Le quattro dimensioni della rappresentanza

Sintesi dell'intervento sulle dimensioni della rappresentanza in conclusione dei lavori dell’assemblea CIDA - 28 aprile 2017.

 

Guido Carella 

Vice Presidente CIDA
Dopo il meeting dell’agosto 2011 per il lancio del progetto “Prioritalia” con la partecipazione di oltre 600 colleghi e colleghe, e dopo gli “Stati Generali” del 2012 con più di 4.500 presenze, non ci sono state occasioni, né programmate iniziative con presenze così rilevanti. Sono stati due appuntamenti che hanno generato attese e speranze per procedere verso un modello di rappresentanza della classe manageriale del Paese più evoluto, moderno e soprattutto più efficiente ed efficace. Da allora abbiamo fatto un percorso importante, con buoni risultati, ma probabilmente non adeguati alle attese generate.
Ho più volte detto e argomentato che un’Associazione di Rappresentanza di Interessi (ARI) quali sono le nostre Federazioni e la nostra Confederazione, agiscono per raggiungere gli scopi associativi su diverse dimensioni, ciascuna della quale ben identificata, tutte strettamente correlate e ciascun’espressa con priorità differenti nei diversi contesti del sistema di rappresentanza complessivo.

La dimensione sindacale

La prima dimensione è quella sindacale che legittima il “nostro essere” Manageritalia, Federmanager, Cimo, Funzione Pubblica, Fidia, ecc., nei rapporti con le parti datoriali (il nostro core business).

La dimensione associativa

La seconda dimensione è quella associativa che esprime attraverso i numeri degli associati, la nostra capacità di essere rappresentativi, la nostra capacità di creare membership, senso di appartenenza, valori comuni tali da creare adesione volontaria e condivisa. In sintesi creare credibilità e reputazione all’interno delle rispettive Federazioni.

La dimensione istituzionale

La terza dimensione è quella istituzionale, cioè la capacità di produrre idee e progettualità nel dialogo verso le istituzioni, la politica, gli stakeholders di riferimento per dare legittimità al ruolo economico della classe dirigente del Paese che svolge la fondamentale azione di declinare, “di mettere a terra” le politiche economiche, del lavoro, fiscale, previdenziali e sociali del Paese. Con l’obbligo etico, per le nostre responsabilità, di proporre i necessari correttivi, ogniqualvolta se ne ravvisi la necessità (esempio emblematico il documento sulle politiche economiche esaminato oggi dall’Assemblea).

La dimensione di movimento

La quarta è la dimensione di movimento, cioè la capacità di esprimere idee e progetti nell’interesse più ampio della collettività del Paese su temi trasversali che escono e vanno oltre la rappresentanza del nostro ruolo professionale ed economico. Esprimere questa dimensione associativa vuol dire creare credibilità e reputazione verso la collettività del Paese. Vuol dire essere riconosciuto quale soggetto sociale che si rende disponibile e dare il proprio contributo sui grandi temi sociali del Paese. Vuol dire anche esprimere all’occorrenza una grande capacità di mobilitazione, in tutte le forme possibili, per sostenere l’innovazione sociale del Paese. I numeri ci sono (oltre 700.000) e la classe manageriale può e deve dare un senso a una coscienza collettiva che possa aiutare il Paese nei grandi temi sociali. Non basta solo la forza delle buone idee, in molti casi i numeri sono molto importanti.
Occorre completare il cambiamento culturale, già avviato, al nostro interno e dare progettualità, vita e forza alla dimensione di movimento, al nostro ambizioso obiettivo di diventare un soggetto sociale di riferimento per il Paese.

Quando spira il vento del cambiamento, c’è chi costruisce muri e chi costruiscono mulini a vento

Da qualche settimana, dopo aver letto l’ultimo libro di Enrico Letta, ho citato in più occasioni, un proverbio cinese: “Quando spira il vento del cambiamento, c’è chi costruisce muri e chi costruiscono mulini a vento”. Sono ancora tanti quelli che costruiscono barriere e mura reali e virtuali.
Oggi è ancora più evidente, rispetto a qualche anno fa, che ci troviamo di fronte a un cambiamento di fondo che investe tutti i settori produttivi pubblici e privati, cambiandone la fisionomia e la fisiologia, e se noi il cambiamento non vogliamo semplicemente subirlo, restando spiazzati e confusi nei prossimi anni, occorrerà nuovamente guardare al futuro e ai cambiamenti che ci attendono a medio e lungo termine.
Questi problemi, il tema di come affrontare il futuro, non riguardano solo imprenditori, dirigenti, lo Stato e i dirigenti pubblici, i partiti politici, ma anche chi svolge mansioni di rappresentanza se non vorranno anche loro andare verso la “inconsapevole sparizione” sulla crescente spinta verso la disintermediazione di ogni forma di relazione economica, sociale e politica.
E’ necessario, quindi, continuare il nostro percorso con più forza per facilitare e rendere possibile al tempo stesso:
  • La potenzialità che può esprimere un modello evoluto di rappresentanza della classe manageriale;
  • Governare la transizione, che nel percorso dal vecchio al nuovo si presenta ancora potenzialmente conflittuale, confuso, con sacche d’ignoranza associativa diffusa e con numerosi muri da abbattere.
C’è un lungo elenco di propositi che ancora rimangono tali, che andranno declinati e realizzati, che avranno bisogno di sperimentazione e in seguito potenziata grazie a una reciproca e migliore comprensione di quello che necessariamente si avvia a essere un modello evoluto di rappresentanza della classe manageriale in tutte le declinazioni delle dimensioni associative.

Confronto nel territorio

Ecco allora un primo proposito, presentato nel Comitato di Presidenza CIDA da declinare nella dimensione istituzionale e che oggi presento all’Assemblea per programmare nella seconda metà di ogni anno un’Assemblea CIDA in tutte le regioni italiane, aperta a tutti gli iscritti delle Federazioni presenti nelle diverse regioni. Venti assemblee celebrate in contemporanea, nella stessa giornata, che dibattono lo stesso tema ed esprime, con la forza di migliaia di presenze sparse nelle diverse regioni, le posizioni, i pensieri e le proposte della CIDA. Occorrerà essere creativi anche nell’utilizzo delle moderne tecnologie per consentire la più ampia partecipazione e condivisione, la necessità di ottimizzare le risorse necessarie e gli interventi degli esperti. Certamente un’attività associativa che darà maggiore visibilità e conoscenza del ruolo dei Consigli regionali e dei Segretari che dovranno presiedere le venti Assemblee. Il tema dell’Assemblea sarà condiviso dai venti Segretari regionali con il Comitato di Presidenza CIDA, così come il programma e la struttura dell’Assemblea.
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