Ai giovani dico: guardate al mondo come il giardino di casa

L’internazionalizzazione vista da chi la vive quotidianamente in prima linea. Da più di 40 anni insita nell’Industria 4.0 c’è il concetto di innovazione, asset fondamentale in questa fase di quarta rivoluzione industriale perché portatrice della capacità di connettere, di disporre di più dati ma soprattutto di cogliere le opportunità dell’internazionalizzazione.

Chiara Tiraboschi

Giornalista - Responsabile Servizio Comunicazione e Marketing ALDAI-Federmanager

In passato l’ipse dixit era quello del sistema informatico, quello a cui ci si doveva adattare, oggi invece, al centro c’è la persona e con essa il lavoro e non ultime le aziende che si muovono seguendo questa strada dettata dal profondo cambiamento che tutti noi stiamo vivendo.
Lo sa bene Antonio Zaffaroni, ingegnere, socio ALDAI, da 43 anni nel mondo delle costruzioni all’estero e attualmente in una delle più grandi (forse la più grande?) aziende italiane conosciute nel mondo, global player nel settore delle costruzioni e leader mondiale per le infrastrutture nel segmento acqua. 
Un esempio? Chiedetegli dell’ampliamento del Canale di Panama o del tunnel idraulico di Lake Mead a Las Vegas, uno dei più grandi laghi artificiali degli Stati Uniti della città del Nevada realizzato per garantire la fornitura di acqua della "Sin City" americana o della diga di Ertan in Cina. Lui c’era e anche oggi, come allora, è in prima linea, dividendosi tra America del Sud ed Europa, non facendo mai mancare una breve toccata e fuga nel Bel Paese dove l’azienda ha la sua casa madre.
“Il mondo è ormai diventato piccolissimo e tutti i soggetti, siano imprese o individui, hanno facilità di movimento e di scambi reciproci” – sottolinea Zaffaroni per spiegare quali, secondo lui, siano le caratteristiche che oggi facilitano la nostra presenza in campo internazionale. 
“Mi riferisco ovviamente agli individui e può sembrare una risposta banale, ma è necessario liberarci da atteggiamenti provinciali. Dobbiamo accettare le sfide di chi è diverso invece di trincerarci dietro le certezze di quanto già noto”.
Manager di ampie vedute con una forte attenzione per i giovani – ha infatti collaborato con il Politecnico di Milano per lanciare e dare contenuti al Master in International Construction Management – l’ing. Zaffaroni ha parlato con Dirigenti Industria dello scenario lavoro, dei cambiamenti real-time di oggi e della visione del prossimo futuro.
Un tratto del Canale di Panama.

Un tratto del Canale di Panama.

L’ultimo rapporto del Censis afferma che l’Italia ha perso competitività per gli investitori stranieri (l’indicatore sintetico di attrattività ha perso oltre 7 punti). Tra i principali fattori che scoraggiano un investitore estero ci sono stabilità politica, fisco e giustizia civile. Condivide? 

Certamente. Il fatto che non si riesca a risalire da posizioni vergognose per un Paese del primo mondo è sintomo anche delle sofferenze che gli italiani stessi incontrano nella loro esperienza quotidiana.

Affidabilità, reputazione, serietà, professionalità sono elementi di importanza stabile se non  addirittura crescente in ottica di internazionalizzazione, oppure prevalgono oggi altri elementi? E se si, quali? 

Sono sempre gli stessi a cui va aggiunto come sistema paese, la possibilità di offrire finanziamenti a condizioni vantaggiose (caso dei cinesi).

Alla luce della sua esperienza, si può ancora parlare di un ruolo trainante dei grandi contractors nazionali nel “portare all’estero” il mondo dei sub-contractors di più limitate dimensioni? Quali gli elementi nuovi in questo ambito? 

Sicuramente si, ma non dimentichiamo che i margini ormai si sono talmente ridotti che il general contractor salvo per i casi di operazioni estremamente sofisticate, deve ricorrere al mercato locale. Rimangono ottime e devono continuare ad essere incentivate le iniziative di associazione fra piccoli fornitori per affrontare in forma sinergica i mercati stranieri.

Spesso si recrimina sulla scarsa propensione delle ultime generazioni ad accettare condizioni di lavoro “inusuali”, per orari, collocazione nel mondo, responsabilità. È un elemento che si sente di poter confermare? 

Ne avevo il dubbio quando ho concluso la mobilitazione del cantiere di Panama con il contributo fondamentale di pensionati della vecchia Impregilo. Ho voluto verificarlo dando una conferenza al Politecnico e mi sono invece incontrato con la positiva sorpresa di gente giovane interessata e motivata. Quello che manca sono gli esempi positivi. Da lì la collaborazione con il Politecnico è stata immediata e oggi Salini-Impregilo ha fatto proprio il Master che avevamo ideato.

Secondo l’Osservatorio Statistico dei Consulenti del Lavoro, dal 2008 al 2016 sono 500.000 gli italiani emigrati all’estero. Lei ha un dialogo costante con le nuove e promettenti generazioni, tanto nel lavoro come nell'Università. Una considerazione sul futuro, che a molti appare gravido di minacce: qual è la sua visione?

Che la tendenza è destinata a crescere. Per quanto si diceva prima e cioè che il mondo ormai va visto come il giardino di casa e poi perché le opportunità di lavoro inevitabilmente seguiranno la destinazione degli investimenti.

Il nostro Paese non brilla nella conoscenza delle lingue: è addirittura ragionevole pensare che, per le condizioni dell’insegnamento scolastico, nell’ultimo ventennio la padronanza delle lingue straniere possa addirittura essersi ridotta. Se ne trova conferma nella sua esperienza? 

Non sarei così pessimista. Tutti stanno prendendo coscienza dell’importanza della conoscenza di altre lingue. Anche nelle nostre università si tengono corsi in Inglese non solo per dare una cultura più vasta ai nostri studenti, ma anche per invogliare studenti stranieri a completare i loro studi in Italia. Sono le basi per future collaborazioni internazionali.

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