Meritometro 2023: le difficoltà in Europa e lo stallo dell’Italia nel ranking annuale del Forum della Meritocrazia

In un quadro di deciso arretramento delle performance meritocratiche registrate dai Paesi del Vecchio Continente, l’Italia non riesce ad affrancarsi dall’ultima posizione che detiene, da nove anni consecutivi, nel ranking del Forum della Meritocrazia

Giorgio Neglia      

Manager esperto di sistemi formativi, Consigliere Forum della Meritocrazia Responsabile Meritometro e Meritorg

Europa: un anno in rosso

I risultati del Meritometro 2023, presentati in occasione della VII Giornata Nazionale del Merito, evidenziano una battuta d’arresto delle performance meritocratiche in Europa. Secondo i dati del barometro del merito, messo a punto dal Forum della Meritocrazia in collaborazione con l’Università Cattolica, lo scorso anno, due Paesi europei su tre – compresi alcuni tradizionalmente più meritocratici, come Germania, Gran Bretagna e Paesi Bassi – hanno registrato risultati in peggioramento. Le ragioni di questa generalizzata impasse sono da identificarsi, con tutta probabilità, nelle difficoltà degli stati nell’affrontare il difficile contesto di “permacrisi” che ha finito per generare il deterioramento delle performance rilevato, in particolare, sui pilastri regole, libertà e qualità del sistema educativo.
In questo panorama poco rassicurante, che conferma comunque un’Europa a più velocità, i Paesi scandinavi restano in vetta alla classifica, mentre nella parte bassa del ranking la Polonia registra risultati in netto miglioramento. Con un punteggio di 26,39/100, l’Italia si conferma in ultima posizione e detiene il triste primato di “maglia nera” anche nelle performance dei singoli pilastri, ad eccezione della trasparenza, che ci vede penultimi, prima della Polonia. I numeri del nostro “spread meritocratico” sono impietosi: più di 9 punti di distacco dalla penultima in classica (la Spagna), 41 punti dalla prima (la Finlandia) e 23 punti dalla Germania (che si posiziona a metà classifica). I nostri maggiori gap rispetto alle medie UE riguardano regole, libertà e trasparenza; segno che il nostro Paese non è ancora in grado di garantire condizioni di contesto sufficientemente “amiche del merito”.  

Italia: i piccoli passi non bastano

Il Meritometro 2023 per l’Italia registra un aumento di 0.91 punti (il terzo miglior incremento in Europa dopo la Danimarca) che porta il nostro ranking a superare i 26 punti. Risultato, tuttavia, non sufficiente a intaccare il pesante stock di debito meritocratico accumulato dal nostro Paese nel corso degli anni. Nel dettaglio, l’Italia ottiene un incremento delle performance nelle pari opportunità e nella qualità del sistema educativo, arretramenti sul versante della libertà e delle regole, e una sostanziale stabilità nei restanti pilastri. 

Le pari opportunità sono in crescita, in funzione del lieve miglioramento del dato sui giovani inattivi, che ci posiziona comunque all’ultimo posto tra i Paesi europei esaminati dal Meritometro. Con riferimento alla parità di genere, i risultati sono in linea con lo scorso anno: siamo al di sopra della media OCSE nel punteggio complessivo del Glass Ceiling Index (The Economist), ma al di sotto della media in termini di partecipazione alla forza lavoro, wage gap e presenza delle donne in posizioni manageriali. Positive anche le performance del pilastro qualità del sistema educativo: i dati Eurostat evidenziano flebili miglioramenti nei tassi di educazione terziaria e di abbandono scolastico, che restano comunque ancora lontani dalle medie UE. Con riferimento ai Test PISA, rispetto al 2018, migliorano i risultati per le aree di lettura e scienze, mentre peggiorano per l’area matematica. 
I risultati del pilastro regole peggiorano: per il Rule of Law index (World Justice Project), siamo al 32° posto su 142 Paesi a livello globale e 24esimi a livello europeo a causa delle nostre performance non entusiasmanti in termini di Open Government, Regulatory enforcement ed efficienza del sistema giudiziario. Negativo anche il trend del pilastro libertà: la Heritage Foundation con l’Index of Economic Freedom ci posiziona al 69° posto su 176 a livello globale, precisando che: “Nonostante i ripetuti tentativi di riforma, i passi verso una maggiore libertà economica, sono stati disomogenei (…). L’aumento del peso del debito, aggravato dalle debolezze strutturali, mina la competitività a lungo termine”. 

I risultati del pilastro trasparenza sono sui livelli dello scorso anno. Restiamo 41esimi su 180 Paesi a livello globale (in compagnia di Georgia e Slovenia) e ancora lontani dalla media dei Paesi Ue (17esimi su 27). Come ricorda Transparency: “Bene per l’impegno degli ultimi dieci anni nella lotta alla corruzione e codice appalti, ma servono progressi su regolamentazione del lobbying e conflitto di interessi”. Anche l’attrattività per i talenti è sui livelli delle precedenti rilevazioni: il Global Talent Competitiveness Index (Insead) posiziona l’Italia al 32° posto su 134 Paesi in termini di attrattività complessiva e al 97° posto con specifico riferimento a brain gain e brain retention. Anche sul fronte della mobilità sociale le performance restano invariate: secondo il Global Social Mobility Index (World Economic Forum), siamo al 34° posto su 82 Paesi a causa del basso livello di “diversità sociale” nelle scuole e del peso delle condizioni di partenza (famiglia di origine) nel determinare per i giovani l’accesso a livelli di studio superiori.

Uscire dallo stallo: un compito da classe dirigente     

Negli ultimi anni, l'Italia ha assistito a una crescita lenta e insufficiente delle proprie performance meritocratiche. Basti pensare, che dal 2015 ad oggi, abbiamo guadagnato solo tre punti, mentre la Polonia ne ha ottenuti, in un anno, cinque in più. Nel frattempo, continuiamo a perdere talenti, energie e speranze (in primis giovanili), minando alle fondamenta le nostre capacità di restare competitivi e di generare benessere e prosperità nel prossimo futuro. 
Per uscire da questa situazione bloccata è fondamentale agire su due fronti prioritari e complementari. Da un lato, occorre semplificare il contesto: regole chiare e trasparenza sono fattori decisivi per garantire un ecosistema favorevole al merito. Dall’altro, è necessario promuovere il cambiamento con policy mirate volte a favorire gli investimenti in education, le pari opportunità, l'attrattività per i talenti e la mobilità sociale. Le logiche e le modalità d'azione da preferire sono quelle proprie di un approccio misto, nudge e bottom-up, che metta al centro l'azione del management pubblico e privato nella promozione del merito nelle organizzazioni. Si tratta, infatti, di sfide "di sistema" che per portare frutti richiedono la leale collaborazione tra le classi dirigenti di tutti gli attori dell’economia, della società civile e della PA accomunate dall’interesse a fare, finalmente, dell’Italia un Paese a misura di merito.

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