Mobilità per tutti, con trasporto (pubblico?)

In futuro ci sarà ancora bisogno di un efficiente sistema di trasporto integrato “ferro-gomma”

Giuseppe Colombi

Consigliere ALDAI-Federmanager e componente del comitato di redazione Dirigenti Industria

Cambi epocali

Chi, cittadino dell’Urbe, legga che recentemente un tassista a Fiumicino avrebbe preso a pugni e rotto il naso a un malcapitato cliente, conoscendo il contesto, non si stupirà troppo (stavolta, parrebbe che gli abbiano ritirato la licenza, dicono le ultime cronache).
E del resto, in un Paese dove si norma anche la dimensione minima delle vongole pescabili, se non si riesce a dare ai taxi regolamento, tariffe omogenee, controlli e magari persino la stessa livrea a livello nazionale, è evidente che poi in certi comuni particolarmente virtuosi il servizio sia quello che vediamo. Ma tra un decennio o due, quando la mobilità sarà garantita da mezzi a guida autonoma chiamati presumibilmente dall’erede di uno smartphone, esisterà ancora la categoria dei tassisti?
I cambi in corso, e ancor di più quelli attesi, sono davvero epocali e coinvolgeranno tutto il modo di vivere, a cominciare dalla motorizzazione individuale. Abbiamo passato un secolo a conformare tutto il nostro paesaggio e soprattutto le città all’auto privata, ma ora scopriamo che probabilmente essa è al tramonto.
Più difficile l’analisi per quanto attiene al trasporto pubblico di rete, per il quale è ragionevole prevedere un futuro meno problematico. 
Autobus, treni pendolari, treni a media distanza, alta velocità, aerei e navi dovrebbero sopravvivere e svilupparsi, almeno nell’orizzonte visibile. Anche in un mondo nuovo di “trasporto a chiamata” le linee di flusso principali potrebbero essere ancora servite da linee ferroviarie e/o altri collegamenti stabili. 

Privato e pubblico in ferrovia e non solo: contro i pregiudizi

Una decina di anni or sono, all’apparire della concorrenza di Italo, chi scrive queste note esprimeva la certezza che quell’iniziativa sarebbe stata fallimentare, e avrebbe portato al suo riassorbimento oneroso nell’alveo di Trenitalia. 
Mea culpa: mai errore fu più clamoroso. La partenza fu lenta e faticosa ma, negli anni, grazie a una politica rigorosa ed attenta, NTV conquistò fette di mercato crescenti, dopo anni pervenne all’utile e fu poi ceduta dai suoi promotori a un fondo internazionale per una cifra spropositata. Non solo, ma dal punto di vista dell’utenza, svolse un’impareggiabile funzione di riduzione dei prezzi, indusse flessibilità e rimborsabilità (parziale) dei biglietti, impartendo lezioni memorabili su come si gestisce un call center gratuito di grande attenzione al pubblico. Tutto questo senza peraltro riuscire a generare sostanziali cambi nel sonnacchioso concorrente pubblico, reticente a rendersi migliore nella competizione, ancorché oberato da quei servizi privi di margine che il privato disdegna. 
Purtroppo si direbbe che negli ultimi tempi, mentre “improrogabili esigenze di manutenzione” che dureranno diciotto mesi (?) stanno riportando verso le quattro ore il percorso Alta Velocità da Roma a Milano per tutti i gestori, la concorrenza sia diventata un po’ meno virtuosa e incominci a funzionare a rovescio. 
Esaminando questo primo decennio dunque, non se ne può dedurre meccanicamente che “Privato è bello”, ma nemmeno all’opposto che la gestione pubblica costituisca una garanzia. Una volta in più molto dipende dal Regolatore, che deve sapere e volere fare il suo mestiere. E che dovrebbe essere controllato a sua volta (magari da dirigenti esperti e volonterosi, sotto l’egida di Federmanager…).

Pendolari e Alta Velocità: ma il resto?

Qualche anno fa (2012) la nota scrittrice Susanna Tamaro lamentava in un bell’articolo sul Corriere della Sera la soppressione di un treno a lunga percorrenza che la portava direttamente da Trieste ad Orvieto. Se possibile, in questi ambiti dopo sette anni la situazione è forse ancora peggiore. 
L’Amministratore Delegato di Trenitalia dell’epoca, da molti considerato personaggio di leggendaria arroganza, poteva affermare “Non investiamo in Friuli perché non c’è abbastanza mercato…”, ma oggi riscontriamo che persino sulla tratta Bologna-Torino, che non è certo un “ramo secco”, è stato praticamente eliminato il collegamento cadenzato diretto via Piacenza-Alessandria. Non è “redditizio”, dicono a Trenitalia, si passi da Milano.
Perché nessuno dal Governo spiega a quei signori che è bene che facciano profitto, ma sarebbe meglio se lo facessero rendendo anche quel “servizio ferroviario universale” di cui hanno dimenticato anche il nome?
Evidente dunque che il servizio ferroviario nazionale, lungi dall’operare per uno spostamento globale della mobilità “dalla strada alla rotaia”, risponde esclusivamente a logiche di mercato nel settore Alta Velocità e si limita a negoziare con le Regioni la (insufficiente) gestione del trasporto pendolare. 
Tutto il resto, cioè il collegamento a medio-lunga distanza tra città anche significative, non sembra rientrare nei compiti istituzionali assegnati a Trenitalia. Così l’ultimo treno serale da Venezia per Milano parte alle ore 20, e potremmo spingere l’analisi al trasporto ferroviario tra i principali capoluoghi del Sud Italia e delle isole per capire che questo è quasi inesistente. 
In attesa di definire se il ponte sullo Stretto abbia senso o meno, è possibile che in un secolo e mezzo le ferrovie non si siano dotate di traghetti bidirezionali che carichino direttamente un convoglio da 200 metri a Messina e lo facciano ripartire dopo mezz’ora o poco più da Villa San Giovanni (5 km in linea d’aria)?
Attualmente si calcolano due ore per il passaggio, ma qualcuno sa che il trasbordo spezzato dei treni interessa ormai solo un paio di coppie di treni al giorno?
In compenso dopo la cancellazione dello sfortunato progetto di elettrificazione della rete sarda, si sono letteralmente 

Cura del ferro e priorità

Dai campionati di calcio di Italia ‘90, quando a Roma per pochi giorni il treno aveva raggiunto lo stadio Olimpico, sono passati trent’anni. Il tutto era costato qualche disavventura giudiziaria a responsabili delle Ferrovie non proprio attenti alla spesa, ma se ne è perso anche il ricordo. 
Invece, anche se mancavano pochi chilometri (non più di quattro) per chiudere l’anello ferroviario romano, opera essenziale per il malridotto sistema di trasporto cittadino, quei binari non sono mai stati completati. Si è detto che questo derivi dall’opposizione degli “sfasciacarrozze” insediati sul tracciato o da altre inconfessabili motivazioni, che sono poi le stesse dell’evidente declino della Capitale, fatto sta che siamo ancora allo stesso punto.
Ora, tutti i benpensanti che giustamente considerano antistorica l’opposizione a certe grandi opere, si sono mai domandati se in termini di priorità non sarebbero più urgenti interventi magari meno noti ma assai più cruciali?  E le signore (“madamine”) tanto solerti nel promuovere la discussa linea della Val di Susa, hanno mai dato un’occhiata alle contorsioni del tracciato previsto, che sembra imporre al Lione-Torino una ventina di minuti in più per il passaggio (forse in galleria) a Orbassano? 
D’altra parte, in molte città si ripropongono, a volte in modo poco giustificato, nuove reti tramviarie più o meno estese. In Europa, per il tram, il costo chilometrico medio di investimento si può valutare a meno di 15 milioni di euro (mezzi esclusi). 
Ma se tra prescrizioni di sicurezza “lunari”, lussi, sprechi e compensazioni, quel costo arriva a triplicare, ecco che avrà buon gioco chi prospetta soluzioni alternative, a volte altrettanto se non addirittura più demenziali. A volte succede anche che dopo qualche anno, cambiato il sindaco, ci si stufa del giocattolo-tram e si vuole chiudere la linea “per recuperare spazi”.
E così si continuano a sprecare le poche risorse disponibili, mentre l’informazione mediatica di cui disponiamo tende a privilegiare contenuti ideologici e di bassa politica, piuttosto che cercare elementi e studi dove ci sarebbero.

E allora? Esempi virtuosi

Vale sempre la regola di dare un’occhiata al di là del confine: nel gennaio 2019 un gruppo di UTP (Utenti Trasporto Pubblico) ha potuto andare a conoscere il trasporto ferroviario dell’isola di Majorca. La stazione centrale di Palma, che include anche il servizio metropolitano, è stata dimensionata generosamente, e dispone addirittura di una decina di binari, forse persino ridondanti.  Abbiamo visto anche qualche mezzo inutilizzato e qualche sbavatura programmatoria. Ma quel che si coglie è la chiara scelta rispetto al futuro: si rilancia il mezzo ferroviario.
È la stessa scelta che, con ancor maggiore determinazione e mezzi, si sta attuando in Svizzera.
Rileviamo incidentalmente come le Ferrovie Federali abbiano mantenuto un organico che, confrontati i km di rete, è proporzionalmente circa doppio rispetto a Trenitalia. La densità ferroviaria svizzera (km linea/km2 di territorio) è quasi tripla rispetto alla nostra, malgrado un’orografia addirittura più complicata di quella media italiana. E questo spiega forse perché tra Zweisimmen e Lenk (due “metropoli” da 3.000 abitanti ciascuna) esiste una linea a scartamento metrico di tredici km che vede quotidianamente 18 coppie di treni, anche se probabilmente non fa profitto. Sulla Cuneo-Ventimiglia, recentemente riaperta al traffico passeggeri, ci sono due coppie di treni al giorno: non stupiamoci se tra un po’ la richiudessero per mancanza di utenza, come avvenuto in Piemonte per 480 km di linea.
Ma c’è in Svizzera un altro elemento sostanziale: l’orario ferroviario e quello del sistema di autobus che collega i centri minori sono integrati così da rendere il trasporto pubblico un tutt’uno, indipendentemente dal mezzo utilizzato. Da noi, nemmeno la virtuosa Lombardia è capace di tanto, figuriamoci gli altri.
Il messaggio finale è che i pochi soldi pubblici disponibili vanno spesi bene, e questo avviene da una parte quando i gestori del trasporto sono chiamati a fare bene il proprio mestiere di fornitori di servizi per tutti, dall’altra quando c’è un controllo diffuso, attuato da comunità partecipate e competenti. Forse è proprio ora di ripensare a questi temi e di lanciare proposte credibili e condivise.


SAVE THE DATE

 L'incontro si terrà in ALDAI sala Viscontea Sergio Zeme - via Larga 31 – Milano martedì 17 marzo 2020 alle ore 15:00 

Alta Velocità e Trasporto locale: ma il resto? 
A cura del Comitato Infrastrutture, Trasporti e Logistica 

L’Alta Velocità Ferroviaria continua a dimostrarsi vincente sulle grandi distanze e ora gli aspetti ambientali stanno imponendo una robusta attenzione al miglioramento del Trasporto Locale. A farne le spese sono le relazioni di media distanza e il trasporto delle merci. La potenzialità delle reti e i programmi di servizio appaiono in conflitto: esaminiamone gli aspetti salienti. 

Programma 
  • Breve aggiornamento delle attività del Gruppo Energia Ecologia e del Comitato ITL – a cura di Fabio Pansa Cedronio e Gennaro Bernardo
  • Introduzione al tema del giorno – Giuseppe Colombi, membro del Comitato ITL e componente del Consiglio Direttivo ALDAI 
  • I piani della Direzione Commerciale di Rete Ferroviaria Italiana – Christian Colaneri, Direzione Commerciale Esercizio Rete di RFI 
  • Q&A session – con il coordinamento di Eugenio Marino Muzio, Presidente Commissione Intermodalità, Assologistica

 
Archivio storico dei numeri di DIRIGENTI INDUSTRIA in pdf da scaricare, a partire da Gennaio 2013.