Il vulnus della monocoltura, l’importanza della visione

Sistema elettrico

I nostri colleghi ingegneri Morello e Zaffiro, dirigenti Enel in pensione, che già in passato hanno collaborato con la nostra Rivista, ci inviano questo articolo di attualità in tema di energia. Siamo lieti di riportare il testo, riadattato dalla Redazione Dirigenti Industria, che riprende quanto da loro pubblicato sulla Staffetta Petrolifera.

Vincenzo Morelli

Già Direttore DCO Enel 

Baldassarre Zaffiro

Già Project Manager DCO Enel

Abbiamo più volte sostenuto in precedenti articoli che, data la rilevanza strategica per lo sviluppo economico di un Paese, un sistema elettrico non può e non deve in nessun caso dipendere esclusivamente da un’unica fonte di energia primaria. 
Premesso che – è bene ricordare – l’elettricità è un “vettore“ ottenuto dalla trasformazione di una fonte primaria e che, date le sue caratteristiche, può essere trasmessa e distribuita nel più esteso ambito territoriale ed utilizzata nella più ampia varietà di impieghi (industria, trasporti, residenziale, terziario, agricoltura ecc.), è altresì utile ricordare che a tutt’oggi, nel mondo, appena il 30% dell’energia prodotta è consumata sotto forma di elettricità; inoltre, nonostante gli sforzi per diffondere il servizio elettrico, ancora oggi oltre un miliardo di persone non vi ha, di fatto, accesso. 
Nel nostro Paese, la decisione di liberalizzare il mercato dell’elettricità ha comportato diverse conseguenze. La più vistosa è stata che i vari operatori, al verificarsi di una congiuntura in cui il metano aveva raggiunto una larga disponibilità a basso prezzo, hanno realizzato un elevato numero di impianti a ciclo combinato a gas (CCG); impianti che presentano una migliore accettabilità socio/ambientale (per il minor inquinamento rispetto alle centrali termoelettriche convenzionali) e – almeno in termini progettuali – un più alto rendimento. Perché il vantaggio in termini produttivi si traduca in atto però, è necessario che i CCG possano funzionare in un anno per almeno 6.500 ore equivalenti alla piena potenza. Nel 2015 la potenza ottenuta da questi impianti ha raggiunto circa 32.000 MW a fronte di una potenza termoelettrica disponibile di 75.800 MW. 
Nel contempo però, il Governo (anche in ottemperanza degli obblighi assunti con il “Pacchetto clima/energia 2020“ - Direttiva 2009/28/Ce) ha spinto sulla produzione elettrica da fonti rinnovabili ricorrendo ad incentivi molto “appetitosi”; il risultato è stato una rapida impennata nella diffusione degli impianti FER (Fonti Energetiche Rinnovabili) e, in particolare, del numero di quelli fotovoltaici. Una “svolta” non priva di conseguenze sul nostro sistema elettrico. Nonostante le recenti indicazioni della Commissione UE circa l’abolizione della “priorità di dispacciamento” l’elettricità prodotta da fonti rinnovabili – ricordiamo – gode tutt’ora ex lege del diritto di precedenza nell’immissione in rete; un diritto che – di rovescio – ha di fatto penalizzato gli impianti CCG i quali, in condizioni di eccesso d’offerta, avrebbero dovuto funzionare a capacità ridotta, quindi in condizioni antieconomiche. Di conseguenza, almeno in parte, sono stati mantenuti spenti o addirittura dismessi.
Una situazione parzialmente assimilabile si sta verificando in Francia, dove il 75% dell’energia elettrica consumata proviene da fonte nucleare e dove EdF (Electricité de France) ha spinto molto a fondo l’impiego di elettricità in tutti i campi. Similmente a quanto avvenuto in Italia con l’ “euforia del gas”, EdF si trova ora in una situazione estremamente delicata. Situazione, peraltro, che esonda dai confini transalpini, poiché la Francia, per quanto concerne la trasmissione di elettricità, si trova in una posizione baricentrica estremamente importante per l’intero sistema elettrico europeo: un qualsiasi disservizio nell’Esagono si ripercuote quindi sulle reti dei Paesi confinanti (Spagna, Germania, Olanda, Italia etc.).
Le due situazioni descritte ci fanno tornare a riflettere su un argomento essenziale: il Piano Energetico Nazionale. Tale Piano (o “Strategia“, come ribattezzato con termine più “trendy”) dovrà esplicitare in maniera chiara gli obiettivi principali da perseguire, tracciare le scelte di fondo e definire le priorità d’azione; il tutto nella consapevolezza di dover agire in un contesto di libero mercato le cui dinamiche non sono sempre facilmente controllabili. Più in generale, si sottolinea qui la necessità di affrontare in maniera corretta un PEN (o una SEN) che venga a costituire un punto di riferimento valido per tutti. Ma perché raggiunga questo status di “bussola” indicante la direzione di sviluppo da intraprendere, dovrebbe contenere un’analisi previsionale non più basata su serie storiche di dati, in una visione statica del presente, bensì sviluppata con criteri coerenti con le dinamiche evolutive delle sue numerose componenti tra loro interdipendenti. 
Senza sottovalutare la difficoltà dell’adottare scelte strategiche in un contesto di rapidissima evoluzione dell’attività produttiva (e profondissima trasformazione sociale) – vieppiù quando si tratti della realizzazione di impianti di produzione, trasporto e distribuzione di elettricità, per i quali è necessario sostenere costi elevati e lunghi tempi tecnici di realizzazione – è precisamente questo il compito (e il dovere) della politica. Politica la cui funzione è quella di realizzare gli strumenti necessari a migliorare il modo di vivere della collettività.

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