Energia, una crisi annunciata

L’aumento dei prezzi energetici e delle materie prime ci ha colto impreparati, ma potrà diventare un’occasione per dimostrare ancora una volta, la capacità di resilienza del sistema industriale e produttivo italiano

Romano Ambrogi

Socio ALDAI-Federmanager
La crisi dei prezzi dell’energia sembra aver colto di sorpresa la società italiana e ha dato origine all’ennesima ondata di interventi di emergenza: qualcuno ha rievocato i tempi delle crisi petrolifere degli anni ’70 del secolo scorso. In realtà è una questione che arriva da lontano, nello spazio e nel tempo. 

Proprio nel momento in cui ci sono segnali di ripresa economica, pur nel perdurare della diffusione del contagio da Coronavirus, si è ripresentato drammaticamente il tema energetico, in qualche modo proprio perché la ripresa dei consumi industriali ha evidenziato la carenza dell’approvvigionamento della fonte gas, alla quale noi italiani siamo fortemente legati, ma che ha coinvolto tutti i Paesi. 

Costi energetici e conseguenze sul sistema industriale

Il mercato del metano, con qualche analogia a quello petrolifero, al quale è comunque sempre legato, risente in particolare dei prezzi spot, ad alta volatilità, mentre i contratti a lungo termine sono regolati da clausole assai complesse: il tutto in un quadro geopolitico da sempre conflittuale e recentemente assai “nervoso”.

Dalle tensioni sul prezzo del gas deriva anche il rialzo dei prezzi dell’energia elettrica, fissati dal mercato in relazione all’offerta di energia da parte degli impianti a ciclo combinato, determinante soprattutto quando sopperisce a fluttuazioni di produzione dalle fonti rinnovabili (sole e vento). E qui si inserisce la tematica della scelta effettuata dalla UE, e sostenuta dal nostro Paese, di operare una transizione energetica che miri alla decarbonizzazione, favorendo le fonti rinnovabili e “tassando”, con il sistema ETS, le emissioni di CO2 da fonti fossili. L’aumento del consumo di gas si accompagna quindi a maggiori costi per l’acquisto di permessi di emissione, resi sempre più cari dalla legislazione europea vigente.
Ad esempio, il massimo del Prezzo Unico Nazionale dell’Energia Elettrica (PUN) è stato registrato a oltre 400 €/MWh il 29 novembre 2021, a fronte di costi di produzione pari a circa 166 €/MWh per il metano e a circa 27€/MWh per i permessi di emissione di CO2. Pur aggiungendo i costi di ammortamento, i costi operativi e la remunerazione del capitale, il mark up è veramente rilevante. Dato che il prezzo spot è determinato dal prezzo marginale, cioè dell’offerta più costosa che è stato necessario accettare per soddisfare la domanda, la preoccupazione che gli impianti a fonti rinnovabili, che non hanno costi marginali, abbiano conseguito degli extraprofitti è risultata evidente. D’altra parte un mercato elettrico che fosse più basato sui contratti a lungo termine e sui Power Purchase Agreement (PPA, che si stipulano fra produttore da un lato e grossista dall’altro) è un obiettivo che ancora non si è realizzato. 

La nuova maxi stangata energetica comporta che dal 1° gennaio 2022 - secondo l'aggiornamento comunicato dall'Autorità di regolazione per energia, reti e ambiente (ARERA) - l'aumento della bolletta dell'elettricità per la famiglia tipo in tutela sarà del +55%, mentre per quella del gas del +41,8%. Senza gli interventi varati dal Governo gli incrementi sarebbero stati del 65% per la bolletta dell'elettricità e del 59,2% per quella del gas. 

Le conseguenze della crisi dei prezzi sull’economia  non si sono fatte attendere, nonostante manovre imponenti messe in campo dal Governo, non solo sui cittadini e sulle famiglie, ma anche sul sistema industriale. In Italia il costo degli interventi in difesa delle bollette in 12 mesi è stato di 7,9 miliardi di euro.

Alcuni operatori del settore energetico sono andati "a gambe all’aria", mentre i settori industriali energivori (come l’acciaio, il vetro, la carta e la ceramica) hanno in molti casi sospeso la produzione. Ma tutte le imprese industriali, a cascata, stanno subendo conseguenze importanti, perché gli aumenti a monte delle filiere produttive progressivamente stanno arrivando a valle, su chi realizza i prodotti finiti.

Con gli attuali prezzi abnormi dell'energia, l'erosione dei margini, la scarsità di commodity e le problematiche derivanti dalla pandemia, il rischio – secondo il Centro Studi Confindustria - è che il PIL subisca uno stop nel primo trimestre: almeno -0,8% l'impatto del caro energia sul PIL del 2022. 
Per il sistema produttivo italiano nel complesso, un aumento esponenziale degli esborsi per la fornitura di gas ed energia elettrica, passati da un valore di 8 miliardi di euro nel 2019 a una stima di 21 miliardi per le spese sostenute nel 2021 e che arriveranno a 37 miliardi nel 2022. Più dell'intera manovra economica del governo Draghi.
Al di là degli interventi finanziari disposti per assorbire a carico delle finanze pubbliche costi insostenibili, e confidando in una fase meno violenta delle fluttuazioni dei mercati globali dell’energia, occorre pensare ad una ristrutturazione importante nella gestione dell’energia in tutti i campi, civile, terziario, industriale e dei trasporti. 

Agire subito - Efficiency First

Occorre agire sia sul lato dell’offerta, semplificando le procedure per permettere il dispiegamento della potenza a fonte rinnovabile, sia della domanda. Il principio di base delle politiche energetiche europee è “Energy Efficiency First”, e per le industrie significa utilizzare tutte le tecnologie disponibili per l’uso razionale dell’energia. 
I meccanismi dei Certificati Bianchi e le politiche di Industria 4.0 (poi Impresa 4.0) sono state uno stimolo importante anche per le PMI e vanno portati avanti e attentamente monitorati per dare alle imprese strumenti utili a perseguire strategie ad alta intensità di innovazione. Questi interventi non mancheranno di dare frutti importanti di vantaggio competitivo alle nostre imprese. 
 
Il Piano Nazionale Integrato per l'Energia e il Clima (PNIEC) fissa come obiettivo una quota del 30% di energie rinnovabili sul consumo finale di energia entro il 2030 e prevede un risparmio complessivo di circa 5,5 Mtep (Milioni di tonnellate equivalenti di petrolio) per il settore industria. Questo obiettivo potrà essere oggetto di revisione alla luce dei traguardi dettati dal pacchetto Fit for 55.  

Per conseguire l'obiettivo di risparmio il settore industriale si avvarrà di:
  • Industria 4.0 (dal 2016)
  • Impresa 4.0 (dal 2017)
  • Piano transizione (2020)
  • Schema d'obbligo Certificati Bianchi
  • Politiche di Coesione
L'insieme di questi strumenti indurrà ingenti investimenti nei prossimi anni.
La transizione energetica non va avversata con battaglie di retroguardia per preservare nicchie di mercato ormai insostenibili, ma va affrontata con decisione e creatività, cercando di portare a sistema le caratteristiche migliori della nostra imprenditoria. 

È così che la crisi energetica, che pur essendo annunciata, ci ha colto impreparati, potrà diventare un’occasione per dimostrare ancora una volta, la capacità di resilienza del sistema industriale e produttivo italiano. 
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