Elogio del buon senso

Mettere un po’ di testa nell’adozione di norme e prescrizioni costituisce un criterio ormai sconosciuto a molte amministrazioni burocratiche. Nella vita quotidiana se ne vedono i risultati …

Giuseppe Colombi

Consigliere ALDAI-Federmanager e componente del Comitato di redazione Dirigenti Industria
Gli archeologi del futuro prossimo venturo
Quando gli archeologi del futuro frugheranno gli archivi visivi, alla ricerca di testimonianze del primo ventennio del XXI secolo, scopriranno che, dei nostri anni, non esistono immagini dei bambini, dei ragazzi e dei giovani in età scolare. Ci siamo abituati a servizi televisivi sulla scuola in cui si riprendono cartelle, figure tagliate, al massimo ragazzi di spalle: riprendere il volto di un minorenne sembra costituire un oltraggio che non ci si può permettere, come se quel volto fosse diventato una nudità considerata “oscena”. Sulla stampa nelle foto di famiglia dei vari reali, si pensi in particolare ai Windsor, i volti dei minorenni sono pudicamente quadrettati. E così non ci sarà più, per le ultime generazioni, quel nostro ricordo carissimo costituito dalle foto delle classi elementari e medie. 

È ormai una cosa vietata, vietatissima, in nome della “privacy”. 

Chi scrive queste righe pensa che si tratti di un’intollerabile idiozia, ma anche che siamo di fronte a un paradigma di nuovi tempi, in cui lo spazio per i comportamenti improntati al “buon senso” sembra essersi ridotto a zero, seguendo le mode del momento che, spesso provenienti dal mondo anglosassone ma non solo, impongono canoni di “politicamente corretto”.
Così, per stare dalle nostre parti, vediamo in rapida carrellata una lista di fatti inquietanti, che ci dovrebbero far pensare.

Il buon senso nelle ZTL delle città metropolitane  
Si direbbe che le limitazioni al traffico veicolare nelle grandi città stiano raggiungendo vette parossistiche.
Ma in particolare appare più che discutibile che amministrazioni che si vorrebbero “progressiste” si accaniscano sul parco veicolare più datato. Per fare un esempio, la differenza tra gli standard di emissione di veicoli Euro 5 ed Euro 6 appare davvero irrisoria, per cui impedire la circolazione agli uni e non agli altri, ha poco senso. Per di più limitare la circolazione ai veicoli più anziani indipendentemente dalla situazione meteo appare ingiustificabile anche da un punto di vista “sociale”.

A Milano le più recenti prescrizioni relative alla “zona B” costituiscono un esempio fulgido di un sistema complicato, macchinoso, ingiusto, da rigettare in toto. Anche in ALDAI, in un recente evento di confronto con l’amministrazione, si è preferito discutere della cosa in toni evanescenti e a parere di chi scrive troppo ossequiosi, trascurando il fatto che si è messo in piedi un sistema (basato sul Move-in, un discutibilissimo quanto complicato sistema regionale GPS di monitoraggio) che di fatto non funziona, e che sta scatenando un mare di proteste più che giustificate.

A Roma, in un gemellaggio assai poco virtuoso, siamo a livelli comparabili, con la recente adozione di una zona verde più o meno coincidente con il raccordo anulare, nell’ambito della quale persino la sosta, si badi bene la sosta, non la circolazione, di auto Euro 2 può essere sanzionata con zuccherini a partire da 168 euro. Ma questi sindaci si rendono conto di quello che stanno facendo?
Definire queste misure “antipopolari” è riduttivo: occorrerebbe l’utilizzo di termini diversi, richiamandoci ancora una volta al “lunare” di scalfariana memoria degli anni ’90.

Molta parte dell’”inquinamento”, per esempio il famigerato PM10, deriva dal rotolamento degli pneumatici ed è dunque indipendente dalla vetustà dei mezzi, per cui se chi mette in piedi questi sistemi si facesse consigliare meglio, eviterebbe di imbarcarsi in carrozzoni inefficienti, macchinosi e impropri, oltre che politicamente assai controproducenti. Meditino gli assessori… e studino la chimica

Idrogeno e buon senso: Valcamonica e Bologna  
Un altro cavallo di battaglia “ambientalista”, si fa per dire, è costituito dall’adozione come vettore energetico dell’idrogeno elettrolitico da fonti rinnovabili. Il tema è interessante, ma sfortunatamente siamo ancora lontanissimi da una sua giustificabilità economica, con costi incomparabilmente più elevati rispetto alle fonti fossili e all’uso diretto dell’energia elettrica, persino nel caso in cui si usino batterie.
Così, come sottolineato già un paio d’anni or sono da chi scrive queste righe, investire circa 350 milioni di Euro per la trasformazione a idrogeno della ferrovia della Valcamonica non costituisce un virtuoso esempio di risorse dedicate alla “sperimentazione”, ma un assai più discutibile utilizzo forse sbagliato di disponibilità scarse.

Ugualmente a Bologna, in una città che già era passata alla storia per un sistema di trasporto “innovativo” presto cancellato e dimenticato con grave spreco di soldi pubblici, dedicare 90 milioni di Euro all’acquisto di autobus a idrogeno non appare giustificato. Gli ingegneri trasportisti ricordano che un analogo progetto è stato di recente archiviato a Montpellier: infatti non stava in piedi.

Il buon senso nelle campagne
Se un tempo la campagna era il mondo della semplicità e dell’adattamento oggi non è più così.

Chi per hobby tenga una piccola vigna si rende conto che per le irrorazioni primaverili non basta una laurea in ingegneria chimica, perché occorre il “patentino” da ottenere con qualche centinaio di Euro e corsi di molte ore. Ugualmente, chi necessitasse di aiuto per la raccolta dell’uva, si dimentichi di usare per una settimana studenti volonterosi. Dovrà reclutare lavoratori dopo specifica visita medica (100 Euro per persona) e munendosi di latrine chimiche, perché fare pipì contro una vite è escluso.

Ci sono persone che si sono rovinate, con questi dettagli, anche perché ancora una volta sono previste sanzioni devastanti. 

Come pure vietatissima è la combustione dei sarmenti di potatura, ma nessuna amministrazione provinciale si cura di organizzare, e sarebbe abbastanza semplice, sistemi di raccolta meccanizzata e riciclo di questo biocombustibile. Per quanto attiene alle normative regionali della gestione dei boschi, abbiamo già toccato l’argomento qualche anno fa, ed è meglio non tornare sul tema.

Buon senso a sud di Salerno
In questa cavalcata del demenziale, per ora concentrata da Roma in su, possiamo dedicare qualche riga anche al Mezzogiorno, dove si ha l’impressione che l’investimento pubblico spesso sia considerato più che altro come un comodo sistema di elargizione di risorse a pioggia, indipendentemente dai risultati pratici, che a pochi sembrano interessare.

Così nel mondo ferroviario si assiste al serpeggiare dell’Alta Velocità Napoli-Bari via Foggia, probabilmente un po’ troppo tortuosa per essere una linea davvero veloce, e al raddoppio degli ultimi trentatre chilometri della linea adriatica al modico prezzo di circa 700 milioni di euro, con un tempo di realizzazione di 5-7 anni (se va tutto bene). E poi c’è la previsione di impegnare attorno ai 30 miliardi per una nuova alta velocità Salerno-Reggio mentre la esistente linea tirrenica è ben lungi dalla saturazione del traffico e potrebbe garantire tempi di percorrenza assolutamente analoghi con spese ben minori.  Su come vengano progettati questi lavori forse sarebbe utile stendere un velo pietoso, ma questa è un’opinione personale.

Dove è raggiunto l’apogeo dell’utilizzo problematico del buon senso è tuttavia attorno alla vexata quaestio dell’attraversamento dello Stretto. Decenni di controversie e di spese discutibili non hanno ancora risposto all’interrogativo circa la realizzazione di un ponte a campata unica di luce più che doppia della maggiore esistente al mondo. E di quanti giorni questo ponte sarebbe chiuso ai treni per il vento.

Il buon senso in Federmanager    
Concludiamo parlando di noi, di come il nostro sindacato ha affrontato il tema dell’indicizzazione delle pensioni dei dirigenti e di come esso si ponga in vista di un prossimo rinnovo contrattuale che, dopo vent’anni di penalizzazioni, non potrà essere affrontato ancora accettando di discutere con una controparte confindustriale poco propensa a fare qualche concessione.  

Quanto alla dovuta indicizzazione delle pensioni, da questo governo ci si sarebbe potuti aspettare un minimo di ascolto superiore rispetto alle situazioni del passato, ma non è stato così, e il dirigente pensionato medio si appresta a lasciare sul tappeto un paio di migliaia di Euro annui di mancato adeguamento. Voce che grida nel deserto, solo Alberto Brambilla ci richiama alla forza delle cifre, ma la federazione, pur così attenta alle “relazioni istituzionali”, non ha ottenuto risultati significativi. 

Invece sul futuro rinnovo del contratto, nella delegazione negoziale, solo alla fine è entrato un collega in servizio di Milano ad affiancare il volonteroso capo delegazione. E il lavoro che li aspetta non sarà proprio banale…
Ma attenzione, chi scrive si ripete, a volte è necessario rivoltare qualche tavolo, altrimenti si finisce asfaltati.  E qui finisce la non breve analisi del mancato buon senso, qui e là nelle nostre esistenze.
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