Difesa del potere d’acquisto

Sebbene il CCNL dei dirigenti non preveda automatismi nell'aumento delle retribuzioni, l'inflazione colpisce tutti ed è interesse di tutti recuperare il potere d'acquisto

 Michele Carugi

Socio ALDAI-Federmanager e componente del Comitato di redazione Dirigenti Industria

Dopo anni di sostanziale stabilità dei prezzi, nei quali si è addirittura paventata una deflazione, la combinazione di speculazione, pandemia e guerra, sui cui rispettivi effetti inflattivi non mi soffermo qui, ha innescato un processo di aumento che ha raggiunto livelli molto preoccupanti e che ha diffusione mondiale in misure simili nei vari Paesi, in particolare in Occidente.

Se la distribuzione geografica del fenomeno è abbastanza omogenea, lo stesso non si può dire per il suo effetto sulle persone; parafrasando il detto sulla giustizia, si potrebbe dire che l’inflazione è uguale per tutti, ma non tutti sono uguali 
di fronte all’inflazione; vi sono infatti categorie le quali possono trasferire tutti o parte dei maggiori costi che registrano per l’aumento dei prezzi e categorie per le quali l’eventuale recupero del potere d’acquisto – o, più probabilmente, di una frazione di esso – deve passare attraverso difficoltà talvolta insormontabili.

La discriminante sta nella possibilità o meno di controllare direttamente il prezzo di ciò che si vende; se ciò è possibile, in misura variabile – e anche dipendente dalla competizione sui mercati – per aziende, esercizi e professionisti, non lo è né per chi fornisce le proprie prestazioni a fronte di contratti collettivi di lavoro – salvo, ovviamente, riuscire a cambiare impiego per uno meglio retribuito – né tantomeno per i pensionati; in una parola, per i così detti redditi fissi.

Tutti i lavoratori dipendenti, dopo l’eliminazione – nel 1985 – della “scala mobile”, che consisteva in automatismi nel recupero del potere d’acquisto per tutti i contratti, devono confidare in rinnovi contrattuali che recuperino il potere d’acquisto e, anche ove la negoziazione abbia il massimo successo, ciò avviene comunque di norma con periodicità triennale, pertanto il recupero del reddito è sempre tardivo.
Per i pensionati, la situazione potrebbe essere migliore dal punto di vista temporale, poiché gli adeguamenti sono su base annuale, ma i parametri utilizzati per la revisione degli importi portano sempre ad adeguamenti molto distanti dal reale valore della perdita di potere d’acquisto.

Per i dirigenti la nocività dell’inflazione elevata è più pesante e, ancorché essi beneficino di redditi più alti, associati a maggiori responsabilità e risultati – presenti o passati –, l’erosione del tenore di vita è maggiore. Essi non beneficiano dei sostegni al reddito espletati in varie forme (da sussidi diretti a esenzioni da costi dei servizi) i quali, muovendo liquidità verso categorie che maggiormente hanno bisogno di spenderla, alimentano inoltre la domanda e, a offerta stabile, l’inflazione che diventa così anche un veicolo di re-distribuzione della ricchezza.

I dirigenti pensionati, poi, come spesso spiegato su questa stessa rivista, non ricevono mai gli stessi adeguamenti percentuali degli altri lavoratori in quiescenza, perché i meccanismi di rivalutazione sono discriminatamente regressivi, quando non del tutto azzerati, per i redditi più alti. In tempi d’inflazione contenuta la perdita nel tempo è comunque significativa, cumulando ogni anno un’erosione percentuale bassa ma che si somma alle precedenti, ma quando l’inflazione si avvicina alle due cifre la perdita di potere d’acquisto è immediatamente altissima.
Se agli effetti perversi dell’inflazione sui redditi dei dirigenti si sommano altri fattori negativi come i prelievi di “solidarietà” – già abbondantemente attuati sulle pensioni da Governi di vario tipo e colore – e suggeriti in questi giorni da qualche politico – ecco che la tempesta perfetta è servita: l’inflazione ti erode il reddito reale e io ti taglio anche quello nominale. 

Come per tutti gli altri lavoratori dipendenti e pensionati, l’unico elemento che può modificare la situazione collettiva è l’attività sindacale che, se ha successo, può portare al recupero migliore possibile del reddito che si è perso; un’attività sindacale che deve espletarsi sia al livello della negoziazione di un buon contratto di lavoro, che a quello dell’interlocuzione con i legislatori che eviti discriminazioni e penalizzazioni ingiustificate, solitamente anche poco significative dal punto del visto del gettito per l’erario. 

Il compito dei sindacati dei dirigenti è arduo, in primis perché la categoria non possiede l’arma principale di negoziazione – l’astensione dal lavoro –, perché il CCNL dei Dirigenti non prevede aumenti salariali per tutti i soggetti o automatismi nel recupero del potere d'acquisto, ma solo incremento del livello minimo di ingresso e infine perché il sentire comune della pubblica opinione e quindi dei Governi che fatalmente ne seguono l’umore, recita che retribuzioni e pensioni dei dirigenti sono “resilienti” e pertanto possono sopportare riduzioni, anche quando palesemente vessatorie; poco importa che le alte retribuzioni e pensioni siano o siano state associate a responsabilità e rischi personali e che non vi sia motivo razionale né etico per ridurre surrettiziamente il tenore di vita di chi se lo è guadagnato lavorando e senza evadere il fisco.
L’attività puramente sindacale deve quindi tornare giocoforza a essere l’attività “core” delle organizzazioni rappresentative dei dirigenti, in difesa di retribuzioni e welfare; almeno finché l’inflazione li minaccia pesantemente.

2 commenti

P. S. :
Salve, articolo interessante. Concordo che il compito dei Sindacati dei dirigenti è arduo perché la nostra categoria non ha l'arma dell'astensione. L'unica arma è incrementare il trattamento minimo di garanzia, considerando anche le fasce di anzianità superiori ai 6 anni e considerare 10 - 15 anni di anzianità con adeguato trattamento minimo
martedì 01 agosto 2023 12:00
Michele Carugi :
L’incremento del trattamento minimo di garanzia riguarderebbe solo i dirigenti di nuova nomina e pochissimi altri. In presenza di inflazione per due anni al 10%, che significa incrementi dei prezzi di circa il 20%, bisogna assolutamente che ci sia un recupero significativo per tutte le fasce di reddito. Forse una piccola graduazione progressiva può essere accettabile, ma tenere ferme le retribuzioni più alte significherebbe appiattirle e ciò va contro il concetto di riconoscimento del merito. Questa considerazione vale, ovviamente anche per le pensioni dei dirigenti che necessitano rivalutazione seria. Per quelli in servizio, una strada alternativa o, meglio, complementare, potrebbe essere l’istituzione per tutte le aziende di retribuzione variabile legata all’MbO. Se questa fosse associata a obiettivi di incremento di produttività potrebbe anche essere più digeribile per la controparte
martedì 01 agosto 2023 12:00
Archivio storico dei numeri di DIRIGENTI INDUSTRIA in pdf da scaricare, a partire da Gennaio 2013.

I più visti

Contratto Dirigenti Industria 2019-2024

Il Contratto Nazionale di Lavoro dei dirigenti industria costituisce l’impegno fra le rappresentanze dei dirigenti e quelle datoriali sulla regolamentazione e gestione del rapporto di lavoro. Un documento Confindustria-Federmanager di 63 pagine aggiornato con l'accordo del 30 luglio 2019 è riassunto di seguito per facilitarne la consultazione.
01 ottobre 2019

Rinnovo cariche sociali ALDAI – Triennio 2024-2027

Introduzione ai profili e alle modalità di votazione
15 aprile 2024

Per oggi e per domani

Per risolvere il rebus pensioni serve un impegno complessivo: dalle istituzioni ai privati, tutti sono chiamati a fare la propria parte. Più equità e adeguate tutele per chi, come i manager, lavora e contribuisce alla crescita del Paese.
01 marzo 2024

Rinnovo del Consiglio Direttivo ALDAI 2024-2027

Di seguito i 67 profili dei candidati per il rinnovo del Consiglio Direttivo ALDAI per il triennio 2024-2027
02 aprile 2024

Cariche sociali e lavoro dipendente

Il tema della sovrapposizione tra cariche sociali e rapporto di lavoro subordinato è sempre attuale e di estrema rilevanza, ed è stato oggetto negli anni di approfondimenti, tesi giurisprudenziali e dottrinali altalenanti. Di seguito un articolo in materia redatto dall’Avv. Riccardo Arnò, esperto in diritto del lavoro e previdenza, sulla base di una recente pubblicazione – apparsa su una rivista specialistica – a opera di Giulia Colombo, Dottoranda di ricerca in Diritto del lavoro, Università degli Studi di Udine. Il tema sarà approfondito dall'Avv. Arnò nel corso di un webinar che si terrà mercoledì 16 novembre 2022 alle ore 18
01 ottobre 2022