La scuola ha bisogno di meno polemiche e di più sicurezza

Se la scuola, come tanti ripetono ogni giorno, è veramente una priorità è necessario che ci si comporti di conseguenza e che governo, regioni, enti locali, aziende sanitarie e dei trasporti condividano concretamente la responsabilità di lavorare ad una riattivazione in presenza del servizio scolastico, suddividendo equamente le quote di flessibilità.

Massimo Spinelli

Consigliere CIDA Lombardia e Presidente Associazione ANP Presidi Lombardi
Dispiace davvero che per scoprire l’importanza e la centralità della scuola nella vita di un paese sia stato necessario attraversare la tragica esperienza di una pandemia. Ma è un dato di fatto che la scuola sia diventata, insieme naturalmente al sistema sanitario, l’epicentro del confronto politico e, da ultimo, anche di una mobilitazione sociale e studentesca che ci ha riportato ad altri momenti del secolo scorso.

Non sono mancate neanche le occasioni perché la scuola diventasse l’oggetto del contendere tra rivendicazioni regionalistiche e strategie centralistiche, spesso ai danni di un’autonomia delle istituzioni scolastiche che, affermata nel 1997 dalla legge n. 59 e nel 2001 dalla legge di riforma costituzionale n. 3, purtroppo non è mai stata presa sul serio né in ambito politico né in ambito amministrativo.

A parte questo, non va dimenticato che le scuole hanno dato un’eccellente prova della loro capacità di farsi carico di un’emergenza dalle dimensioni inimmaginabili, riuscendo a mantenere attivo un canale di comunicazione e di rapporto con gli studenti attraverso la didattica a distanza, in forme a volte improvvisate e dilettantesche ma sempre coraggiose e generose. Né va ignorato l’impegno che i dirigenti scolastici hanno profuso per l’intera estate del 2020 nella costruzione di protocolli d’istituto che potessero garantire un avvio del nuovo anno scolastico in condizioni di sicurezza, in termini di distanziamento, di disponibilità di DPI, di allestimento di percorsi obbligati, di igienizzazione degli ambienti, di ampliamento, ove possibile, della capienza degli spazi. Un lavoro enorme, che purtroppo è risultato utile per gli istituti del primo ciclo d’istruzione che hanno potuto riaprire i battenti fino alla prima classe della scuola secondaria di primo grado, ma che si è rivelato in gran parte inutile per le scuole secondarie superiori, riaperte per pochi giorni e subito richiuse per la mancanza di intervento dei decisori politici e delle amministrazioni locali sulla situazione logistica della mobilità. 

Le ricorrenti immagini televisive su aule dotate di banchi di ultima generazione ma vuote sono la più emblematica rappresentazione dell’incapacità, o quanto meno della difficoltà, di adottare una strategia d’intervento complessiva che tenesse conto delle diverse componenti incidenti sul processo e che fosse capace di raccordarle ed integrarle secondo una logica generale.

Per molti aspetti siamo ancora a questo punto. Nel frattempo si sta intensificando la pressione sociale e politica per una riapertura immediata delle scuole, senza se e senza ma, e per un ritorno generalizzato delle attività didattiche in presenza. Ma occorre distinguere. Le iniziative studentesche, almeno quelle più spontanee e meno teleguidate, ci sembrano particolarmente apprezzabili. 

I ragazzi che si siedono a studiare sul marciapiedi davanti al loro istituto, o nel cortile della scuola recuperando qualche banco dismesso, meritano tutta la nostra comprensione. Ci stanno dicendo che la scuola è importante e centrale nella loro vita, che l’entrare quotidianamente in un’aula scolastica per loro non è un sacrificio ma un’opportunità di cui sono consapevoli. Ci dicono che i rapporti che si costruiscono all’interno di un’esperienza scolastica , sia con gli adulti che con i pari, sono indispensabili per crescere, per costruire la propria identità e, per quanto possibile, il proprio futuro. I riti un po’ frusti delle occupazioni non riescono ad oscurare o ad inquinare tutto questo, al massimo hanno la funzione della sabbia che vuole nascondere le pepite d’oro. La scoperta dell’attaccamento affettivo dei ragazzi al loro istituto resterà nella nostra memoria anche quando saremo riusciti a metterci finalmente la pandemia alle spalle come uno dei ricordi più emozionanti.

Altrettanto possiamo dire dei tantissimi esempi di coraggio e di iniziativa che hanno avuto come protagonisti dirigenti scolastici, docenti, personale amministrativo ed ausiliario che nel giro di pochi giorni hanno visto rivoluzionate le loro consuetudini di lavoro e che si sono trovati a reinventarsi da un momento all’altro la scuola in modalità da remoto. Si tratta di storie che in genere non sono assurte agli onori della cronaca, sulle quali non si sono accese, se non in rari casi, le luci delle telecamere, ma che hanno permesso di tenere accesa la fiammella dell’attività formativa, anche se ridotta ad un rapporto telematico a distanza.

Su tutto questo ha gravato non poco il susseguirsi di decisioni non sempre congruenti, spesso improvvisate in relazione a pareri, previsioni, monitoraggi altalenanti, a pronunce del CTS, a delibere regionali spesso contrastanti con l’orientamento del governo centrale. Si è vissuto, e purtroppo si continua a vivere, nell’attesa dell’ultimo DPCM, spesso pubblicato di sabato o anche di domenica e da attuare a cominciare dal lunedì, ignorando quanto sia difficile informare nel giro di poche ore studenti, famiglie, personale, enti locali, trasporti, mense, ecc.

Su questo stato di sospensione e di perenne incertezza ha inoltre gravato il conflitto politico, le posizioni ultimative sulla scuola, le polemiche attivate al solo scopo di difendere o di attaccare l’ultima dichiarazione dell’avversario politico e la constatazione che tutto ciò passava sulle teste di chi la scuola la fa e la vive. Troppo spesso ci si è accorti con amarezza che la scuola era usata per difendere gli interessi di parte e non per trovare o per creare le condizioni più idonee a risolvere i suoi problemi.
La scuola è come un oggetto di valore che deve essere maneggiato con cura. La scuola è al servizio di tutti, è il luogo che offre a tutti quelle opportunità di cui parla la nostra Costituzione, non deve essere trascinata nell’agone politico e deve restare al di sopra delle parti. La stessa attesa per la sua riapertura, che speriamo prossima, non deve essere ideologizzata e trasformata in parole d’ordine. Siamo i primi a ritenere che la riapertura delle scuole costituisca un vantaggio per tutti e che l’insegnamento in presenza, svolto in un contesto di stimolazioni e di relazioni interpersonali, abbia un valore aggiunto sensibilmente superiore a quello realizzato attraverso l’intermediazione tecnologica. Ma queste convinzioni devono fare anche i conti con il dovere sociale di garantire ad alunni e studenti, e a chi nella scuola lavora, condizioni di massima sicurezza. Questo significa che all’atto della riapertura delle scuole dobbiamo avere la certezza che il sistema dei trasporti pubblici e della mobilità in generale sia stato regolato in modo tale da evitare ogni rischio di assembramento. Questo significa anche che da parte dei servizi sanitari sia stato predisposto un efficiente sistema di monitoraggio e di pronto intervento, tale da garantire decisioni tempestive circa ipotesi di isolamento, quarantena, tamponi e sanificazioni.

Perché tutto questo si verifichi occorre, come si è detto da più parti, essere particolarmente “flessibili”. Sta bene, possiamo essere d’accordo, alla condizione che la flessibilità non si scarichi tutta sulla scuola, imponendole scaglionamenti in entrata e in uscita, riduzioni al 50% e rotazione dei turni di frequenza, prolungamenti pomeridiani senza la possibilità di disporre di una mensa, che avrebbero come risultato una complicatissima gestione dell’organizzazione scolastica, mentre al di fuori della scuola tutto rimane come prima.

Se la scuola, come tanti ripetono ogni giorno, è veramente una priorità è necessario che ci si comporti di conseguenza e che governo, regioni, enti locali, aziende sanitarie e dei trasporti condividano concretamente la responsabilità di lavorare ad una riattivazione in presenza del servizio scolastico, suddividendo equamente le quote di flessibilità. I dirigenti scolastici sono pronti a fare la loro parte, come sempre, purché dispongano di una rete di prevenzione e di protezione efficace che altri soggetti istituzionali hanno il compito di approntare.
 
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