La mini-voluntary per le attività estere dei lavoratori

Il collegato fiscale alla legge di Bilancio 2018 (articolo 5-septies, D.L. 148/2017) ha introdotto una nuova sanatoria per i capitali non dichiarati detenuti all'estero, limitata da un lato ai lavoratori già residenti all'estero e poi rientrati in Italia e dall'altro ai frontalieri.

Nicola Fasano

Avvocato Tributarista in Milano e Consulente ALDAI
In particolare, è previsto che le attività depositate e le somme detenute su conti correnti e sui libretti di risparmio all'estero alla data del 6 dicembre 2017 (giorno di entrata in vigore della Legge 172/2017 che ha convertito il D.L. 148/2017), in violazione degli obblighi sul monitoraggio fiscale, da soggetti fiscalmente residenti in Italia (ovvero dai loro eredi) in precedenza residenti all'estero, iscritti all'AIRE o che hanno prestato la propria attività lavorativa in via continuativa all'estero in zone di frontiera o in Paesi limitrofi, derivanti da redditi prodotti all'estero di lavoro dipendente o di lavoro autonomo, possono essere regolarizzate, anche ai fini delle imposte sui redditi prodotti dalle stesse, con il versamento del 3% del valore delle attività e della giacenza al 31 dicembre 2016 a titolo di imposte, sanzioni e interessi.
Dal dettato normativo, pertanto, emerge che destinatari dell’agevolazione sono:
  • i lavoratori già residenti all'estero negli anni passati, iscritti AIRE, che siano rientrati in Italia e
  • i frontalieri (ossia i lavoratori dipendenti che quotidianamente varcano il confine per lavorare in Paesi  limitrofi con l’Italia);
con riferimento però solo a talune fattispecie. Si tratta in particolare di:
  • attività depositate e somme detenute su conti correnti e sui libretti di risparmio all’estero alimentate con redditi di lavoro dipendente o autonomo (e non dunque con redditi di altra natura, come per esempio quelli di impresa o derivanti da canoni di locazione di immobili);
  • somme e attività derivanti dalla vendita di beni immobili detenuti nello Stato estero di prestazione della propria attività lavorativa in via continuativa.
Ai fini della sanatoria sarà necessario presentare apposita istanza entro il 31 luglio 2018 e gli autori delle violazioni possono provvedere spontaneamente al versamento in un’unica soluzione di quanto dovuto entro il 30 settembre 2018, senza avvalersi però della compensazione. Il versamento può essere ripartito in tre rate mensili consecutive di pari importo; in tal caso il pagamento della prima rata deve essere effettuato entro il 30 settembre 2018. Il perfezionamento della procedura di regolarizzazione avviene dal momento del versamento di quanto dovuto in un’unica soluzione o dell’ultima rata. In ogni caso i termini di accertamento che scadono a decorrere dal 1º gennaio 2018, sono fissati al 30 giugno 2020 limitatamente alle somme e alle attività oggetto della procedura di regolarizzazione.
Per avere un quadro più completo, tuttavia, si attende ancora il provvedimento del Direttore dell’Agenzia delle Entrate con cui saranno emanate le ulteriori disposizioni attuative. In ogni caso la nuova sanatoria non si applica alle attività ed alle somme già oggetto di collaborazione volontaria nelle precedenti edizioni (molto più ampie) della sanatoria, né si dà luogo al rimborso delle somme già versate.
Ciò posto, diversi sono i dubbi che aleggiano sulla procedura, impropriamente chiamata dal legislatore di “collaborazione volontaria” ma che per caratteristiche ricorda molto più l’esperienza dei condoni e degli scudi con la forfettizzazione degli importi dovuti. In primo luogo appare evidente come la sanatoria “copra” le violazioni sul monitoraggio fiscale e sulle imposte (compresa si ritiene l'Ivafe anche se non espressamente richiamata dal testo normativo) derivanti dalle relative attività finanziarie, ma non eventuali violazioni commesse in relazione ai redditi con cui i capitali esteri sono stati formati. Potrebbe essere il caso per esempio di un reddito da lavoro dipendente svolto all'estero e pagato sul conto corrente estero in annualità ancora accertabili e che avrebbe dovuto essere dichiarato in Italia. In casi simili la procedura non sana anche le violazioni sul reddito “a monte” per il quale si dovrà eventualmente valutare la strada del ravvedimento operoso sempre che sia percorribile (richiedendo, quanto meno se si segue l’approccio dettato dall'Agenzia delle Entrate, che una dichiarazione sia stata presentata). La norma, inoltre, non stabilisce alcun paracadute sotto il profilo penal-tributario, lasciando esposto dunque il contribuente alle conseguenze di quella che rischia di essere a tutti gli effetti un’autodenuncia sia sotto il profilo amministrativo sia sotto quello penal-tributario. Non resta dunque che attendere le prime istruzioni dell’Agenzia delle Entrate per avere un quadro più definito e valutare la reale “convenienza” della sanatoria.

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