Cosa non abbiamo capito della pandemia

La pandemia ci ha messo a nudo. Da quanti decenni ragioniamo attorno alla crescente complessità e dilagante incertezza, come parole chiave del nostro presente, senza averne davvero compreso il significato e le implicazioni? E da quanto ci interroghiamo sulla sostenibilità del sistema di sviluppo socio-economico globale e sulle drammatiche esternalità negative che ha prodotto sia in termini ambientali sia in termini umani, senza averne corretto le storture?

Maria Cristina Origlia

Presidente Forum della Meritocrazia e Giornalista Il Sole 24 Ore 
Abbiamo organizzato summit, congressi e conferenze, abbiamo prodotto documenti e normative, abbiamo pubblicato saggi e manuali, ma – di fatto – non abbiamo ancora sviluppato il mindset necessario per adottare una visione sistemica e dotarci di una governance e di strumenti per poter affrontare adeguatamente le criticità della nostra epoca.

Poi è arrivato il Covid-19 e non abbiamo saputo riconoscerne la vera natura, confondendo quella che era a tutti gli effetti una crisi sistemica tipica del XXI secolo con un evento emergenziale e affrontandola come tale. Un errore di interpretazione che ci è costato caro, innanzitutto, in termini di vite umane, poi, in termini socio-economici e istituzionali.

E' questa la tesi dell'analisi multidisciplinare realizzata attraverso la lente del crisis management da ben 35 esperti e professionisti, nel periodo tra marzo 2020 a quasi fine anno, raccolta nel libro Lo Stato in crisi. Pandemie, caos e domande per il futuro, a cura di Patrick Trancu (FrancoAngeli, 2021). 

Rileggendo a una certa distanza gli eventi, risulta evidente quanto sia fondamentale riconoscere che “le crisi non sono un’eccezione e non sono dovute al destino o alla fatalità. Esse sono ormai nell'ordine delle cose e nascono dall’interconnessione, dall’instabilità e dalla fragilità del sistema. Richiedono risposte complesse e una visione sistemica. Il pensiero complesso si basa sulla capacita? di avere una visione d’insieme dell’evento critico e implica saper anticipare, proiettare in maniera non lineare, valutare in tempo reale, correggere e modificare in corso d’opera le azioni. Questo è il cuore della gestione di crisi e pone le due dimensioni dell’anticipazione e della proiezione futura al centro del suo operato” afferma Trancu, nella conversazione che abbiamo avuto a valle della pubblicazione del libro. 

In sostanza, la gestione delle crisi va preparata in tempi di pace, in tutta la sua articolata organizzazione, nella sua catena di responsabilità e di comando, che deve essere estremamente chiara e snella, nonché in una formazione continua, che tenga allenato l'intero meccanismo. E, naturalmente, richiede una grande capacità di leadership. Esattamente, come dovrebbe avvenire nelle aziende che intendono prepararsi seriamente al crisis management.

Ma, in tempi di pace, vanno anche affinati i sensi, ovvero l'attenzione e l'ascolto attivo dei cosiddetti segnali deboli. Cosa è stata, ad esempio, la Sars – per non risalire alle epidemie dei secoli scorsi – se non una chiara avvisaglia di ciò che sarebbe potuto accadere? 

Quell'esperienza aveva fatto emergere due aspetti chiave di cui far tesoro per il futuro: l'evidente impossibilità di gestione delle implicazioni sanitarie di un'epidemia da parte di una singola nazione; l'assoluta necessità di una condivisione trasparente e tempestiva delle informazioni mediche e biologiche. 

Eppure, solo una manciata di Paesi ha saputo farne tesoro. La Corea del Sud, innanzitutto, che da allora si è attrezzata sul fronte sanitario, nella capacità di intervenire in modo tempestivo e, infine, nella preparazione dei cittadini a gestire la minaccia, senza la quale neanche il miglior utilizzo delle tecnologie digitali sarebbe stato sufficiente a contenere la pandemia. Un altro Paese virtuoso si è dimostrato Israele, perché vivendo in un perenne stato di allerta, ha messo a punto un processo decisionale estremamente efficiente e rapido per garantire la protezione della popolazione, che – a sua volta – ha sviluppato una cultura della crisi, dimostrando piena adesione alle decisioni dello Stato. 

E l'Italia avrebbe potuto fare meglio? 
Secondo gli autori l'improvvisazione del sistema di gestione della crisi pandemica ha generato conseguenze su tre principali dimensioni: organizzativa/operativa, comunicativa, normativa.

Innanzitutto, la costruzione di una catena di comando complessa e contorta costruita intorno alla protezione civile e al Comitato tecnico scientifico, al quale il governo e la Presidenza del Consiglio hanno scaricano la propria responsabilità. Si è ragionato quindi con i paraocchi affrontando la sola dimensione sanitaria della crisi anziché perseguire la logica del pensiero complesso e una gestione contemporanea o in parallelo delle diverse problematiche.

Per quanto riguarda il secondo punto, la comunicazione di crisi dovrebbe essere una comunicazione concreta di accompagnamento alle azioni intraprese, mirata a guidare i comportamenti dei cittadini e a costruire una narrazione che riduca l’incertezza e rafforzi la fiducia verso le istituzioni, tutelandone il capitale “reputazionale”. Ma, in Italia, nella fase 1 è prevalsa “una comunicazione personale, disintermediata, costante e integrata tra vecchi e nuovi media orientata ad aumentare il consenso, più che assumere un ruolo informativo e di orientamento nei confronti dei cittadini”. Inoltre, il livello di complessità della comunicazione istituzionale – attraverso decreti e Dpcm – è stata molto elevata, lasciando spazio a un contagio infodemico sui social troppo elevato.

Infine, la dimensione normativa ha esercitato un ruolo non trascurabile. “L’assenza di una normativa primaria per la gestione di crisi e la mancata collaborazione tra centro e periferia, ha dato luogo a una continua conflittualità tra Presidente del Consiglio e Presidenti di Regione ed è stata origine di una vera e propria crisi nella crisi contribuendo in maniera determinante al contesto caotico che si è venuto a creare. La frammentazione del Sistema Sanitario Nazionale e lo smantellamento dei sistemi di sorveglianza nazionali per le malattie infettive hanno fatto il resto”. Inoltre, i dubbi emersi sull’attendibilità e la comparabilità dei dati, soprattutto nella prima ondata dell’epidemia, hanno limitato le possibilità di un monitoraggio dell’efficacia delle misure adottate.

Le lezioni da trarre dal “caso Covid-19” sono diverse e tutte estremamente importanti per il nostro futuro. Secondo Trancu e i suoi colleghi, dobbiamo guardare a tutte le minacce globali, che colpiscono con crescente frequenza e intensità e scegliere la strada da prendere: “Come è sempre avvenuto, due diverse strade in genere si aprono: la “ricostruzione” dell'ordine preesistente o la ricerca di una forma diversa di progresso e di relazioni tra gli Stati. Ma non vi è mai stata dopo le catastrofi una ripresa lineare”. Quindi, è necessaria una grande consapevolezza e senso di responsabilità da parte della leadership a livello mondiale per assicurare un equilibrio geopolitico messo a dura prova dai comportamenti affatto virtuosi di Cina, in primis, e della Russia. Ma, in realtà, si tratta di un cambio di paradigma che coinvolge tutti, in cui la responsabilità diventa collettiva e la partecipazione attiva da parte dei cittadini si rivela sostanziale.  

“Le crisi – ricorda Trancu - scoprono diversi punti di ‘vulnerabilità’. Gestire una crisi significa quindi anche ragionare in termini di potenziali vulnerabilità ad essa connesse”. Questo per concludere che sarebbe un grave errore crogiolarsi nell’idea che di fronte alla pandemia da Covid-19 si è fatto “quel che si poteva”, ma ancora più? grave sarebbe non prepararsi per la prossima crisi. 

Un esempio? L'utilizzo di Internet che abbiamo sperimentato negli ultimi mesi per garantire il lavoro, la scuola, i servizi bancari, la consegna di beni di prima necessità, ecc, si è rivelato un servizio fondamentale per la sopravvivenza tanto quanto l’energia elettrica o l’acqua potabile. Parallelamente, sono aumentate in modo esponenziale le dimensioni esposte al rischio cibernetico. Il messaggio è chiaro. Sta a noi scegliere come agire. 
  
Patrick Trancu
Edizioni: FrancoAngeliCollana La societa' / Saggi e studi -  2021
Pagine 676 - Prezzo 39 € 

Lo Stato in Crisi parte da una semplice domanda: nella gestione della pandemia da Covid-19, l'Italia poteva fare meglio? 

Attraverso il contributo multidisciplinare di 35 tra esperti e accademici, il lettore acquisisce le nozioni necessarie per ripensare agli eventi da una prospettiva diversa: quella della gestione di crisi. 
  
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