Nei momenti difficili il Paese deve affidarsi ai suoi manager

La capacità di governare i momenti critici è il carattere distintivo del Manager industriale

Gherardo Zei

Presidente Federmanager Roma
Affrontare certe difficili situazioni professionali in modo manageriale è un po’ come nel Football Americano quando il Quarterback riceve la palla per l’ultima azione di attacco con cinque secondi sull’orologio a meno di dieci iarde dal goal, i suoi occhi fulminei guardano in End Zone, dove i ricevitori si incrociano velocissimi e il suo braccio frusta l’aria per cercare quella parabola sul petto del Receiver che possa dare la vittoria alla squadra. La sua mano non deve tremare ma per fortuna è allenato per questo, allo stesso modo dei nostri Manager industriali che sono preparati ad affrontare situazioni di lavoro difficili, con poco tempo per pensare e una grandissima responsabilità sulle spalle. Proprio la congiuntura in cui ci troviamo oggi.

Il Paese ha affrontato la seconda parte dell’inverno pieno di speranze, con il dato della pandemia che calava e i fondi del PNRR che si avvicinavano a offrirci una grandissima occasione. Eravamo tutti focalizzati sul fatto che se fossimo riusciti a effettuare duecento miliardi di investimenti a tempo di record avremmo probabilmente rimesso il Paese sulla strada della crescita. Anche il rimbalzo del PIL sembrava quasi sufficiente a riportarci sui numeri precedenti all’ultima ondata della pandemia.

L’aumento dei prezzi delle materie prime (in atto già da molto tempo) raffreddava leggermente gli entusiasmi. Ma si pensava che fosse un fenomeno temporaneo, legato alla risalita brusca della produzione dopo il recesso pandemico e c’era un certo generale ottimismo. Anche la ripartenza dell’inflazione, causata tra l’altro dagli interventi particolarmente robusti – sebbene pienamente giustificati – effettuati per ammortizzare gli effetti sociali ed economici della pandemia, non preoccupava più di tanto. Le banche centrali cominciavano a porre rimedio e la prognosi era, tutto sommato, se non proprio eccellente, perlomeno non infausta.

Poi è accaduto quello che ciascuno si rifiutava di credere che potesse accadere. È scoppiata la guerra in Europa. Ancora oggi ci sembra incredibile ma dobbiamo prenderne atto. Anche perché dobbiamo reagire rapidamente in un quadro economico che è diventato improvvisamente instabile e molto difficile da decifrare nei suoi sviluppi, perfino a breve termine.

Già nell’immediato ci sono realtà industriali e commerciali che soffrono atrocemente per l’improvvisa scomparsa di tutto il business che derivava dalla parte di Est Europa che è rimasta isolata dal conflitto e dalle conseguenti sanzioni. Cosa potrà accadere con il protrarsi delle ostilità e comunque con il perdurare dell’instabilità di tutta l’area est del continente europeo? È difficile dirlo. Certamente sarà richiesto ancora una volta agli italiani di sfoderare le proprie leggendarie capacità di operare riconversioni velocissime, talento che i manager italiani hanno sempre dimostrato di avere in misura più grande di tutti gli altri manager del mondo. Del resto la qualità del nostro “motore manifatturiero” e la nostra capacità di aggredire i nuovi mercati, aumentando le esportazioni sia come valori assoluti che come percentuali di quote di mercato, si è sempre dimostrata altissima anche quando – con la nascita dell’euro – ci siamo improvvisamente ritrovati a farlo con una valuta forte. La nostra capacità di confezionare servizi innovativi facendo leva su un grande numero di realtà piccole e piccolissime, con la classica fantasia che ci contraddistingue, è tutt’ora al massimo livello.

L’abbiamo già fatto in passato e io sono convinto che potremo farlo di nuovo anche questa volta. Sapremo attraversare le difficoltà, assorbendo i colpi, ripartendo dopo ogni frenata e portando il Paese in salvo integro con il suo benessere.  Ma per fare questo è necessario che il Paese si affidi a noi Manager Industriali, ritrovando quella fiducia nella nostra autorevolezza che negli ultimi lustri qualche volta è sembrata venire meno. Ritornando alla metafora del Football il Paese deve credere nel lavoro del Manager industriale e passargli quell’ultima palla a meno di dieci iarde dalla End Zone con cinque secondi sull’orologio e solo un ultimo lancio da fare. Se ci sarà fiducia reciproca la palla arriverà dritta sul petto del Receiver e la squadra vincerà.