Meritocrazia in Italia: una strada in salita
La classe dirigente e l’opinione pubblica italiana hanno minore considerazione dell’importanza della meritocrazia rispetto ad altri Paesi e il Meritometro ne ha misurato oggettivamente le differenze.
Prefazione del Presidente "Forum della Meritocrazia"
Spero che molti leggano l'articolo di Giorgio Neglia perché è un perfetto spaccato di come le cose vanno (male) nel nostro Paese. Ma quale è la causa fondamentale di questa situazione che ci vede stabilmente ultimi in Europa? Secondo me è la pochezza e la mancanza di coraggio della nostra classe dirigente: politica, burocratico-sindacale ed imprenditoriale.
- Sulla politica si è già detto e visto tutto; mi preme solo ricordare che questi signori, lautamente pagati, da tre anni non riescono a mettersi d'accordo su una decente legge elettorale.
- Chiunque abbia la sventura di interagire con la nostra burocrazia, sa che possiamo solo metterci le mani nei capelli per le lentezze, il pressapochismo e spesso l'arroganza feudale di questi signori.
- E la classe imprenditoriale? Quante belle aziende, anche medio-grandi, sono state vendute a investitori stranieri negli ultimi anni? E quante aziende hanno letteralmente massacrato i loro dirigenti (questa sì è stata macelleria sociale) per sostituirli, se e quando, con quadri, spesso ottimi tecnici, ma certo non manager? Risultato: più del 50% delle aziende imprenditoriali non arriva alla seconda generazione.
Tutto perduto quindi? Nessuna speranza di recupero?
Se il Forum della Meritocrazia esiste e 15 consiglieri con qualche centinaio di soci e qualche decina di aziende sponsor, si impegnano gratuitamente e con entusiasmo, vuol dire che ci crediamo davvero.
La nostra grande speranza è che quando ritorneranno in Italia quelle decine di migliaia di giovani laureati che sono emigrati per trovare lavoro e paghe decenti, saranno proprio loro i trasformatori della nostra cultura cialtrona in un Paese più moderno, onesto, efficiente, dove ciascuno riprende il gusto di fare bene il proprio lavoro e il proprio dovere di cittadini europei.
La legge esiste dal 2010 e bene o male funziona, con qualche periodico rimaneggiamento, e l'anno scorso il Forum della Meritocrazia ha organizzato un interessante convegno, che verrà ripetuto in futuro perché siamo convinti che la meritocrazia alla fine prevarrà ed è bene accelerarne i tempi per il bene di tutti.
Claudio Ceper
Presidente Forum della Meritocrazia
Giorgio Neglia
Consigliere Forum della Meritocrazia e Responsabile Meritometro
L'Italia, si sa, non è un Paese meritocratico. Questo è, purtroppo, il comune sentire. Ma quali sono i reali contorni del fenomeno e soprattutto quali le responsabilità e il ruolo della classe dirigente? Il concetto di “meritocrazia”, a volte abusato nel dibattito pubblico, si presta a strumentalizzazioni in buona parte derivanti dalla complessità nella definizione e nella misurazione del merito. Mentre per molti indicatori di performance, come il Pil, sono disponibili misure oggettive che rendono possibili comparazioni, analisi e indicazioni per azioni correttive, sul merito, fino ad oggi, si è ricorsi a indagini qualitative sulle “percezioni” della popolazione. Da qui l’idea del Forum della Meritocrazia di mettere a punto, con il qualificato supporto di una équipe di ricercatori dell'Università Cattolica, il Meritometro, primo indicatore quantitativo di sintesi e misurazione dello “stato del merito” di un Paese con raffronto a livello europeo. Lo strumento si basa su sette pilastri – libertà, pari opportunità, qualità del sistema educativo, attrattività per i talenti, regole, trasparenza, mobilità sociale – misurati attraverso dati provenienti da fonti ufficiali.
Il report completo sul Meritometro 2017, con il dettaglio dei risultati, delle metodologie e delle fonti utilizzate, è disponibile sul sito www.forumdellameritocrazia.it e di seguito sono indicate le principali risultanze.
L’Europa e il “debito meritocratico” dell’Italia
I risultati del ranking 2017 confermano la supremazia dei Paesi scandinavi e del nord Europa sui Paesi mediterranei. La Finlandia resta il Paese più meritocratico del Vecchio Vontinente, mentre guadagnano posizioni Paesi – come Svezia, Norvegia, Paesi Bassi e Germania – che puntano sulla qualità dei propri sistemi educativi, garantiscono maggiori opportunità di lavoro e carriera a giovani e donne, sono caratterizzati da sistemi di regole semplici e da elevati livelli di trasparenza. In questo quadro, il nostro Paese – per il terzo anno consecutivo – si conferma in un’ultima posizione, con dieci punti di distacco dalla Spagna, penultima in classifica. Confermato anche l’altro triste primato che ci vede fanalino di coda su tutti i pilastri, con maggiori gap rispetto ai valori medi europei sulla trasparenza, le regole e le pari opportunità.
I dati presentano una situazione di sostanziale stallo, fatta eccezione per alcuni miglioramenti su libertà e trasparenza, dove le riforme sul mercato del lavoro e l’azione di contrasto alla corruzione pare stiano portando i primi positivi risultati. Colpisce l’ulteriore arretramento della qualità dell’education con risultati sui livelli di educazione terziaria e abbandoni tra i peggiori in Europa. La scarsa capacità di attrarre (e ritenere) i talenti e il peggioramento sul fronte pari opportunità rendono l’Italia un Paese sempre meno “per giovani (e donne)”, come ci ricordano le statistiche sui NEET, i tassi di disoccupazione/occupazione giovanile, i “gender pay gap” e il fiume carsico della “fuga dei cervelli” in preoccupante crescita. Nel complesso, quindi, un Paese sostanzialmente “opaco” e non inclusivo nei meccanismi di selezione e carriera, con una bassa mobilità sociale, un sistema educativo al di sotto degli standard internazionali, un insieme di regole ancora poco chiaro e poca trasparenza nelle relazioni tra business community e PA.
Il tempo passa e i gap aumentano, più o meno come il nostro debito pubblico, “zavorrando” le nostre capacità di competere. È quindi necessario che la classe dirigente agisca in fretta - con misure straordinarie - altrimenti lo stock di “debito meritocratico” dell’Italia finirà per precludere ad intere generazioni un futuro, relegando l’intero paese ai margini di una competizione internazionale sempre più basata sull’innovazione e la generazione di idee.
L’impegno della classe dirigente per colmare i gap
Le ricette per ridurre lo “spread meritocratico” dell’Italia rispetto ai Paesi più virtuosi sono note e, già da qualche anno, come Forum della Meritocrazia ci sforziamo di portarle al centro dell’agenda politica, sociale ed economica. Servono però più fatti e meno parole. Per questo, in occasione della presentazione del Meritometro al Senato della Repubblica, il Forum ha proposto agli interlocutori istituzionali un’agenda del merito articolata su cinque punti: avvio di un programma di educazione civica al merito, “presidio stabile” per misurare l’impatto meritocratico delle leggi, potenziamento della legge sul controesodo dei talenti, introduzione di un premio alle aziende più meritocratiche nella valorizzazione del capitale umano, istituzione di un percorso di mentoring universitario strutturato.
L’impegno diretto del Forum si focalizza sulla promozione di occasioni di dibattito e confronto oltre che su iniziative concrete per diffondere il merito nel Paese, come il progetto “Meritocrazia e leadership”, per analizzare la cultura delle leadership nella diffusione del merito in azienda, “l’Incubatore di talenti”, per favorire la transizione al lavoro dei giovani, il progetto “Meritocrazia nei CdA”, per la diffusione della meritocrazia nei board, il “Premio Valeria Solesin” per valorizzare la ricerca accademica sul talento femminile.
Da ultimo, il Meritorg, uno strumento di misurazione del merito nelle organizzazioni che metteremo presto a disposizione delle imprese e delle pubbliche amministrazioni interessate.
La sfida della meritocrazia si vince facendo sistema, partendo dai territori, dalle organizzazioni, dai giovani, dai manager e dagli imprenditori. Per questo è necessario mettere a fattor comune gli sforzi di tutti in una rinnovata azione propositiva che ci auguriamo che la classe dirigente voglia intraprendere, con serietà, da subito.
01 novembre 2017