluzioni” precarie come i voucher fino a fenomeni di neo-schiavismo come il caporalato. In nome della globalizzazione mangiamo alimenti che percorrono migliaia di chilometri in container, per nave o in aereo: avvelenando l’ambiente prima e la nostra salute poi. 
Persino nel nome di Dio si arriva a compiere stragi. 
L’esasperazione delle persone, l’incertezza per i propri figli, la disillusione continua alimentano rabbia e paura. Dove ci porta questa strategia?
In positivo, e questo dà fiducia, si assiste ad una lenta, ma crescente, nuova ricerca di qualità, per la quale si è disponibili a pagare il giusto prezzo. Anche se, purtroppo, non tutti possono permetterselo. La qualità come scelta esistenziale, ancor prima che come scelta materiale. Ci sono diffusi segnali di un’inversione di tendenza. Nascono così le coltivazioni non intensive e gli acquisti a km 0. Molti giovani lasciano i call center per tornare a mestieri abbandonati, per riscoprire il loro immutato valore. Il coraggio di queste scelte visionarie sarà vincente.
Per questa sfida, l’impresa si dovrà far trovare pronta a fornire il proprio contributo di valori. Un Rinascimento anche imprenditoriale. Dove essere è più importante di avere. Dove le persone sono più importanti delle cose.

Le persone e le cose

Uno specifico valore, da recuperare e/o da rafforzare, è la cura delle competenze delle persone che vivono in azienda. La formazione come processo continuo ed integrato e non come spot occasionale. La cifra del ciclo economico dei nostri giorni, è la velocità delle sfide che le aziende ed i propri dipendenti, a tutti i livelli, devono continuamente affrontare. Velocità che non consente errori e deve garantire il successo. Chi è chiamato ad essere protagonista è il gruppo di manager che deve realizzare le strategie aziendali, per assicurare sviluppo e benessere alla società.
Usando una metafora sportiva, un atleta si allena a lungo tra una performance e l’altra. La fase di allenamento è irrinunciabile, anche quando le gare sono ravvicinate. Senza allenamento adeguato, si rischia di perdere la gara successiva. Nessun atleta rinuncia alla “manutenzione” delle proprie risorse, fisiche e mentali.
Un mio allenatore diceva: “Bisogna allenare prima l’uomo e poi l’atleta”. Ho imparato nel tempo quanto fosse una grande verità, non solo in campo sportivo. Della “manutenzione” fa parte anche l’analisi delle performance precedenti, per capire cosa ha funzionato e cosa deve essere migliorato; con un continuo allenamento mirato alle necessità. Chi potrebbe pensare che una macchina da corsa non sia oggetto di revisione e manutenzione completa tra una gara e l’altra?
Ci fideremmo di più a salire su un aereo, sapendo che riceve revisione periodica, o su un aereo sapendo che la compagnia risparmia sulla manutenzione? E la “manutenzione” delle competenze e della salute psico-fisica dei piloti? Per noi viaggiatori quanto conta? Vogliamo che la compagnia aerea investa in questo o lo riteniamo un optional? Alla velocità delle sfide aziendali, spesso, troppo spesso, non si affianca, con metodo, il criterio sportivo, dei piloti o delle macchine; per la “manutenzione” delle competenze delle persone coinvolte in azienda. In particolare dei propri manager, a cui è delegata la responsabilità di gestire le risorse aziendali in maniera efficiente ed efficace. L’alibi più frequente è “non c’è tempo”; “non ci sono i soldi”; “ora abbiamo altre priorità”, o altre tristi e miopi scuse. Domanda: quanto spende all’anno un’azienda per la manutenzione dei propri impianti produttivi? E quanto spende, la stessa azienda, nello stesso anno, per la “manutenzione” delle competenze dei propri manager? La risposta “misura” la scala di valori che guida quell’azienda.
Si scopre che l’azienda dà più valore alle cose che alle persone, che quelle cose utilizzano. Un rovesciamento della scala dei valori tra persone e cose, che spesso si è dimostrata debole e pericolosa.
Con l’iniziativa: Leader in campo: manutenzione delle competenze trasversali del manager 4.0 (vedi box), ALDAI intende dare, tra le tante iniziative, un ulteriore contributo di esperienza e testimonianza, rivolto ai giovani manager, dirigenti e quadri direttivi in servizio, per un costruttivo confronto su cruciali competenze trasversali (vedi articoli sullo stesso tema sul numero di luglio e dicembre 2016).
Non sarà un corso di formazione, propria di specifici corsi proposti da scuole qualificate. Ogni partecipante avrà un ruolo attivo, per favorire lo scambio di esperienze e competenze. Un’officina delle competenze. Si tornerà a casa con una “cassetta per gli attrezzi” in parte nuova ed in parte rinnovata ed aggiornata; pronta all’uso dal giorno dopo, in azienda e, forse, non solo.
Archivio storico dei numeri di DIRIGENTI INDUSTRIA in pdf da scaricare, a partire da Gennaio 2013.