PNRR e manifattura
444.000 posti di lavoro in meno…Ed è solo l’inizio!
Massimo Melega
Vicepresidente CIDA
La primavera porterà inevitabilmente uno tsunami di licenziamenti nel settore degli esercizi pubblici, stremati da una “carestia di fatturato” per molti ormai irrimediabile, che porterà a molte chiusure e alla conseguente disoccupazione dei dipendenti.
Ma anche l’industria – che già prima del Covid aveva vissuto un progressivo, drammatico depauperamento delle iniziative imprenditoriali - soffre, nel titanico sforzo di sorreggere un'economia ferita e dissanguata – diciamolo – da sussidi che talvolta suonano come beffe o, peggio, elemosine indebite sottratte a chi ha davvero bisogno, e che appesantiscono un debito pubblico che ormai è insostenibile.
Ma ecco che viene in soccorso del Paese un'opportunità che non deve essere sprecata. NextGenerationEU è uno strumento che potrebbe veramente rialzare e rilanciare l’Italia. A patto però che venga bene utilizzato, non sprecato.
E qui sorge il problema: il PNRR soffre di insufficiente approfondimento soprattutto nelle parti che riguardano la manifattura, e manca di un vero quadro strategico.
Non se ne vede chiaramente la missione, e questo è dovuto alla inadeguata conoscenza dei problemi sul tappeto.
Innovazione, rivoluzione digitale, green deal… chi può opporsi a queste “buone intenzioni”?
Leggiamo a pag.14 della presentazione del PNRR: ”Servono grandi investimenti per indirizzare le filiere industriali dell’energia, dei trasporti, della siderurgia, della meccanica e della manifattura in generale verso prodotti e processi produttivi efficienti riducendo gli impatti ambientali in misura importante” - giustissimo e condivisibile - ma sarà pur vero che le risorse non sono infinite, e che quindi gli interventi vanno “mirati” in modo da produrre il massimo effetto per il Paese con il minimo investimento.
Il problema è quindi declinarle in dettagliate strategie, che tengano conto delle caratteristiche del nostro Paese, delle abilità riconosciute, del sapere e poter fare.
Tuttavia, per scrivere queste strategie, occorre conoscere in profondità non solo i settori merceologici, ma anche le aziende che vi operano, le peculiari capacità, il formidabile know-how che per troppo tempo è stato sottovalutato e svenduto da chi teorizzava di poter “puntare tutto su turismo, cultura e servizi”….
Siamo circondati da Paesi che sono in vario modo ricchi di materie prime, e se continueremo – come nel recente passato – a deprimere e depauperare i nostri asset industriali, per il nostro non ci sarà futuro.
Ve lo immaginate come saremmo ridotti in questi giorni se non avessimo più neppure quel poco di industria manifatturiera che ci è rimasta?
Ecco allora che manca – leggendo il PNRR – la struttura strategica del piano industriale.
Come declinare l’innovazione? In quali settori? Che cosa manca al nostro Paese per poter essere veramente resiliente rispetto a futuri cataclismi paragonabili a quello che sta affliggendo il mondo?
È stata fatta una approfondita analisi dei rischi, evidenziando i punti deboli e disegnandone le contromisure e le successive verifiche di efficacia?
Cosa dobbiamo fare perché un Paese come il nostro, praticamente privo di materie prime e "trasformatore di vocazione", possa vedere corroborate le sue iniziative imprenditoriali manifatturiere e quindi riuscire a sopravvivere?
Ancor prima di parlare di green deal e di digitalizzazione, dovremmo avere ben definito come si possono declinare queste “pulsioni” un po’ velleitarie nei diversi settori della manifattura chimica, nelle filiere delle macchine, nell’agricoltura, nel medicale, nella sanità, nei trasporti, nei servizi…
Pianificando con accuratezza il "reshoring" di produzioni e tecnologie strategiche (non sarebbe forse meglio mettere in grado le persone di lavorare nella manifattura e in servizi collegati, piuttosto che “elemosinare” loro redditi di cittadinanza e ridicoli ristori?), finanziando i progetti che impegnano su temi strategici intere filiere di aziende sul nostro territorio, ricostruendo reti ferroviarie di trasporto pesante asservite all’Industria, per “scaricare” le arterie stradali e potere quindi gestire meglio la complessità di un territorio per sua natura fragile e…franoso.
Ma per progettare e integrare tutto ciò che ancora manca nel PNRR occorrono etica, conoscenze, esperienze e maturità.
Caratteristiche dei bravi manager …