Next Generation EU: ecco come la Lombardia deve ripartire!

Nel luglio del 2020 il Consiglio Europeo ha concordato un importante sostegno finanziario di 750 miliardi di euro a supporto degli Stati membri, per poter accelerare la ripresa dalla crisi causata dalla pandemia Covid-19.

Sara Cattaneo

Global Procurement Manager - Socia ALDAI-Federmanager e membro del comitato di redazione 
I fondi verranno erogati tra il 2021 e il 2023 e si baseranno su stime di progetti da eseguire in un arco temporale che va dal 2021 al 2027.
Molto significativo il fatto che tale iniziativa sia stata ridenominata “Next Generation EU”, per sottolineare lo sguardo volto al futuro, a una ripartenza generale, e non solo al mero superamento di una temporanea crisi in atto.
Proprio in questi giorni, infatti, sentiamo parlare del piano italiano legato al Recovery Fund che sta prendendo forma e si basa su una sessantina di progetti, raggruppati in 17 cluster, volti al rilancio del Paese attraverso il miglioramento di alcune aree che sono da sempre punti strutturalmente deboli per l’Italia.

Lombardia e Recovery Fund: punti di forza su cui far leva

Volgendo il nostro sguardo più nello specifico alla situazione lombarda, e con riferimento al piano regionale condiviso dal Presidente Attilio Fontana, vediamo per esempio come le analisi e le valutazioni su cui la Lombardia sta basando le proprie proposte di progetti, evidenzino una regione che:
  • si attesta tra le prime regioni più industrializzate d'Europa;
  • rappresenta un’eccellenza in numerosi settori del manifatturiero e dei servizi;
  • denota la presenza di grandi imprese in settori strategici capaci di trainare le relative filiere;
  • è caratterizzata da un elevato export; 
  • presenta filiere manifatturiere e industriali complete e qualificate in diversi ambiti strategici (es. Aerospazio, Agroalimentare, Automotive, Meccatronica-Robotica ecc.).

Lombardia e Recovery Fund: opportunità di miglioramento

D’altra parte la Lombardia ha identificato i propri “punti deboli”, quelli strutturali, ovvero quelle aree dove dobbiamo concentrare la nostra attenzione per poter innescare in modo efficace il rilancio della regione:
  • difficoltà di adottare modelli di business sostenibili;
  • bassi livelli di intensità digitale, nonché mancanza delle competenze ad essa correlate (in particolare nelle PMI e nelle micro-imprese);
  • mancanza di interoperabilità dei servizi pubblici digitali;
  • difficoltà di investimento delle PMI in innovazione (amplificata dopo dopo l’emergenza Covid-19).

Priorità del settore industriale

Da quest’analisi, e dall’analisi del tessuto socio-economico in cui questa si cala, emerge chiaramente che tre saranno le principali sfide dell’industria lombarda sia nel futuro più imminente che anche quello di medio-lungo termine:
  1. supportare la trasformazione digitale del mondo industriale
  2. investire a supporto dello sviluppo sostenibile 
  3. aumentare la resilienza della filiera produttiva e la capacità di adattamento a questo 
nuovo contesto economico-produttivo e sociale; le aziende devono infatti adattare alla nuova realtà il loro approccio alla gestione delle catene del valore, investendo in progetti 
di “reshoring” sia per i propri siti produttivi che per la scelta dei fornitori, secondo un’ottica ben oculata di gestione dei rischi.

I tre obiettivi si intersecano in un’unica visione che fa leva su come la recente pandemia abbia messo in evidente discussione l’approccio industriale in atto da qualche anno, fondato su forti spinte verso la delocalizzazione delle produzioni (pensiamo per esempio alla “migrazione” verso il Far East), e che ora invece si trova improvvisamente a dover ridisegnare filiere produttive più “corte”, flessibili, locali… Ecco quindi che i fondi della Next Generation saranno utili per incentivare il ritorno delle imprese a investire in supply chain più locali, favorendo il reinsediamento sul territorio lombardo di attività ad alto valore aggiunto in precedenza delocalizzate, e questo deve avvenire esattamente puntando sull’innovazione e sulla digitalizzazione, nonché sulla qualificazione in termini di sostenibilità. 
Questa strategia infatti permetterà alle aziende di guadagnare flessibilità e competitività, con il risultato finale di incrementare quote di mercato verso quei competitor ancora fedeli a visioni e approcci ormai passati. 

Reskilling manageriale

Cosa comportano tutti questi cambiamenti per i manager del post-Covid?
In un mondo dove il mercato del lavoro è sempre più orientato alle competenze digitali e tecnologiche, è necessario che si sviluppi un’azione concreta di upskilling e reskilling per i lavoratori già inseriti in impresa. Ecco quindi che le imprese dovranno investire anche in programmi di formazione per il proprio personale, programmi formativi strategici, di lungo periodo.
L’idea infatti è quella di mantenere i manager costantemente aggiornati e in una fase di continuo miglioramento/apprendimento durante tutto il corso della loro vita lavorativa, secondo il principio del “Lifelong Learning”
I lavoratori del futuro dovranno avere competenze trasversali con delle basi tecnico-scientifiche che permetteranno alle persone di imparare nuovi linguaggi universali che si codificheranno nel corso degli anni e che saranno alla base delle nuove dinamiche occupazionali della forza lavoro.
Se da un lato quindi non si può certo negare che il 2020 sia stato un anno difficile, da molteplici punti di vista, per l’intero sistema sociale ed economico, è altresì vero che finalmente si inizia a respirare un’aria di volontà di ripresa, che con rinnovato ma ancora timido ottimismo guarda verso il futuro!
È il momento di agire, proporre, guidare l’industria nella transizione proprio verso la sua next generation. 
Del resto, come diceva Ralph Waldo Emerson “Senza entusiasmo non si è mai compiuto niente di grande”.
Archivio storico dei numeri di DIRIGENTI INDUSTRIA in pdf da scaricare, a partire da Gennaio 2013.

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