L’importanza del ceto medio e dei pensionati per l'economia e la società

“Il valore del ceto medio per l’economia e la società” è il titolo del Rapporto Censis-CIDA presentato nell’Aula dei Gruppi parlamentari della Camera dei Deputati il 20 maggio 2024. Lo studio fa seguito alla Petizione "Salviamo il Ceto medio" promossa da CIDA nel mese di novembre scorso. Il Rapporto analizza l'identità e il profilo del ceto medio italiano, evidenziando l'importanza della classe media per il ruolo di equilibrio che svolge nella società.

Mino Schianchi

Vice Presidente ALDAI-Federmanager

Il Rapporto Censis-CIDA ha come obiettivo principale l'analisi del profilo sociodemografico, economico e culturale del ceto medio italiano, esaminandone la psicologia collettiva in un contesto di crescente incertezza globale e interna. Sottolinea l'importanza di adattare le politiche socioeconomiche alle esigenze di questa fascia sociale, fondamentale per la società italiana.

Il Rapporto non solo analizza le condizioni attuali del ceto medio, ma riflette anche sulla percezione che questa componente sociale ha di sé e sulle sue aspirazioni. Tra i temi trattati emergono l'erosione del benessere economico, la sensazione - che la classe media avverte - di declassamento sociale unitamente alle difficoltà di mobilità nella scala sociale che la comprimono.

Una parte significativa del Rapporto è dedicata alle penalizzazioni subite dai pensionati del ceto medio, evidenziando le perdite legate alla riduzione del potere d'acquisto delle pensioni e alla necessità di garantire più libertà di scelta riguardo al lavoro e al pensionamento per gli anziani.

Inoltre, il Rapporto propone un'analisi approfondita del concetto di Silver Economy, sottolineando l'importanza di valorizzare le competenze e le esperienze degli anziani e di promuovere una costante cooperazione intergenerazionale.

In sintesi, il Rapporto Censis-CIDA rappresenta un importante strumento per comprendere le sfide e le opportunità legate al ceto medio e ai pensionati in Italia, offrendo spunti preziosi per l'elaborazione di politiche pubbliche mirate a sostenere il loro benessere e contribuire al rilancio economico e sociale del Paese.

È su queste premesse che invito tutti i nostri associati a partecipare numerosi alle iniziative che saranno promosse nei prossimi mesi da Federmanager e da CIDA per la tutela dei diritti e degli interessi del ceto medio.

Il Rapporto fornisce elementi conoscitivi sulla situazione attuale del ceto medio per una partecipazione consapevole alla battaglia intrapresa dalle nostre Organizzazioni a difesa di questa fondamentale componente sociale.

Di seguito sono riportati per sintesi alcuni passaggi fondamentali del Rapporto Censis-CIDA.
Innanzitutto una sintetica rappresentazione con i numeri.
Chi si sente ceto medio 
  • 60,5% degli italiani si dichiara di appartenere al ceto medio
  • 33,8% degli italiani si dichiara di appartenere al ceto popolare
  • 5,7% degli italiani si dichiara di appartenere al ceto benestante.
Sentono di appartenere al ceto medio 
  • 11,3% delle persone con un reddito annuo al massimo di 15mila euro 
  • 46,4% delle persone con un reddito annuo tra 15 e 34mila euro 
  • 26,7% delle persone con un reddito annuo tra 35 e 50mila euro 
  • 15,6% delle persone con un reddito annuo oltre 50mila euro
  • 65,2% dei pensionati si sente di appartenere al ceto medio

L’incredibile penalizzazione dei pensionati del ceto medio

Il Rapporto evidenzia le ingiuste penalizzazioni subite dai pensionati del ceto medio in Italia, nonostante i contributi lavorativi versati durante la vita professionale. Con l'aumento della speranza di vita e una maggiore autosufficienza, la percezione sociale della vecchiaia è cambiata: l'anzianità è ora vista più in termini di autonomia che di età anagrafica.

Tuttavia, persiste una visione tradizionale che associa la pensione a una forma di assistenzialismo e marginalità sociale. Questa percezione negativa ha colpito duramente i pensionati del ceto medio, in particolare quelli con ruoli dirigenziali o intermedi. Negli ultimi decenni, politiche penalizzanti hanno eroso il potere d'acquisto delle loro pensioni, privandole del giusto adeguamento all'inflazione.

Persone che hanno conquistato pensioni pari a quattro volte la minima sono incredibilmente penalizzate, come se l’aver conquistato con il proprio lavoro e relativa contribuzione una certa tranquillità economica per la fase longeva, fosse una colpa da espiare. 
Ovviamente, questo è visto come un'ingiustizia sociale, soprattutto per chi ha guadagnato pensioni più alte grazie ai propri meriti e agli alti contributi versati.

La situazione rappresenta una regressione sociale: sono penalizzati coloro che hanno significativamente contribuito allo sviluppo del Paese. Il Rapporto sottolinea anche la necessità di garantire più libertà di scelta agli anziani riguardo alla decisione di andare in pensione. La maggioranza degli italiani sostiene la libertà di pensionamento senza penalità o incentivi forzati.

Merita tenere conto che il 61,4% delle persone che si identificano nel ceto medio ritiene che i pensionati debbano avere la libertà di lavorare se lo desiderano. Questa idea è ampiamente condivisa dalla maggioranza degli italiani, con il 59,6% a favore. Anche tra coloro che si autodefiniscono di ceto popolare, il 54,8% sostiene questa posizione, mentre il consenso è ancora più alto tra i detentori di redditi più elevati, con il 68,7% favorevole.

Il concetto di Silver Economy 

Il Rapporto evidenzia l'importanza di adattare le politiche sociali ed economiche alla crescente popolazione anziana. Con l'aumento dell'aspettativa di vita e il miglioramento delle condizioni di salute, non si dovrebbe obbligare gli anziani a prolungare la vita lavorativa, ma valorizzarne competenze ed esperienze attraverso il trasferimento di conoscenze ai giovani. Si propone, quindi, una cooperazione intergenerazionale che permetta agli anziani di contribuire attivamente alla società senza che questo ponga ostacoli alla crescita dei più giovani.

Gli anziani hanno un ruolo significativo nell'economia, grazie a redditi e patrimoni consistenti e a consumi distinti dalle generazioni precedenti. È urgente combattere il pregiudizio verso le persone anziane e permettere loro di fare scelte libere riguardo al lavoro e al pensionamento, contribuendo così alla vita familiare e collettiva secondo le proprie preferenze.

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