Speciale Smart Working

Tecnologie a costi accessibili e limitazioni per evitare il contagio modificheranno profondamente il modo di lavorare. Nulla sarà come prima.

Vicini a un punto di svolta per aziende e lavoratori

La ricerca dell’Osservatorio 4.Manager sullo Smart Working indica il contesto e gli strumenti per fronteggiare l’emergenza Coronavirus.
L’Osservatorio 4.Manager ha realizzato una ricerca sull’evoluzione dello Smart Working per fotografarne situazione attuale e prospettive future, anche alla luce dei provvedimenti introdotti per far fronte all’emergenza sanitaria in corso.
In Italia, le misure di contenimento dell’emergenza sanitaria in corso stanno imponendo una fortissima accelerazione al ricorso allo Smart Working, virtualmente in tutti i settori lavorativi dove ciò è stato possibile, inclusa la Pubblica Amministrazione.
L’Osservatorio 4.Manager ha analizzato l’interesse degli utenti Google (fonte Google Trends) sul tema nei 90 giorni tra il 9 dicembre 2019 e il 9 marzo 2020, attraverso chiavi di ricerca quali Smart Working, lavoro da casa, lavoro agile, telelavoro.
L’ultimo mese ha segnato un innalzamento esponenziale delle ricerche, a fronte di un andamento sostanzialmente piatto nei giorni precedenti. Le ricerche per Regioni hanno mostrato picchi collegabili alla diffusione dell’emergenza: nel Nord Italia, e in particolare in Lombardia, e nel Lazio. 

Il dato indica quanto, con l’emergenza, lo Smart Working sia diventato in brevissimo tempo da fenomeno di nicchia a fenomeno di massa (ancorché legato alla situazione contingente). Risulta infatti evidente quanto l’interesse di ricerca degli utenti sia stato determinato da questo momento di crisi sanitaria. L’esperienza tragica che l’Italia e gli altri paesi nel mondo stanno attraversando porterà a delle significative conseguenze. Una di queste riguarderà sicuramente il mondo del lavoro.

Ad oggi, non tutte le aziende italiane sembravano pronte all’adozione di forme di flessibilità lavorativa, come mostrato anche dalla bassa diffusione del lavoro agile nel territorio nazionale. Tuttavia, per ovviare ai divieti imposti dall’esigenza di limitare la diffusione del contagio, le aziende italiane, nei casi possibili, hanno dovuto necessariamente adottare forme di lavoro a distanza, sia che si trattasse di multinazionali con migliaia di dipendenti, sia di realtà più piccole (es. call center, studi professionali, ecc.).

Quando questo momento sarà passato, resterà comunque l’impatto dello Smart Working sulle realtà aziendali e produttive nel mondo, certamente su quelle italiane, portando a un cambio di prospettiva: come insegna San Girolamo, “Facere de necessitate virtutem" (Bisogna fare di necessità virtù).

La diffusione dello Smart Working prima del Coronavirus

Le politiche di flessibilità in materia di esecuzione della prestazione lavorativa sono un fenomeno diffuso in tutta Europa. Lo stesso Parlamento Europeo, già dal 2016, metteva in evidenza i benefici sociali del lavoro agile, sottolineando l’importanza dell’equilibrio tra lavoro e vita privata per sostenere il rilancio demografico, preservare i sistemi di sicurezza sociale e promuovere il benessere e lo sviluppo delle persone e della società nel suo insieme (risoluzione del 13/09/2016, principio generale n°48).

Tuttavia, sono presenti delle differenze all’interno dei vari paesi dell’Unione, sia da un punto di vista della terminologia utilizzata sia delle modalità di regolamentazione dello smart working. La ricerca dell’osservatorio 4.Manager prende avvio da un confronto internazionale tra i sistemi di alcuni Paesi europei, sia per quanto riguarda le modalità di regolamentazione – flexible working (Regno Unito e Olanda); telelavoro flessibile (Francia), agile working (Germania e Belgio) - e sia, soprattutto, esaminandone i livelli di diffusione che secondo una rilevazione Eurostat al 2018 vedevano l’Italia al penultimo posto tra i primi 10 paesi per PIL.

Risulta significativo che nel decennio 2008 – 2018 l’Italia non ha registrato incrementi nel ricorso al lavoro agile, laddove in Europa la crescita è stata più evidente. 

Tuttavia, un’importante crescita è stata registrata in Italia nel corso del 2019 sul fronte delle imprese (non vengono presi in considerazione i dipendenti pubblici). Secondo l’indagine Confindustria sul lavoro 2019, nel corso dell’anno, l’8,9% delle aziende associate ha introdotto forme di lavoro agile e un ulteriore 10% ha considerato tale modalità una soluzione organizzativa da approfondire.

Smart Working per Decreto

Con il Decreto, Dpcm 23 febbraio 2020, il Governo ha promosso il ricorso al lavoro agile per i dipendenti delle aziende che si trovavano nelle aree a rischio di contagio, permettendo l’attuazione di questa forma di lavoro anche in assenza di un accordo tra le parti, prevedendo l’utilizzo di un’autocertificazione sul sito dell’INAIL per indicare che il lavoro agile si riferisca a soggetto appartenente a una delle aree a rischio. Tale disposizione consente ai lavoratori subordinati di lavorare all’esterno dei locali aziendali, al fine di ridurre gli spostamenti al minimo indispensabile, per evitare il contatto con persone che potrebbero essere infette. Con ulteriori disposizioni previste dal successivo Dpcm 25 febbraio 2020, al fine di evitare la sospensione delle attività lavorative, è stata esteso l’utilizzo dello smart working per tutti i datori di lavoro con sede legale o operativa nelle Regioni con focolai di epidemia. Successivamente, è stato pubblicato in Gazzetta Ufficiale il Decreto, Dpcm 1° marzo 2020, che supera i precedenti del 23 e del 25 febbraio 2020 e stabilisce che "la modalità di lavoro agile disciplinata dagli articoli da 18 a 23 della legge 22 maggio 2017, n. 81, può essere applicata, per la durata dello stato di emergenza di cui alla deliberazione del Consiglio dei ministri 31 gennaio 2020, dai datori di lavoro a ogni rapporto di lavoro subordinato, nel rispetto dei principi dettati dalle menzionate disposizioni, anche in assenza degli accordi individuali ivi previsti. Gli obblighi di informativa di cui all'art. 22 della legge 22 maggio 2017, n. 81, sono assolti in via telematica anche ricorrendo alla documentazione resa disponibile sul sito dell'Istituto nazionale assicurazione infortuni sul lavoro".

I vantaggi dello Smart Working

Il lavoro agile non deve essere inteso come uno strumento da utilizzare soltanto in situazioni di emergenza, in quanto non sono da sottovalutarne i benefici per i lavoratori e per l’azienda stessa. In particolare, secondo l’indagine dell’Osservatorio smart working del Politecnico di Milano (2019), condotta su un campione rappresentativo della popolazione di impiegati, quadri e dirigenti (tot. campione = 1.000), i dipendenti che lavorano in smart working sono più soddisfatti del proprio lavoro. Nello specifico, ben il 76,0% dei lavoratori si ritiene più soddisfatto del proprio lavoro rispetto a coloro che lavorano in modalità tradizionale (55,0%) e dimostrano un legame più forte con la propria impresa (71,0% rispetto al 56,0%).

Una maggiore diffusione dello Smart Working può determinare vantaggi diffusi, per il sistema delle imprese, per l’ambiente e per i lavoratori:
  • Attrazione di talenti (secondo l’Osservatorio Smart Working del Politecnico di Milano il 76% dei lavoratori “agili” si ritiene soddisfatto del proprio lavoro rispetto al 55% di coloro che lavorano in modalità tradizionale).
  • Riduzione dei costi fissi, in particolare legati al dimensionamento e al costo degli uffici.
  • Riduzione del traffico, con benefici sulla produttività delle catene logistiche.
  • Riduzione dell’inquinamento atmosferico.
In particolare, secondo le stime correnti, 1 milione di lavoratori in più in modalità Smart Working al 50% del tempo (obiettivo del tutto raggiungibile, anche solo nel settore privato) permetterebbe di ridurre le emissioni di CO2 in atmosfera, nell’ordine delle diverse centinaia di migliaia di tonnellate all’anno.

Il ruolo centrale dei manager

Quando l’emergenza sanitaria sarà superata, potremmo trovarci di fronte a uno scenario completamente nuovo – ha dichiarato Fulvio D’Alvia, Direttore Generale di 4.Manager - sia in virtù dell’esperienza avviata nelle settimane del contenimento del Covid-19 da decine di migliaia di imprese e milioni di lavoratori e sia, soprattutto, sotto il profilo culturale”"Il nuovo scenario che le imprese dovranno gestire sarà portatore di grandi opportunità, ma imporrà un forte innesto di manager preparati a gestire il cambiamento".
“Pensiamo alle PMI e alle filiere collegate – ha proseguito D’Alvia - dove è necessaria una maggiore cultura manageriale. La gestione di domanda e offerta di Smart Working diventerà per le PMI un fattore di crescita sempre più importante per la produttività e per la competitività. Occorreranno manager preparati, tanto sotto il profilo delle competenze professionali e digitali, si pensi solo al tema della cyber security legata al lavoro da remoto, quanto sotto il profillo delle soft skills necessarie alla gestione delle relazioni dei cambiamenti organizzativi. Per rendere strutturale lo Smart Working bisogna prima mettere al centro le persone e poi pensare alla tecnologia. L’importanza del fattore manageriale – ha concluso D’Alvia – è dimostrata dall’emergenza in corso: le imprese che si sono dotate di un innovation manager stanno reagendo in modo molto più efficace sotto il profilo della riorganizzazione dei processi produttivi rispetto alle altre”.

Nuove organizzazioni del lavoro

Tecnologie a costi accessibili e limitazioni per evitare il contagio modificheranno profondamente il modo di lavorare. Nulla sarà come prima.

Per quanto concerne specificamente il tessuto industriale italiano, l’“Indagine Confindustria sul lavoro” del 2019, mostra come stia crescendo l’attenzione delle aziende verso forme di flessibilità lavorativa. Si stima che già l’8,9% delle aziende associate a Confindustria abbia introdotto forme di lavoro agile nel 2019 e che un ulteriore 10,0%, pur non avendo ancora introdotto forme di flessibilità lavorativa, consideri il lavoro agile una metodologia organizzativa da approfondire.
Inoltre, confrontando il campione di imprese che ha partecipato all’indagine sia nel 2018 che nel 2019, risultano evidenti gli incrementi per tutte le classi dimensionali, con una percentuale di imprese che dichiara di aver introdotto forme di smart working praticamente raddoppiata, essendo passata dal 4,9% del 2018 all’8,9% del 2019.
La variazione più significativa si registra nelle aziende con 100 o più addetti, in cui la percentuale delle aziende che utilizza forme di flessibilità lavorativa è salita dal 13,2% nel 2018 al 20,0% (pari a un’azienda su cinque) nell’anno successivo.
 
Prendendo in considerazione i lavoratori per genere, le differenze sono minime, sia riguardo i dati percentuali per l’Italia (“Talvolta” 1,1% per le donne e 1,3% per gli uomini; “Generalmente” 3,4% per le donne e 3,9% per gli uomini), sia per gli altri paesi dell’area Euro (“Talvolta” 7,6% per le donne e 8,8% per gli uomini; “Generalmente” 6,2% per le donne e 5,8% per gli uomini). Da sottolineare che le differenze evidenziano un generale maggior beneficio del lavoro agile da parte degli uomini, dovuto, probabilmente, al ricorso da parte delle donne ad altre forme di flessibilità lavorativa (es. lavoro a tempo parziale).
 
Infine, l’analisi dei lavoratori per differenti fasce di età mostra come, complessivamente, la percentuale dei lavoratori agili cresca con l’età e ciò risulta particolarmente evidente per il personale che utilizza di frequente questa modalità di esecuzione della prestazione lavorativa, sia in Italia (“Generalmente” 8,0%) che nell’Eurozona (“Generalmente” 15,3%).
 
Il lavoro agile, quindi, si pone come valido strumento di work life balance per tutti i lavoratori, maggiormente soddisfatti dell’organizzazione del proprio lavoro (31,0% rispetto al 19,0%), in quanto hanno la possibilità di recuperare, almeno in parte, la gestione del proprio tempo, personalizzandola sulla base delle singole esigenze. Ciò porta anche a stimolare e ad accrescere la capacità di pianificazione e di suddivisione delle attività lavorative tra quelle che possono essere svolte da casa e quelle che, invece, devono essere realizzate in ufficio, con una conseguente responsabilizzazione del lavoratore.
Anche dal punto di vista aziendale i benefici non sono da sottovalutare. Per l’azienda, il ricorso al lavoro agile porta alla riduzione dei costi: si pensi, ad esempio,  ai consumi o alle dimensioni degli uffici.
Archivio storico dei numeri di DIRIGENTI INDUSTRIA in pdf da scaricare, a partire da Gennaio 2013.

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