Manager di ieri e manager di oggi

Edoardo Lazzati - Presidente Federmanager Pavia - intervista un dirigente di una multinazionale

Qualche tempo fa sono stato invitato da un ex mio giovane allievo a passare a trovarlo nel suo nuovo ufficio di Amministratore delegato di una multinazionale.
La cosa, lo confesso, mi ha fatto piacere perché, per un anziano, non essere dimenticato soprattutto da chi si trova al vertice di una azienda ed è stato un Tuo giovane collaboratore, è motivo di orgoglio e di gratificazione.
Inevitabilmente la conversazione dopo l’illustrazione di struttura, obiettivi, organizzazione della sua azienda ed i passaggi della sua importante carriera, si è spostata sul passato, sulla comune memoria di momenti, anche molto difficili, superati insieme, fianco a fianco.
Ho poi potuto constatare quanti giovanissimi manager avesse come collaboratori diretti e mi è venuto spontaneo provocarlo nel confronto tra i manager del mio tempo e quelli attuali, soprattutto sul piano del rapporto con le cosiddette risorse umane, troppo spesso oggetto di aride statistiche sul piano dei costi aziendali, sempre più numeri che risorse, sulla cui testa finiscono per abbattersi i tagli aziendali quando gli utili scendono ed il mercato ti mette in un angolo.
Sono emerse, dalle chiacchierate, alcune riflessioni interessanti che sottopongo alla lettura dei colleghi, senza avere minimamente la pretesa di trarre delle conclusioni su un confronto così delicato ed in contesti sociali ed economici tanto diversi.
Intanto è praticamente scomparsa la figura del manager venuto dai ranghi più bassi della gerarchia aziendale; nella mia lunga vita lavorativa ho visto anche operai arrivare ad una meritata nomina a dirigente di aree tecniche.
Oggi arrivano nelle aziende ragazzi con curricula di studio eccellenti, con master americani o inglesi, con un notevole bagaglio linguistico; nel lontano passato pochi di noi avevano dimestichezza con l’inglese ed erano particolarmente ricercati per questa caratteristica; oggi la conoscenza dell’inglese è quasi un prerequisito.
Arrivano, questi giovani, consci della loro preparazione; sono trattati e trattano alla pari, quasi sempre con un confidenziale tu i colleghi più anziani ed in carriera, quando noi giovani dirigenti avevamo un rispetto ossequioso nel confronto del capo, specie quando questi era anziano.
Restano in ufficio fino ad ore impossibili, in linea con le abitudini del capo e si scambiano messaggi, note e quant’altro in modo che il lunedì mattino la macchina sia già avviata.
E i rapporti con la famiglia? Beh qui non c’è molta differenza tra passato e presente; spesso il lavoro ha la priorità su moglie e figli; semmai la differenza è che in passato la famiglia si spostava con il manager, sostenendo diversi sacrifici (lavoro della moglie, scuole dei figli, ecc.) mentre oggi la famiglia resta sostanzialmente stanziale ed il manager fa il pendolare settimanale quando può.
Ed il rapporto con i subordinati? Qui sembrano evidenziarsi un po’ di differenze; forse più attento all’ascolto il manager antico, più paziente, più disponibile all’esame delle istanze, delle difficoltà dei collaboratori, più attento alle esigenze della formazione; più freddo e determinato, meno emotivo, forse meno sensibile il “managerino” di oggi (già perché così sembra che i subordinati chiamino i giovani capi), più attento ai dati che alle persone, ai risultati come dogma assoluto a fronte dei quali non si ascolta ragione o giustificazione; un freddo calcolatore molto attento ad assecondare il Capo più di quanto non facessimo noi vecchi.
Al termine della piacevole conversazione ci stiamo posti una domanda: quale è il modello vincente di manager: quello antico o quello moderno dell’industria 4.0? malgrado la notevole differenza di età ci siamo trovati totalmente concordi nella risposta: non è possibile un vero confronto; ogni contesto storico ha la sua tipologia di manager che si plasma non solo con le sue caratteristiche personali e con gli studi, ma attraverso la situazione storica ambientale nella quale si trova ad operare.
Allora, viva il manager di ogni stagione e così sia!