Sostenibilità: come e perchè

La sostenibilità è un argomento vasto e in questa circostanza il mio scopo è instillare in chi legge il desiderio di saperne di più.

Anna Tiberi

Innovation Manager Certificata secondo Disciplinare Rina Accredia e frequenta il Master Sustainable Development Jobs di Università Bicocca
Partirei dalla definizione di sostenibilità che, nel report della commissione Bruntland del 1987, fu indicata come: “lo sviluppo che soddisfa i bisogni del mondo presente, senza compromettere la capacità delle future generazioni di soddisfare, a loro volta, i propri bisogni”
Le parole pregnanti di questa definizione sono: sviluppo, bisogni, futuro e compromissione.

Perché sentiamo e leggiamo sempre più spesso di sostenibilità?
Una possibile spiegazione è legata alla tecnologia che ha permesso un avvicinamento di tempo e di spazio tra gli esseri umani mai raggiunto prima; ciò ha tra le sue innumerevoli conseguenze anche quella di portare alla luce diverse situazioni e fenomeni di diseguaglianza, ingiustizia e disequilibrio già esistenti o che saranno raggiunti in pochi anni.
Da questa consapevolezza e dopo diversi passi formali compiuti dalle nazioni, si è arrivati al settembre 2015 in cui al Summit delle Nazioni Unite per lo Sviluppo Sostenibile, tutte le 193 nazioni, sia Paesi sviluppati che in via di sviluppo, hanno sottoscritto l’Agenda 2030 per lo Sviluppo Sostenibile.
L’agenda definisce i 17 obiettivi di Sviluppo Sostenibile (Sustainable Development Goals) e per ogni obiettivo fissa sottobiettivi e modalità di misurazione.

Gli obiettivi hanno carattere universale, valgono cioè per tutti indistintamente, e sono fondati sull’integrazione tra le 3 dimensioni dello sviluppo sostenibile - ambientale, sociale ed economico - quale presupposto per sradicare la povertà in tutte le sue forme.
Se questi sono le basi, possiamo facilmente capire che ogni azione sul pianeta dovrebbe essere ispirata, o almeno non contraria, agli SDGs.
Perché come disse Ban-Ki Moon, Segretario ONU dal 2006 al 2017: “non abbiamo un piano B, perché nono esiste un pianeta B”

Se abbiamo visto il perché della sostenibilità possiamo ora accennare al come.

La prima semplice ma fondamentale indicazione è che ognuno di noi può e deve fare la propria parte conformando i propri comportamenti di consumo, di risparmio e l’impostazione delle relazioni interpersonali verso gli obiettivi di sviluppo sostenibile, come dire: tante gocce nel tempo formano l’oceano.

Un’altra indicazione per come impostare la sostenibilità riguarda le organizzazioni e le imprese.
Mi concentrerei su queste ultime, segnalando che da anni a livello di ricerca teorica ed empirica si stanno studiando i modelli di trasformazione delle imprese verso strategie sostenibili e gli effetti di tali trasformazioni internamente ed esternamente al perimetro aziendale.
Queste ricerche si fondano sulle teorie proposte da E. Freeman e M. Porter rispetto all’esistenza e al ruolo dei diversi portatori d’interesse (stakeholder) per l’impresa, quali azionisti, dipendenti, fornitori, clienti e comunità locali.
Le società multinazionali sono sempre più riconosciute come attori fondamentali per la transizione verso la sostenibilità, perché possono fare da catalizzatori e creare il “momentum” necessario per innescare un effetto a catena rispetto a tutte le altre tipologie d’impresa. L’iniziativa più eclatante da questo punto di vista a livello globale è il UN Global Compact, iniziativa volontaria di top executive di corporation per implementare nel business gli SDGs; essa si pone come la guida per creare e gestire la transizione verso la sostenibilità: il Global Compact ha definito 10 obiettivi in termini di diritti umani, lavoro, ambiente e anticorruzione, che sono obbligatori per tutte le società appartenenti. 

Molto si è discusso sia a livello accademico che di business se la sostenibilità potesse rientrare tra gli interessi degli azionisti, oggi possiamo dire che vi è una relazione di causa-effetto positiva tra la sostenibilità e gli indicatori economico-finanziari d’impresa nel lungo periodo. Questo vuol dire che le imprese che allineano le proprie strategie di lungo periodo ai criteri cosiddetti ESG (Environment, Social e Governance) sono quelle che portano migliori risultati rispetto ai concorrenti sia per gli investitori/azionisti (maggior ROE), sia per i dipendenti (i talenti vengono attirati e rimangono in azienda), sia anche per le comunità locali e i consumatori (partnership pubblico-privato che producono ricadute positive sulle comunità locali e preferenze dei consumatori per prodotti/servizi sostenibili).
Fondare quindi l’attività economica sulla sostenibilità è giusto e conveniente allo stesso tempo.

Una domanda sorge a questo punto, legata anche all’esperienza Covid: quale sostenibilità per una società che non metta alla base delle sue decisioni politiche ed economiche il futuro delle nuove generazioni?

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