È il momento di investire nel Nordest italiano, economicamente e nelle persone

Il contesto è favorevole agli investimenti per puntare a una maggiore produttività

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Daniele Damele  

Presidente Federmanager Friuli Venezia Giulia
Il ruolo cruciale degli investimenti per un sistema, quello del Nordest italiano, dove la manifattura è ancora fondamentale, è l’elemento centrale che emerge da una ricerca elaborata dall’ufficio studi di Intesa Sanpaolo. Il tutto mentre cresce l’attesa per l’allentamento dei tassi d’interesse da parte della Bce che bene farebbe a procedere autonomamente e non attendere la Fed. 

Il mercato sconta, infatti, un’aspettativa di un taglio di 25 punti base a giugno e di altri 50 entro fine anno. Nel complesso, salvo terremoti, nel 2025 la Bce dovrebbe ridurre i tassi di altri 75 punti, con un punto di arrivo al 2,50%.

Gli aumenti dei tassi degli anni passati non hanno prodotto una recessione negli Stati Uniti, che hanno reagito con una politica di bilancio molto audace che ha fatto aumentare del 18% il rapporto fra debito pubblico e Pil mentre l’Europa da questo punto di vista ha potuto fare molto meno per evitare il rallentamento dell’economia. I mercati da inizio anno hanno determinato utili interessanti nel comparto tecnologico.

L’ottima ricerca di Intesa Sanpaolo mostra che tra il 2022 e il 2024 la crescita cumulata del Pil sarà in Italia del 5,7%, contro il 4,3% dell’area euro, questo grazie agli investimenti realizzati dalle aziende. La svolta inizia nel 2016, con le misure legate a Industria 4.0, che hanno permesso alle imprese di invertire la rotta negativa degli investimenti che andava avanti dal 2008. Successivamente, c’è stata un’ulteriore accelerazione, che è diventata molto evidente dopo la pandemia, quando è entrato in gioco il bonus del 110% per le ristrutturazioni edilizie.

Due voci molto diverse fra loro, anche in termini di prospettive. Industry 4.0 ha contributo per circa un terzo alla crescita degli investimenti, il settore delle costruzioni per circa due terzi. Vale però la pena osservare che il piano Industria 4.0 ha aumentato stabilmente il potenziale di crescita delle imprese, con effetti positivi non solo nell’immediato ma anche negli anni successivi. 

Nel 2022 il valore aggiunto delle aziende che li avevano realizzati ha superato i 74 mila euro per addetto, 14 mila euro in più rispetto alle aziende che, invece, non ne avevano effettuati. Nel 2019 il gap era più basso, circa 11.900 euro. Questo significa che malgrado il Covid le imprese più capaci hanno continuato ad accelerare.

Daniele Damele

Daniele Damele Presidente Federmanager FVG

Ora ci sono alcuni fattori che possono dare un contributo importante. C’è l’enorme opportunità offerta dai fondi del PNRR, con circa 60 miliardi ancora da spendere su un totale di 100 già ricevuti. Se verranno rispettati gli obiettivi, la spinta sarà significativa. 

L’altro aspetto riguarda gli incentivi del piano Transizione 5.0 per gli investimenti nel digitale e nel green. 

La riduzione dei consumi energetici, l’introduzione di tecnologie, l’acquisto di macchinari sono gli ambiti nei quali le imprese si preparano a investire maggiormente, nel Triveneto. Transizione 5.0 vale per l’Italia 20 miliardi di investimenti tra il 2024 e il 2026, ovvero lo 0,8% del Pil.

È un valore significativo, se si considera che le previsioni indicano una crescita del Pil italiano dello 0,7% quest’anno e dell’1,2% il prossimo.

È, quindi, il momento d’investire. Il Nordest italiano costituisce sempre un’area di forte dinamismo imprenditoriale e manageriale, di elevata vocazione all’export e di propulsione della crescita italiana. Siamo però in una fase di incertezza e di rischi geopolitici per cui serve investire economicamente come pure nelle persone, ossia nei lavoratori anche perché la recessione è uscita dai “radar” degli osservatori finanziari e l’inflazione è decisamente sotto controllo (salvo quella dei carrelli delle spese) per cui si può puntare a una maggiore produttività.