FINANZA E CALCIO: paradossi del Bel Paese

Siamo finiti in serie B e nessuno se ne duole e nemmeno si preoccupa del rischio della C.

 

Edoardo Lazzati 

Presidente Federmanager Pavia

Dalla serie A alla serie B una retrocessione spiacevole sia dal punto di vista estetico, di immagine, sia dal punto di vista sostanziale. Mentre nel mondo del calcio girano cifre pazzesche per far felice il popolo “della pedata”, e le società calcistiche spesso si indebitano al di là di ogni logica, per arrivare alla serie B o meglio ancora alla serie A, con il plauso di milioni di italiani, nel mondo finanziario mondiale siamo stati retrocessi, senza possibilità di appello alla ignobile serie B della affidabilità dei debitori.
Il fatto viene commentato dalla politica in maniera generalmente patriottica (le agenzie di rating non sono affidabili, sbagliano le valutazioni, siamo debitori solidi, ecc. ecc.), dalla stampa in maniera diversa a seconda degli orientamenti dell’editore; il popolo, sovrano, tace; del resto cosa potrebbe fare di fronte ai cosiddetti esperti?
Sta di fatto che le conseguenze ci saranno eccome! E poco conta che le suddette agenzie di rating possano incappare in errori ed omissioni, e qualche volta nella malafede. 
La cruda realtà è che il nostro debito pubblico ci costerà di più; del resto se vogliamo essere un po’ obiettivi e liberarci dal campanilismo provinciale dal quale siamo afflitti, guardiamo, senza lenti di rimpicciolimento, la situazione generale del nostro Paese.
  • Il debito pubblico è in continua ascesa, inarrestabile come una calamità naturale ed aumenterà ancora per salvare le banche.
  • Ah le banche; un quadro fortemente preoccupante denso di incognite, con lo Stato necessitato ad intervenire facendo ricorso alle proprie casse vuote; meglio non vuote ma piene di debiti che conseguentemente aumenteranno.
  • Le riforme. Quelle strutturali, in grado di stringere il rubinetto della spesa pubblica, sono rimaste alla fase del progetto e l’attuale Governo, malgrado tutta la buona volontà, finirà per gestire una fase più o meno lunga (al massimo fino al 2018) di gestione pre-elettorale con i partiti tesi non tanto a risolvere le gravi crisi in atto, ma a fissare il proprio migliore posizionamento in vista delle elezioni. 
  • Le province non ci saranno più, ma ci sono le “aree vaste”; sono previste le aree metropolitane ma poco si comprende di come funzioneranno.
  • La buona scuola ha avuto un decollo quanto meno imbarazzante con le solite cattedre ballerine, malgrado la stabilizzazione di migliaia di precari e l’attuazione dei concorsi nazionali che hanno provocato altri problemi sulle sedi di destinazione degli insegnanti vincitori.
  • Roma la capitale, ad essere benevoli, annaspa ancora nella spazzatura e non è certo una bella fotografia del Paese.
  • È prevedibile una legge elettorale a carattere proporzionale (più o meno corretta) che non è indice, almeno in teoria, di forte stabilità politica, di cui comunque avremmo bisogno per ottenere riforme incisive e profonde.
  • Il costo della sanità pubblica è inevitabilmente in aumento, con l’invecchiamento progressivo della popolazione e non vengono a sufficienza incentivate forme mutualistiche private.
  • La disoccupazione giovanile e quella degli ultra cinquantenni non pensionabili non allenta la sua tragica morsa.
  • Il costo della invasione migratoria è in costante progressivo aumento con l’Europa sempre più indifferente, incapace e non disposta di fatto a darci una mano; e con diversi Paesi che chiudono le frontiere. Fino a quando potremmo reggere sul piano economico e sul piano sociale? Penso che sia una domanda seria, senza dover incappare in accuse di razzismo, a cui cercare di dare qualche tipo di risposta razionale.
  • Un carico fiscale eccessivo, dovuto ad un costo eccessivo di Istituzioni troppo numerose e spesso inutili.
È bene non proseguire in una ulteriore elencazione dei guai nazionali.
Ma a questo punto ci sembra logica una domanda: come può essere valutata, oggettivamente, l’affidabilità di un Paese, la cui classe politica, espressione più o meno adeguata del Paese stesso, presa com’è dalle sue problematiche interne, non riesce a mettere mano ad una purché minima idea di unità nazionale per affrontare, in maniera concorde, qualcuno almeno dei suddetti gravi problemi?

Serie B dunque, sostanzialmente meritata, al di là del legittimo orgoglio nazionale. La botta in testa dovrebbe servire a farci reagire con fatti e non con le parole; ma siamo quasi certi di non sbagliare affermando che tutto continuerà come prima; e speriamo di riuscire, con l’aggiunta delle tante catastrofi naturali, a tenerci strette le tre B.
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