Lo sdegno per la realtà delle cose, il coraggio per cambiarle

Abbiamo bisogno di aria fresca: ai giovani un invito esplicito a dire la loro, a suggerire nuove vie, in altri termini, a essere attivi al nostro interno

Renato Valentini 


Il 4 luglio scorso ho avuto modo di presenziare a uno degli AperGiov organizzati dal Gruppo Giovani torinese. Oltre che un dovere è stato anche un piacere immenso, perché i giovani rappresentano il nostro futuro. Innanzitutto rinnovo anche qui, a nome di tutti noi, gli auguri e i complimenti al nuovo coordinatore territoriale, Livio Lo Biondo e i sinceri ringraziamenti a chi lo ha ottimamente preceduto, ovvero Massimiliano Pagnone, che ha lasciato il Gruppo avendo raggiunto i limiti d’età, ma colgo anche l’occasione per condividere alcune riflessioni che ho espresso quel giorno, con la speranza che possano anche essere fonte di discussione costruttiva.

Pur essendo un ingegnere, amo la filosofia e tra le due teorie, quella di Hobbes, che sentenziò essere l’uomo malvagio di natura (suo il famoso detto homo homini lupus), e quella di Rousseau, che invece teorizzò di un animo umano fondamentalmente positivo che mira a una società migliore nel tempo, io ho sempre preferito di gran lunga quest’ultima. Quindi quando penso ai rapporti in essere nella società odierna, in particolare nel mondo del lavoro, mentre ho piena consapevolezza delle tante cose che non vanno, a cominciare dal fatto che solo il 5% dell’attuale dirigenza abbia meno di 40 anni, dall'altro non posso arrendermi al declino e, con la visione ottimistica “alla Rousseau”, mi corre l’obbligo di confidare in un futuro migliore, anche se non lineare e magari partendo da un'analisi seria e non colpevolista degli errori fatti.

Il caso ha voluto che l’evento del Gruppo Giovani cadesse in un giorno particolare, il 4 luglio, ricorrenza degli Stati Uniti d'America, nati con la firma della Dichiarazione d'Indipendenza che è una pietra miliare nella storia umana di democrazia e libertà. Cito alcune parole del testo che mi sono rimaste impresse: tutti gli uomini sono creati eguali e dotati di certi inalienabili diritti: la Vita, la Libertà, e il perseguimento della Felicità. Bellissime parole e non so quanti sappiano che l’ispiratore dell’ultimo diritto, quello della ricerca della felicità, è un italiano, Gaetano Filangieri, filosofo illuminista partenopeo che ispirò in tal senso proprio Benjamin Franklin, con cui aveva una comunicazione epistolare. Con azzardato ma forse affascinante collegamento delle mie sinapsi, mi piace unire questo bellissimo diritto, la ricerca della felicità, con quanto i nostri padri fondatori della Repubblica vollero lasciarci con il primo articolo della nostra Costituzione, ovvero che la nostra repubblica democratica è fondata sul lavoro. Pensate la forza formidabile, di questo binomio: felicità e lavoro, dove si concilia sviluppo (tecnologico, industriale) con progresso (sociale, economico). Se ci riflettiamo bene questo è quanto successe in Italia subito dopo la fine del secondo conflitto mondiale, quando, uscita letteralmente a pezzi, la generazione di mio padre mettendoci ingegno, passione e sacrifici costruì quello che venne poi chiamato miracolo economico, diffondendo nel nostro Paese il benessere. Un capitalismo umano che ci deve ancora inorgoglire grazie anche a grandissimi uomini illuminati, industriali e dirigenti, quali ad esempio Adriano Olivetti o Enrico Mattei per citarne solo un paio. 

La mia generazione ha avuto enormi benefici da questa spinta propulsiva. Ai tempi in cui io mi sono laureato il futuro era molto più prevedibile di oggi e, con un po’ di talento e mettendoci ovviamente impegno, l’ascensore sociale era a portata di mano di chiunque avesse buona volontà. Ora non è più così, non lo è più da almeno venti anni. Le ragioni sono molteplici, a partire da una finanza, che invece di essere a supporto dell’industria, e quindi un mezzo, è diventata fine a sé stessa. Sono cambiate le organizzazioni aziendali e i modelli di business. Le istituzioni pubbliche hanno avuto troppo spesso la “vista corta”. La globalizzazione selvaggia affrontata solo superficialmente. 

Sono consapevole che le sfide del futuro saranno ancor più complesse e complicate, a partire da una nuova rivoluzione industriale di cui stiamo assaggiando solo l’antipasto. Non chiedetemi quali ricette occorre utilizzare per affrontarle. Non vorrei cadere nell'errore di fornire risposte vecchie a domande nuove. Io posso solo pregare tutte le mie Colleghe e i miei Colleghi giovani di continuare a testimoniare quei Valori che sono nel nostro DNA di classe dirigente e che si manterranno saldi nel tempo, ovvero: attenzione al merito e alle competenze, senso del dovere e della responsabilità, capacità decisionali. E rivolgendomi a loro posso solo suggerire, anzi esortare, a inventare nuove strade, a non aver timore di immaginarle, fossero anche le più strane. Fatelo con Coraggio e Passione e senza deprimervi in caso di eventuali primi fallimenti, anzi imparate da questi per migliorarvi, cercando di inseguire sempre i vostri sogni. Non fate caso alla tante, troppe, cassandre che vi narrano una visione pessimistica e nichilista del futuro, non credeteci e non fatevi intimorire dalle paure che proveranno ad istillarvi, ma riappropriatevi del vostro futuro, che per l’appunto è vostro e anzi fatelo in modo da pensare anche alle generazioni che vi seguiranno, diversamente da quanto non ha purtroppo saputo fare la mia generazione. E non fatelo solo nelle aziende, ma anche nella nostra associazione. Non abbiate paure di dirci la vostra, di suggerire nuove vie e, anche se so quanto sacrificio richiede conciliare lavoro e volontariato, fate di tutto per essere attivi al nostro interno, abbiamo bisogno di aria fresca. Filangieri che ho prima citato aveva poco più di vent’anni mentre ispirava Franklin. Più o meno la stessa età aveva Leopardi quanto scrisse una delle poesie più belle della storia: L'infinito. Così Mameli quando scrisse le parole del nostro inno. I giovani possono cambiare le cose e siate quindi come un novello Prometeo che, rubando il fuoco del sapere agli dei senza preoccuparsi delle conseguenze, diede impulso al progresso dell’umanità. 

So che ci vuole Coraggio, con la “C“ maiuscola, ma non sarete soli se ci proverete. Come ci insegna una bella frase di Sant’Agostino: “la speranza ha due bellissimi figli: lo sdegno e il coraggio. Lo sdegno per la realtà delle cose; il coraggio per cambiarle.” 

Viva Federmanager, Viva soprattutto i Giovani di Federmanager!