La ricerca del lavoro attraverso gli Head Hunter

La qualità delle relazioni con gli Head Hunter, i cosiddetti cacciatori di teste, aumenta considerevolmente le opportunità di lavoro e le prospettive di carriera

Claudio Ceper  

Medico delle Carriere
Ho ricevuto da parte di un mio mentee (un manager in cerca di lavoro) una simpatica reprimenda che mi ha colpito e che mi ha stimolato a scrivere questo articolo. Oltre all’amico head hunter (HH) che gli avevo segnalato, si aspettava che io gliene segnalassi almeno altri 3 o 4. 

In tutti i seminari che tengo e qualunque sia il tema trattato, la stragrande maggioranza delle domande che mi vengono rivolte verte immancabilmente sugli Head Hunters. Non rinnego il mio passato da HH, di cui sono orgoglioso, però è bene precisare che in Italia l’85% delle opportunità professionali vengono generate dal proprio network personale e solo il 15% in maniera diretta dai "cacciatori di teste". 

La categoria è accusata di non rispondere alla maggioranza dei cv inviati, ma questo è dovuto alla decine di milioni di curricula che giornalmente planano sui PC degli HH.

Conseguentemente se, per ipotesi, io avessi introdotto tutti i miei 1225 mentee a 3 o 4 cacciatori di teste cosa sarebbe successo? Nel giro di pochi mesi chiunque associato al mio nome sarebbe stato "marchiato" come uno scocciatore con le conseguenze facilmente immaginabili. 

Inoltre, se un mio mentee si fa presentare da me a un HH amico e se poi l’HH lo invita a un colloquio, diciamo conoscitivo-passivo, 9 volte su 10 è un puro atto di cortesia, perché in quel momento l’HH non ha posizioni che fanno al caso del mio mentee e anzi spesso il colloquio è visto come un impegno di tempo concesso per gentilezza. 

Al contrario, il mentee/candidato crede che di lì a poco gli pioveranno addosso proposte interessantissime, con la conseguente frustrazione, telefonate di reminder sempre più frequenti e l’accusa all’HH di essere maleducato e poco professionale. 

Avete mai immaginato cosa succederebbe all’HH se dovesse rispondere ai 50/60 cv inviati ogni giorno spontaneamente? 

Nella ricerca di un lavoro, il segreto non è cercare di contattare un HH, bensì essere contattato. Perché in quel caso c’è un’opportunità concreta e comunque l’HH desidera conoscere il manager perché lo ha notato o gliene hanno parlato. Spesso proprio per effetto del buon lavoro di networking che il manager ha fatto. 

E come si avvia il meccanismo virtuoso? Dandosi da fare, non rimanendo chiusi in ufficio, contattando ex colleghi, ex capi, consulenti, professori dei master etc. o partecipando a tavole rotonde, seminari, magari scrivendo un articolo interessante su LinkedIn, e così via. 

Non è certamente la richiesta, spesso insistente, per avere un incontro che l’HH non può organizzare, non per cattiva volontà, ma perché oberato di lavoro.

Oggi, cercare un lavoro è un lavoro esso stesso come dice la prima slide del mio seminario, Il Colloquio di Lavoro che terrò in ALDAI-Federmanager il 20 marzo e al quale è possibile partecipare cliccando
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