Sogni di equità e lungimiranza

L’ennesima Finanziaria senza risorse è caratterizzata da slogan chimera, senza visione di futuro, che prelevano sempre dal "bancomat" del ceto medio: dei lavoratori onesti e dei lavoratori pensionati. Possibile che un Paese di geni non sia capace di esprimere una visione di futuro; una strategia di crescita sociale e di benessere per tutti?

Franco Del Vecchio

Consigliere ALDAI-Federmanager e segretario CIDA Lombardia - lombardia@cida.it
Viviamo nell’era dei bonus: benzina, vacanze, case green, infissi, ristrutturazioni, condizionatori, mobili, tende da sole, il bonus verde, zanzariere, barriere architettoniche, Superbonus 2023 o Superbonus 90, acqua potabile, l’assegno di maternità dello Stato, l’assegno maternità dei comuni, la tutela per la maternità per i lavoratori dello spettacolo, nonché l’indennità di maternità per gli autonomi e i liberi professionisti. Aumenta la spesa per l'assistenza, ma aumenta stranamente anche la povertà.

Nonostante le crisi, il peso del debito pubblico, le deludenti misure assistenziali e il perenne deficit, lo Stato elargisce una serie di bonus prelevando sempre dallo stesso "bancomat" dei lavoratori dipendenti e dei pensionati, che per ridurre le spese e arrivare a fine mese limitano il numero di figli e riducono le cure per i più anziani.

I bonus ricordano le politiche Panem et circenses dei romani e la carità dei nobili finalizzate alla Captatio benevolentiae che ai nostri giorni hanno il solo scopo di acquisire il consenso elettorale.

Chi ha a cuore il futuro del Paese cerca invece visioni e proposte in grado di elevare il livello di benessere per tutti, aumentare l’affidabilità finanziaria e sviluppare un piano di rinascita che stimoli la partecipazione attiva di tutti. L’elettorato responsabile cerca statisti al servizio dell’intera collettività, e non politici generici e di parte, che siano in grado di amministrare la “cosa pubblica” nel rispetto di tutti i cittadini.

Invece di cercare di dare risposta alle crisi e alle opportunità (elettorali) del momento bisognerebbe sviluppare un percorso di riforme strutturali (organizzative, fiscali, previdenziali) in grado di rispondere alle trasformazioni della società nel lungo termine, da qui a 50 anni, per poter realizzare una serie di riforme in grado di costruire un futuro migliore.

Quali fattori caratterizzeranno il futuro, fra 50 anni?

I cambiamenti sono in accelerazione continua e per ipotizzare il contesto sociale nel 2073, fra 50 anni, potrebbe essere utile osservare i grandi cambiamenti avvenuti negli ultimi 100 anni, perché cambiamenti altrettanto importanti potranno avvenire in metà tempo in futuro.

La crescita della popolazione mondiale, rappresenta una minaccia per la sostenibilità. Quadruplicata negli ultimi 100 anni, passando da 1 miliardo e 860 milioni nel 1920 a 8 miliardi nel 2023, la popolazione non potrà raggiungere i 16 o i 32 miliardi fra 50 anni perché metterebbe a rischio l’equilibrio ambientale. Un trend che dovrà quindi necessariamente assestarsi e non superare i 10 miliardi fra 50 anni. Come altri Paesi sviluppati, l’Italia non presenta un aumento della popolazione (58,8 milioni nel 2023) e le stime indicano un assestamento intorno ai 60 milioni nei prossimi 50 anni, se riusciremo ad elevare il tasso di natalità a 2 nati per coppia e se non si verificheranno ingenti immigrazioni generate dalla sovrappopolazione in altri continenti.

La globalizzazione e la polarizzazione hanno trasformato il mondo delle nazioni di 100 anni fa. Le crisi geopolitiche sono causate dai diversi tempi di sviluppo delle società, da autocrazie che cercano di resistere ai cambiamenti, ma le tecnologie e la facilità di comunicazione continueranno a favorire la libera circolazione di idee, finanze e persone, aumentando la pressione competitiva e l’allineamento delle politiche fiscali e di welfare riducendo le differenze per evitare la desertificazione di alcuni territori e l’eccessiva concentrazione della popolazione in zone ad elevata attrattività. Assisteremo quindi a un graduale allineamento delle politiche economiche, fiscali e sociali, soprattutto fra le nazioni degli stessi continenti.

L’evoluzione tecnologica ha avuto un impatto senza alcun dubbio determinante sul benessere rispetto a 100 anni fa, in termini di qualità del lavoro, cibo, salute, comunicazione, produttività e benessere. Come le macchine agricole e l’automazione industriale hanno ridotto il lavoro manuale nei campi e nelle fabbriche, le informazioni digitali e l’intelligenza artificiale ridurranno il lavoro negli uffici, nelle banche, negli uffici pubblici. Si creeranno nuovi lavori nei territori fertili; quelli con le migliori università, quelli con adeguata preparazione culturale, capacità e volontà d’innovazione.  

La trasformazione economica e del lavoro, dall’economia agricola a quella industriale, allo sviluppo dei servizi e all’economia della conoscenza. In prospettiva possiamo immaginare una riduzione dei lavori ripetitivi, l’aumento dei lavori progettuali, specialistici e lo sviluppo di nuove opportunità generate dall’economia della conoscenza. L’occupazione è rimasta sostanzialmente stabile in Italia con un incremento del 13% in 60 anni: 20,3 milioni di occupati nel 1959, 21 milioni nel 1989, 23 milioni nel 2019. Nello stesso periodo la popolazione è aumentata del 22% rispetto ai 49,2 milioni nel 1959 ed è quindi leggermente diminuita la percentuale di occupati. L’automazione della produzione e l’applicazione dell'Intelligenza Artificiale nei servizi potrebbero ridurre l’occupazione nelle imprese private e nelle organizzazioni pubbliche (i dipendenti pubblici sono passati da mezzo milione a oltre 3 milioni in 100 anni). Aumenterà la disoccupazione, già elevata rispetto alla media europea, aumenteranno i lavori atipici, a tempo determinato, a progetto, stagionali, ecc. Aumenteranno quindi i rischi di conflitti sociali e di criminalità, e bisognerà preparare prima possibile un equo sistema di sostegno economico per garantire stabilmente un minimo contributo per vivere.

Le prospettive economiche non permettono un ulteriore aumento del debito pubblico che supererà i 3.000 miliardi entro il 2026 con oltre 100 miliardi di interessi, come risulta dalla Nota di Aggiornamento del Documento di Economia e Finanza (NADEF) per la stesura della nuova Legge di Bilancio. Le risorse del Paese sono le persone e la riforma fiscale dovrà incentivare tutti a lavorare per sé, per le proprie famiglie e per dare il proprio contributo alla stabilità finanziaria.

Un sistema equo e lungimirante per la dignità delle persone

La prevedibile riduzione del lavoro, come oggi lo conosciamo, e le conseguenti minori entrate da tassazione diretta (IRPEF) implicheranno un’equa distribuzione del carico fiscale fra le diverse fonti del gettito: sulle rendite da capitale e sui consumi (IVA). In ogni caso i carichi fiscali dovranno essere allineati e compatibili con quelli degli altri Paesi europei allo scopo di evitare perdita di competitività del nostro sistema economico. 

Indipendentemente dall’età, ogni persona ha e dovrà avere il diritto alla vita. Nel Paese evoluto che vogliamo dovremmo garantire non solo la vita, intesa come mera sussistenza, bensì una vita dignitosa per tutti, dall’infanzia alla vecchiaia.

Sarebbe necessaria una riforma fiscale che permettesse di offrire un sostegno economico a tutti i residenti con cittadinanza italiana in modo semplice, senza tanta burocrazia e senza necessità di eccessivi controlli, per ridurre i costi di gestione e distribuire ai cittadini tutte le risorse disponibili per l’assistenza

Una ipotesi irrealizzabile? 
Penso sia più semplice di quanto si possa credere. Basta avere apertura mentale e propensione all'innovazione mettendo al centro le persone, la popolazione, riconoscendone la dignità e libertà di scelta, azzerando gradualmente i bonus, le elemosine ai bisognosi e agli evasori (presunti poveri) per sostituire tali elargizioni con la certezza di un sostegno per i bisognosi e una detrazione di pari importo per chi paga le tasse.

Ci vorrebbe un sostegno economico di residenza che permettesse a ciascuno di spendere liberamente l’importo concesso per far fronte ai bisogni importanti del momento e per permettere loro di costruire il proprio futuro. Un sostegno di residenza anche per i neonati e i giovani gestito dai genitori fino alla maggiore età e che continuerà per tutta la vita anche in vecchiaia. Un sogno finanziariamente irrealizzabile? Forse, ma proviamo ad approfondire questa ipotesi.

Un sostegno economico di residenza uguale per tutti non richiede controlli. Oltre alle necessarie verifiche sull’evasione fiscale e sull’elusione, i bonus e le agevolazioni in vigore, sulla base delle dichiarazioni ISEE, richiedono un continuo e oneroso controllo che ha permesso di scoprire truffe, abusi e collusioni, ad esempio per redditi di cittadinanza non dovuti. È quindi necessario realizzare un sistema di sussidi con criteri stabili nel tempo e con il minor costo possibile per la collettività, riducendo la burocrazia e concentrando il più possibile i controlli sui redditi delle persone e delle imprese, per una concreta lotta all’evasione che permetta maggiore equità e benefici per l’intera popolazione.

Un sostegno di residenza a vantaggio dei redditi minori, senza alcun impatto sui redditi elevati, e un minimo contributo di solidarietà a carico dei redditi superiori, è facilmente realizzabile con una minima modifica all’aliquota IRPEF maggiore.

Ogni cittadino dovrebbe dichiarare i propri redditi pagando le relative imposte meno il sostegno di residenza per sé e per i minori a suo carico. Se la differenza risulterà negativa la tassa diventerà un contributo che l’ente incaricato della gestione fiscale accrediterà al residente mensilmente, detratte le eventuali somme dovute per imposte non pagate e altre eventuali somme a debito nei confronti dell’amministrazione pubblica.

Proviamo a ipotizzare un sostegno di residenza di 5 euro al giorno. Un contributo annuo di 1.825 euro a tutti i 60 milioni di italiani residenti, di importo simile alla detrazione per lavoro dipendente, costituirebbe un costo annuo per lo Stato di 109,5 miliardi - inferiore agli attuali 140 miliardi di assistenza - che potrebbe essere finanziato con il recupero dell'evasione fiscale e sarebbe decisamente decisamente inferiore al costo del Superbonus 110% che il Presidente del Consiglio ritiene essere di 140 miliardi di euro.
Si tratterebbe in altre parole, di estendere la detrazione per lavoro dipendente a tutti, trasformandola in sostegno di residenza di importo unico definito annualmente. La detrazione sarebbe uguale per tutti fino a 50mila euro per poi azzerarsi gradualmente a 150mila euro considerati soglia della ricchezza dai principali Paesi europei.

Per rendere tale contributo di 1.825 euro neutro per le tasse sui redditi elevati, ad esempio 150 mila euro, basterà aumentare l’attuale aliquota applicata ai redditi superiori a 50.000 euro di reddito dal 43% al 45%. Si otterrebbe in tal modo un contributo di solidarietà a carico dei redditi superiori a 150.000 euro di circa 3 miliardi e mezzo che ridurrebbe il costo del contributo di residenza a 106 miliardi l’anno. Il costo si ridurrebbe drasticamente sostituendo gradualmente la giungla di detrazioni con il sostegno di residenza.

 
Con il sostegno economico di 5 euro al giorno si potrebbe eliminare l'ingiustizia di chi paga attualmente 1.880 euro di tasse con un redito di 8.175 euro rispetto a chi le tasse non le paga con un reddito di 8.174 euro perché rientra nella "No Tax Area".

La "No Tax Area" potrebbe essere infatti sostituita dal "Sostegno Economico" per rendere più equo il sistema fiscale e assistenziale, con la linearità indicata nel grafico seguente.

La linearità e la semplificazione del trattamento permetteranno di ridurre il costo complessivo del sostegno economico eliminando le "barriere" oltre le quali si paga attualmente il 23% di tasse, liberando quindi i contribuenti e i beneficiari del sostegno da qualsiasi vincolo. Con regole semplici, chiare e stabili ciascuno potrà decidere liberamente come vivere e quanto impegnarsi nel lavoro.

Il Sostegno Economico aumenterebbe in modo inversamente progressivo al reddito netto, proprio come stabilito dalla Costituzione. Di seguito il grafico del reddito netto con e senza il Sostegno Economico di 5 euro al giorno per un soggetto senza figli e con due figli a carico. 

Un reddito di 25 mila euro con due figli a carico pagherebbe solo il 2% di tassazione IRPEF e un reddito di 35 mila € l'11% e il Sostegno Economico rappresenterebbe una riforma per l'equità e un contributo concreto per la natalità.
 
Si potrebbe iniziare con un Sostegno simbolico di 1 o 2 euro al giorno ai cittadini residenti che avrebbe un costo inferiore a 20 o 40 miliardi di euro l’anno, per poi aumentarlo negli anni successivi, riducendo i costi per bonus discrezionali e in funzione della capacità di creare ricchezza del Paese. Sarebbe un contributo equo e trasparente, inserito nella Finanziaria di ogni anno. Un contributo che tutti vorranno aumentare partecipando attivamente alla crescita economica e sociale.

Sarebbe una riduzione delle tasse per i redditi minori fino a 150 mila euro e anche un sostegno concreto a favore della natalità. Il contributo permetterebbe anche di perseguire meglio gli evasori, che dovrebbero presentare la dichiarazione per ottenere il sostegno economico.

Non è un problema di risorse, bensì una diversa gestione dei sussidi, perché basterebbe allocare gradualmente la spesa dedicata a bonus, incentivi e contributi di vario genere al sostegno di residenza, e la transizione avverrebbe gradualmente senza aumento della spesa.

Quali differenze?

bonus e i sussidi vari:
  1. sono riconosciuti a favore di specifiche categorie ed è lo Stato a scegliere quali, quando e quanto allocare creando disuguaglianze inaccettabili in un Paese evoluto;
  2. aumentano la complessità dei controlli e la giungla fiscale, creando le condizioni per truffe e abusi;
  3. sono temporanei per risolvere necessità del momento, senza creare un modello economico per la crescita;
  4. influenzano e riducono la libertà di scelta delle persone creando squilibri di mercato, come avvenuto con il Superbonus 110% e il Bonus facciate;
  5. aumentano il contesto di incertezza e sfiducia; basti ricordare quante modifiche si sono succedute in due anni con i Superbonus 110%;
  6. spostano l'attenzione dalla creazione di valore, alla ricerca opportunistica del contributo senza tener conto dei reali fabbisogni;
  7. sono utilizzati per campagne di comunicazione nelle quali si indicano solo i beneficiari, senza indicare le coperture finanziarie e chi paga.
Il sostegno economico:
  1. sarebbe riconosciuto a tutti i residenti che non superano il livello di ricchezza (es. 150.000 euro l''anno); quindi sarebbe un approccio esemplare di equità;
  2. semplificherebbe drasticamente la gestione e i controlli;
  3. sarebbe un modello economico per prevenire e far fronte ai cambiamenti che avverranno nel lavoro;
  4. aumenterebbe la libertà di scelta delle persone che potrebbero decidere liberamente come far fronte alle necessità del momento e potrebbero meglio pianificare il proprio futuro;
  5. darebbe fiducia: perché semplice, stabile e facilmente comprensibile;
  6. incentiverebbe tutti a lavorare secondo le proprie possibilità e volontà, essendo il sostegno economico equo e a vantaggio di tutti;
  7. sposterebbe l'attenzione mediatica dalla elargizione di bonus ed "elemosine" alla creazione di valore per la crescita del Paese e questo sarebbe l'aspetto più importante, perché senza crescita non c'è ricchezza da distribuire e si innesca solo il livellamento al ribasso e l'impoverimento.
In conclusione il sogno è uno stimolo ad avere coraggio e uscire dagli schemi per provare a fare meglio, passando dalle misure temporanee alle riforme strutturali per la crescita.

Il dibattito si sposterebbe sulle proposte e le misure per aumentare la ricchezza con l'obiettivo di distribuire un sostegno economico di residenza più elevato.

Certo verrebbe meno la “Captatio benevolentiae” a fini elettorali, ma sarebbe a vantaggio della dignità e solidarietà a favore di tutti gli elettori, che ne sarebbero riconoscenti.

Un sogno o un progetto lungimirante per un Paese migliore?

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