Una PA al servizio dei cittadini e delle imprese

Sintesi delle proposte del Gruppo di Lavoro CIDA “Digitalizzazione e riforma della Pubblica Amministrazione”

Giuseppe Beato - Vice-presidente della federazione CIDA Funzione Pubblica

con il gruppo di lavoro digitalizzazione e riforma PA

Le riforme della Pubblica Amministrazione (PA) previste nel PNRR come leva principale della ripresa economica del Paese dovrebbero ispirarsi a tre pilastri: visione del Paese che vorremmo, sistema di infrastrutture per realizzarlo e capitale umano per renderlo eccellente.

La visione del Paese e il ruolo della Pubblica Amministrazione sono rimessi ai vertici politici della Repubblica, affinché delineino con chiarezza gli obiettivi e le modalità attraverso cui definire democraticamente il piano di sviluppo a favore della collettività e delle imprese, migliorando il contesto per l’occupazione e riducendo l’indice di povertà. In tale piano alla PA spetta l’efficacia dei servizi, non gestibili dai privati, per favorire l’imprenditoria e il libero mercato.

Il sistema di infrastrutture dei trasporti, degli edifici pubblici (ad esempio per le scuole e la sanità), delle autostrade digitali (per le quali è necessaria una completa torsione culturale e materiale) costituisce le basi per fornire servizi al passo con i tempi: istruzione, salute, sicurezza, energia, acqua, fonti energetiche, tutela ecologica del territorio, e tutela del patrimonio artistico e culturale.

Anche il capitale umano della PA – dirigenza e lavoratori – deve possedere competenze continuamente aggiornate, verificate e valorizzate secondo i meriti individuali e collettivi. La risorsa umana deve essere orientata al servizio della collettività, come principio qualificante della sua gestione.

Facendo riferimento ai tre principi ispiratori sono stati individuati quattro specifici ambiti di azione: la qualità dei servizi pubblici; la digitalizzazione dei servizi; la gestione delle persone (capitale umano); e le considerazioni sulla dirigenza.

La qualità dei servizi pubblici

I servizi realizzano il ritorno finale delle risorse dei contribuenti, la congruità e la qualità di questi costituiscono il cruscotto per valutare i risultati finali e se rendano concorrenziale il nostro sistema socio-economico rispetto alle altre economie avanzate. 
È pressoché unanime un giudizio di insoddisfazione nei confronti della qualità dei servizi che le PA erogano nel loro complesso. The European House of Ambrosetti - nel report di Cernobbio del 2019 -  evidenzia che il 65% dei cittadini italiani e l’80% delle imprese valutano negativamente l’operato della PA. 

Il cambio di passo deve essere incentrato sul concetto di merito e meritocrazia, in riferimento sia alle diverse strutture nei loro risultati complessivi che alle persone che ci lavorano. 

Un’indagine sulla meritocrazia condotta nel 2020 da CIDA, in collaborazione con il Forum della Meritocrazia su 1.600 dirigenti dei quali 300 della PA, ha evidenziato che il 94% della dirigenza pubblica ritiene che si parli troppo poco di merito e meritocrazia; l’84% degli intervistati ritiene che il merito in Italia sia del tutto non applicato nella PA; per l’89.5% il concetto di MBO (Management By Objective – Gestione per obiettivi) andrebbe esteso nelle aziende e nelle organizzazioni pubbliche il più possibile, e che non prevederlo è una grave mancanza anche perché aiuta a migliorare la partecipazione, i risultati individuali e dell’intera organizzazione.

La valutazione dei risultati – sia delle amministrazioni come un tutt’uno, che dei singoli dirigenti e dipendenti – rappresenta il compito prioritario di tutto l’impianto riformatore. È necessario valorizzare il patrimonio delle competenze della PA sviluppando programmi di gestione delle organizzazioni e delle risorse umane secondo modelli meritocratici e criteri non influenzabili dalla politica. Quest’obiettivo passa anche attraverso la creazione di cultura manageriale in grado di trarre beneficio dalle tecnologie abilitanti. Nessun passo in avanti potrà essere compiuto senza interventi sostanziali sulle infrastrutture richiamate nelle premesse. Queste ultime abilitano nuovi modelli di business per le imprese e nuovi processi organizzativi per la PA, riducendo i costi e offrendo migliori servizi. 

La digitalizzazione dei servizi

Il PNRR contiene un programma completo e dettagliato di una serie di iniziative programmatiche che il Paese avrebbe già dovuto realizzare da tempo e la cui implementazione richiede particolare attenzione alle “persone” e alle “regole”, che rischiano di pregiudicare e condizionare irreparabilmente il successo del Piano. 

Le persone

L’intera macchina pubblica di oggi è una realtà stremata dalla sinecura, dall’essere relegata a mero apparato, demoralizzata per essere considerata solo un peso e non la colonna portante di un sistema sociale. L’esaurimento pressoché completo di risorse informatiche interne e l’inaccettabile tasso d’invecchiamento della popolazione lavorativa pubblica impongono oggi una completa inversione di strategia.
È necessario il ringiovanimento del capitale umano, il focus sulle competenze, la motivazione, la chiarezza dei ruoli e degli obiettivi. Il PNRR prevede una selezione di personale per la PA che rappresenta l’occasione per puntare all’eccellenza delle competenze con un nuovo sistema per le assunzioni, un modello aggiornato per il trattamento retributivo e per le carriere, e un effettivo piano di change management.

Le regole

La proliferazione di regole, nel tentativo apertamente dichiarato di scoraggiare il malaffare, nasce da preconcetti di fondo sulla figura del pubblico dipendente. Questa moltiplicazione di micro-vincoli ha dato vita all’attuale quadro normativo che costituisce un vero ginepraio. Da qui la crescita esponenziale del fenomeno della cosiddetta burocrazia difensiva, che è la reazione, altrettanto nefasta, a una legiferazione vissuta come ostile e penalizzante e non come supporto e logico strumento regolatorio del sistema.

È inutile pensare a operazioni complicate di disboscamento peraltro già fallite in passato; la riscrittura dei codici si presenta complicata e non compatibile con i tempi del piano. Meglio un periodo sperimentale, come peraltro sta già facendo il Governo, stabilendo che - ad esempio - la responsabilità per danno erariale si ha solo in caso di dolo, provando a ribaltare così alcuni principi e privilegiando il raggiungimento dei risultati.

Senza la giusta cura su questi due condizionamenti letali è dubbio il successo di quanto previsto nel Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza: se non adeguatamente affrontati i problemi sulle persone e sulle regole si infrangerà, come negli ultimi 10 anni, ogni tentativo di seria riforma del sistema.

La gestione delle persone (capitale umano)

La PA deve tornare a essere attrattiva per i migliori giovani talenti e in grado di offrire la possibilità concreta di far parte di un progetto ambizioso di cambiamento del Paese. 
È necessario favorire l’osmosi della cultura manageriale pubblico-privato per generare un salto culturale nella gestione del personale, aggiornando e consolidando buone pratiche e metodologie di gestione organizzativa d’avanguardia al fine di migliorare il risultato in termini di servizi e di soddisfazione del personale: migliore qualità complessiva, maggiore riconoscimento economico e di carriera per i meritevoli.
È necessario altresì porre in campo (legislativo) tutte le misure idonee per trasferire nel pubblico la prassi costante della valorizzazione del merito e della connessa valutazione dei singoli. Non è tempo di tagli agli organici, ma piuttosto di intervento sulla qualità dei servizi resi dai dipendenti pubblici, in relazione alle risorse finanziarie impegnate
È necessario e vitale rivalutare una fascia di personale che, come in qualunque azienda, opera in posizione apicale, o comunque di alta professionalità specifica, con idonei interventi sul loro inquadramento e su riconoscimenti retributivi adeguati. In qualunque amministrazione esistono compiti di particolare natura tecnica e responsabilità (si pensi fra i tanti all’informatica) che necessitano di personale estremamente professionalizzato, al quale vanno lasciati ampi spazi di operatività e remunerazione economica adeguata. Per chi non vuole, o non riesce, a fare il salto da professional a manager, deve comunque esserci un adeguato trattamento retributivo. Un sistema più meritocratico – non “appiattito” come quello attuale – va in ogni modo implementato, anche al di fuori del ristretto ambito della dirigenza.

La dirigenza pubblica

Affinché le funzioni manageriali siano svolte in autonomia e nel rispetto del principio costituzionale dell’imparzialità sarebbe necessaria nel mondo pubblico - diversamente dal privato dove è il mercato a imporre le regole - una buona e adeguata legislazione sull’esercizio degli incarichi e sul modo in cui essi vanno assegnati. 
L’attuale legislazione è basata sulla regola della temporaneità degli incarichi di servizio, che vanifica il principio - pure dichiarato per legge - di separazione fra funzioni di indirizzo politico-amministrativo e funzioni di gestione
Nei fatti, si è realizzata negli anni una subordinazione pressoché totale ai voleri dei vertici politici anche negli atti di gestione: ne è derivata una precarizzazione generale del ruolo dirigenziale e una deresponsabilizzazione diffusa in tutte le amministrazioni pubbliche.

In qualunque azienda, il sistema di management è uno dei gangli fondamentali dell’efficienza e della qualità dei servizi. Il requisito basilare di un buon esercizio del ruolo risiede, nel mondo pubblico come in quello privato, in una dimensione di stabilità in cui deve operare il dirigente, salve naturalmente le scelte di vertice a livello organizzativo e salva, soprattutto, la rimovibilità del dirigente che non offra performance all’altezza dei compiti e degli obiettivi aziendali a lui assegnati. Questa dimensione lavorativa e di status non esiste negli uffici pubblici italiani, dove si applica un regime generalizzato di “spoils system”, dismesso da 138 anni negli Stati Uniti.

Vanno introdotti nella legislazione sulla dirigenza pubblica principi totalmente nuovi che ne elevino responsabilità, autonomia e contaminazione con il mondo delle imprese private, quest’ultima da ottenere mediante idonei strumenti di reclutamento. La migliore dottrina amministrativa (cfr. fra gli altri Cassese, B.G. Mattarella, Rusciano e M.S. Giannini) si pronuncia da sempre contro la temporaneità degli incarichi dirigenziali, a favore di un regime che recuperi senso e dignità alle funzioni svolte dai dirigenti pubblici.

Giuseppe Beato Vice-Presidente FP CIDA

Giuseppe Beato Vice-Presidente FP CIDA


Obiettivi specifici della riforma della Pubblica Amministrazione:
 migliorare le procedure di erogazione dei servizi che manifestino limiti e difficoltà di funzionamento, mettendo al centro il cittadino e i suoi fabbisogni nell’ottica della conformazione alle migliori pratiche esistenti a livello nazionale e internazionale;
introduzione del lavoro agile nelle PP.AA., tenendo presenti le posizioni espresse da CIDA nel documento per la Commissione Lavoro della Camera il 22 settembre 2021;
operare per progetti, rendendo disponibile un piano dettagliato comprendente: gli obiettivi da conseguire, i risultati progressivi nel tempo, i sistemi di misurazione dei risultati, le risorse finanziare e il capitale umano necessario; 
definire obiettivi di breve e medio termine fornendo in modo trasparente, prima dell’inizio del periodo di valutazione i “target”, cioè i risultati oggettivi (indici e numeri) da raggiungere;
riconoscere alle organizzazioni e alle persone il merito dei risultati conseguiti per innescare il processo virtuoso dell’eccellenza organizzativa;
far emergere i risultati dei diversi territori del Paese, onde stimolare una sana competitività mirata al continuo miglioramento.
elaborare un  piano di assunzione di risorse informatiche professionalizzate nelle pubbliche amministrazioni italiane; 
delineare la mappa delle competenze necessarie alle pubbliche amministrazioni, in relazione ai piani, agli obiettivi e alle risorse finanziarie a disposizione; 
migliorare  i percorsi di selezione e di reclutamento;
rivedere i percorsi di carriera della PA, sia in senso “orizzontale”  sia “verticale” con avanzamento di carriera per i più meritevoli;
abolire il principio della temporaneità degli incarichi di servizio ai dirigenti di carriera  e individuare entro contorni precisi e trasparenti i requisiti richiesti per la scelta, tramite concorsi e selezioni, dei dirigenti pubblici di carriera e provenienti dal settore privato;
introdurre sistemi di valutazione da parte dell’utenza (cittadini e imprese). Definire gli indicatori di qualità dei servizi e misurare con continuità i risultati di soddisfazione oggettiva dei cittadini, con le consuete indagini post-servizio.

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