La formazione manageriale delle donne: evidenze e impatto sulla produttività

19 ottobre 2021- L’intervento del Presidente di Fondirigenti, Carlo Poledrini, al Convegno di presentazione

Il contesto

La crisi pandemica ha colpito con particolare intensità soprattutto i giovani e le donne. Il G7 di Carbis Bay ha riconosciuto “l’impatto devastante e sproporzionato del Covid-19 su donne e ragazze, che rischia di invertire i guadagni duramente conquistati, in particolare per quanto riguarda (…) i diritti, l’istruzione e il lavoro”.
Nel 2019 l’occupazione femminile in Italia era al 53,1% del totale, molto inferiore a quella maschile, pari al 72,9%. Un dato che la collocava agli ultimi posti rispetto alla media europea. Con la pandemia la situazione è peggiorata: secondo l’OCSE nel 2020 l’occupazione femminile è scesa al 48,6%, senza considerare che il fenomeno è estremamente sperequato a sfavore del Mezzogiorno. 
La ridotta partecipazione delle donne al mercato del lavoro limita in modo importante la crescita e lo sviluppo economico e sociale. Secondo l’EIGE (Istituto europeo per l’uguaglianza di genere), un’Europa più equa tra i sessi aumenterebbe il PIL pro capite del 6,1%-9,6%, pari a 1,95-3,15 trilioni di euro, e creerebbe 10,5 milioni di posti di lavoro aggiuntivi.  
Sempre secondo l’EIGE, il nostro Paese è al 14º posto nella UE quanto all’indice di uguaglianza di genere (al di sotto della media europea di 4,4 punti) con maggiori possibilità di miglioramento nelle diseguaglianze legate alla conoscenza e alle aree di “potere” (posizioni di leadership nel pubblico e nel privato).
La reazione delle istituzioni a questi dati non ha tardato. Nel marzo 2020 la Commissione Europea ha varato la strategia quinquennale per la parità di genere e lo sviluppo sostenibile, e il 4 marzo 2021 ha presentato la direttiva per la parità e la trasparenza di retribuzione tra uomini e donne.
A livello italiano, il PNRR non prevede una missione specifica per le donne, individuate piuttosto come obiettivo trasversale del piano, ma l’insieme dei provvedimenti a favore della parità di genere che dovranno essere implementati entro il 2026 ammonta a circa 
7 miliardi di euro. Un tema che più di recente si è iniziato ad affrontare è quello della leadership al femminile. Le difficoltà che le donne incontrano nel raggiungere anche le posizioni di leadership sono così diffuse in tutti i settori della vita sociale ed economica che sembra essere un modello profondamente radicato anche nelle società considerate “più avanzate”, come quelle del Nord Europa.
Il nostro Paese non fa eccezione. L’INPS (2019) indica che in Italia le posizioni manageriali sono occupate da 605mila lavoratori e lavoratrici, di queste solo 168mila sono affidate a donne (28%). Tale quota si riduce significativamente se si considerano le posizioni lavorative regolamentate da un contratto da “dirigente”; in questo caso, su circa 123mila dirigenti italiani, le donne sono poco più di 22mila (18%) e negli ultimi dieci anni questa percentuale è cresciuta, in media, di soli 0,3 punti percentuali per anno. In più, nel nostro Paese la professione con le maggiori differenze di retribuzione di genere è proprio quella dei manager.


Carlo Poledrini, Presidente Fondirigenti

Carlo Poledrini, Presidente Fondirigenti

Le proposte 

In funzione di questo contesto, si registrano una serie di iniziative promosse da parte delle istituzioni e dagli attori sociali, volte alla piena valorizzazione del ruolo della donna nella società, come potente driver di crescita e di inclusione. 
Mi limito qui a ricordarne alcune tra le più recenti che si focalizzano sul ruolo delle competenze e delle donne nel management. 
Special Initiative on Women Empowerment nell’ambito del B20 – Ha definito un impegno comune per costruire la pertinenza e la resilienza delle competenze delle donne; incorporare una lente di genere al centro dell'attività innovativa; darsi l'obiettivo parità di genere nelle posizioni decisionali di alto livello, suggerendo un approccio basato sulle competenze per promuovere l'occupazione femminile, con la consapevolezza che la qualificazione e la riqualificazione delle ragazze e delle donne non si esauriscono con la scuola o con l'università. Il team di lavoro ha anche dedicato uno sforzo ai KPI necessari per misurare e monitorare i progressi verso l'equità di genere: Partecipazione femminile alla forza lavoro; Percentuale di lavoro non retribuito delle donne rispetto agli uomini e Percentuale di donne nei dirigenti senior o middle.
Mind the Stem Gap – Il Manifesto contro pregiudizi su donne e scienze finalizzato a riportare un numero crescente di donne nel mercato del lavoro, favorire l'accesso alla formazione Stem per le ragazze, raggiungere la parità di genere nelle posizioni che contano. La cultura dell’inclusione nasce infatti dagli studi per giungere al mondo del lavoro. Basti pensare che attualmente nel mondo solo il 32% delle donne opera nel settore dell'intelligenza artificiale, che le donne sono il 28% dei laureati in ingegneria e appena il 14% di chi lavora nel cloud computing. 
Manifesto sull’Empowerment Femminile – Il Manifesto ci ricorda che una delle leve fondamentali su cui investire per favorire la parità di genere anche nelle posizioni di leadership è l’educazione. È necessario promuovere un approccio basato sulle competenze, con la consapevolezza che la qualificazione e la riqualificazione delle ragazze e delle donne non finisce con la scuola o con l'università. È un esercizio che dura tutta la vita e che deve essere sviluppato a livello individuale, familiare e governativo. Quest'ultimo livello gioca un ruolo importante: dovrebbe riunire i principali stakeholders e le parti interessate per sviluppare una visione comune su come porre fine al mismatch tra l'offerta e la domanda di competenze. 
Si tratta di posizioni condivisibili che necessitano di azioni concrete per giungere ai risultati sperati in tempi ragionevoli. Azioni che sono in capo ai decisori politici, alle parti sociali, ma che vedono proprio nei dirigenti e nelle imprese, a cui spetta il compito di definire e implementare le strategie, i principali attori.  
Dirigenti e imprese che sono la “base associativa” di Fondirigenti e con i quali intendiamo contribuire alla realizzazione anche di questi importanti obiettivi di parità di genere. 

Il ruolo di Fondirigenti 

Fondirigenti è il fondo leader in Italia per la formazione manageriale. Sulla base delle indicazioni dei propri soci promotori, Confindustria e Federmanager, ha approcciato il tema della parità di genere nelle posizioni manageriali, partendo dalla propria mission e in coerenza con le proprie modalità d’azione.   
Occupandoci della promozione della cultura manageriale e della formazione continua, siamo soliti fornire evidenze concrete del contributo dell’investimento in capitale umano sulle performance d’impresa. Da que-sto punto fermo siamo partiti nelle nostre analisi sul tema “donne-manager”.  
I nostri precedenti studi – pubblicati anche all’Università di Berkeley – ci hanno consentito di quantificare, dati alla mano, i ritorni sulla produttività derivanti dall’investimento in formazione manageriale. Si tratta di un risultato per nulla scontato e di grande importanza per la competitività delle nostre imprese. 
Proprio in considerazione del considerevole apporto che le donne-manager portano all’efficienza e all’efficacia dell’azione manageriale nelle imprese, ci siamo interrogati sulla possibilità che possa esistere un legame specifico tra la formazione rivolta alle donne-manager e la produttività aziendale. 
Utilizzando i dati reali, abbiamo analizzato – in collaborazione con le Università di Trento e Bolzano – la domanda di formazione espressa dalle nostre 14mila imprese aderenti (e dai loro 80mila dirigenti) nel corso dell’ultimo decennio. 
I risultati, che saranno esposti più avanti dai ricercatori, hanno permesso di evidenziare un legame positivo tra formazione manageriale al femminile e produttività aziendale, dimostrando che fare formazione conviene e che fare formazione alle donne manager conviene ancora di più. Non solo, dall’analisi sono emersi altri elementi positivi, come la decisa crescita della formazione rivolta alle donne manager e, in particolare, alle manager con meno di 50 anni. 
Certo, la strada è ancora ‘in salita’, specie nelle imprese di piccole e medie dimensioni e nel Mezzogiorno, dove il livello di managerializzazione (anche al femminile) presenta notevoli margini di miglioramento. È quindi opportuno un cambiamento culturale e Fondirigenti svolge una costante azione in tale direzione. Per questo, unici tra tutti i Fondi interprofessionali, oltre a finanziare la domanda di formazione, promuoviamo delle iniziative di analisi e modellizzazione, volte a diffondere la cultura manageriale d’impresa sulle principali tendenze e gli scenari di transizione dell’economia e della società.
Tra queste iniziative strategiche – che spaziano dal management della sostenibilità, all’Industria 4.0, fino ad arrivare all’open management e al lavoro agile – con riferimento al tema oggi in discussione, mi piace ricordare il progetto nazionale relativo alla Diversity&Inclusion, fortemente voluto dai nostri soci promotori e giunto alla seconda edizione. 
Con questa iniziativa ci proponiamo di diffondere un originale modello di D&I alla luce delle raccomandazioni della prima Certificazione internazionale relativa alle capacità inclusive dell’impresa, compiendo una verifica del livello di readiness di manager e imprese italiani rispetto ai principali requisiti della normativa. 
Per questo, realizzeremo un confronto e una verifica, a livello nazionale ed internazionale, rispetto alle best practice già allineate ai principi e alle Linee guida della ISO 30451, per stimolare in coloro che abbiano un adeguato livello di “prontezza” l’implementazione di un modello di gestione della D&I organico e facilmente rendicontabile. Parallelamente avvieremo azioni di diffusione ed implementazione di strategie strutturate di D&I nell’ottica della creazione di valore, dell’acquisizione di vantaggio competitivo sul mercato, dell’aumento degli stimoli e della cultura d’impresa.
Il nostro impegno non si esaurisce con questa specifica iniziativa. Continueremo nella nostra azione di supporto alla domanda di formazione delle imprese, attraverso gli avvisi e il conto formazione. Rafforzeremo la nostra azione di stimolo alla managerializzazione del Paese, soprattutto con riferimento al Mezzogiorno e alle Piccole e Medie Imprese. Non dimenticheremo le nuove leve di leader, molti dei quali saranno donne, rivolgendoci ai giovani meritevoli per favorirne la crescita. 
A quest’ultimo proposito, ci tengo a ricordare che quest’anno, in occasione dei quaranta anni dalla scomparsa dell’Ing. Taliercio – dirigente e uomo dalle grandi doti morali e manageriali – a cui è intitolata la nostra Fondazione, abbiamo avviato una serie di iniziative di commemorazione. Tra queste l’istituzione del premio di laurea Giuseppe Taliercio, rivolto a laureati con tesi di laurea sui temi del management, che ci auguriamo possa contribuire a promuovere la valorizzazione di talenti (in primis quelli femminili) interessati a intraprendere una carriera manageriale.  

Executive Summary

Contesto e obiettivi 

L’esigenza di rafforzare la dotazione manageriale femminile delle imprese italiane è nota, come dimostrano le più recenti statistiche sul tema. Anche il PNRR dedica ai temi delle pari opportunità spazio e risorse per incentivare il ricorso alle competenze femminili in azienda. Tuttavia, il glass ceiling è ancora una realtà nel nostro Paese (secondo l’Economist, in Italia le donne ricoprono il 27% delle posizioni manageriali: siamo al di sotto della media OCSE del 32,5%). 
Con queste premesse Fondirigenti ha avviato un’indagine volta a misurare l’apporto concreto in termini di produttività aziendale derivante dalla presenza e della formazione di management femminile in azienda. 
Sulla scorta dei risultati ottenuti in occasione della precedente indagine, pubblicata sulla rivista Industrial Relations di Berkeley, realizzata su dati reali delle proprie 14mila imprese aderenti e dei loro 80mila manager, 
con la collaborazione dell’Università di Trento e della Libera Università di Bolzano, Fondirigenti ha deciso di dedicare a questo tema uno specifico approfondimento. 
Si tratta di un’indagine di assoluta novità nel panorama degli studi esistenti, che consente di dimostrare dati alla mano che la presenza di donne in posizioni manageriali e la formazione loro dedicata contribuisce ad aumentare le performance delle imprese in modo considerevole e tangibile. 
L’indagine ha analizzato la domanda di formazione delle imprese aderenti al Fondo (espressa attraverso il cosiddetto “conto formazione”) e le relative performance con riferimento al periodo 2010-2018. 


Principali risultati   

CRESCE LA FORMAZIONE DELLE DONNE MANAGER 
La fotografia della situazione e delle tendenze in atto vede una decisa crescita (+60%) delle attività formative rivolte al management femminile (dal 13 al 21% del totale) nel periodo 2010-2018. Le manager in formazione sono mediamente più giovani dei colleghi di sesso maschile (il 57% ha meno di 50 anni), mentre non si rilevano significative differenze in termini di durata media dei corsi di formazione (19 ore/anno).  

TERRITORI, CLASSI DIMENSIONALI ED ESPERIENZE 
Sono le aziende del Centro-Nord, appartenenti ai settori ad alta intensità di conoscenza e presenti sul mercato da più anni, quelle che investono in misura maggiore in formazione al femminile. 
Tuttavia, il più alto coinvolgimento delle donne nella formazione manageriale si registra nelle imprese del Centro, dove il 46% delle imprese coinvolge almeno una dirigente in formazione. Al Nord la percentuale è del 35% mentre al Sud scende al 28%. 
La dimensione dell’impresa ha effetto sulla probabilità di avere almeno una donna manager in formazione. Nelle microimprese – meno di 10 addetti – solamente lo 0,4% delle aziende coinvolge anche una donna manager. Questa percentuale cresce all'8,2% nelle piccole imprese. Al crescere della dimensione aziendale cresce il coinvolgimento delle donne manager: quasi il 40% delle medie imprese coinvolge nella formazione almeno una dirigente e questa percentuale sale al 51,4% nelle grandi imprese.
La propensione all’investimento in formazione manageriale “al femminile” aumenta al crescere del numero di anni di attività delle imprese. Circa il 68% delle donne manager coinvolte stabilmente in attività formative presta servizio presso imprese con più di 20 anni di attività. In altri termini, le imprese che nel tempo sono riuscite a consolidare la propria posizione sui mercati, garantendo continuità e profittabilità ai propri business, anche a fronte dei mutati contesti di riferimento, sono spesso quelle che hanno messo al centro le dinamiche formative e delle pari opportunità, anche in merito al management.  
Le imprese che operano nei settori basati sulla “scienza” coinvolgono più dirigenti di sesso femminile. Infatti, il 49% delle imprese che operano in questi settori hanno almeno una donna in formazione.
DONNE MANAGER E PRODUTTIVITÀ 
Dal punto di vista delle performance, le evidenze della ricerca dimostrano che la formazione manageriale ha un impatto positivo sulla produttività delle imprese. Le imprese che coinvolgono nella formazione anche le donne in media offrono più ore di formazione, e quindi ottengono i risultati migliori in termini di innalzamento della produttività.
In particolare, esiste un gap di produttività anche tra chi fa formazione solo agli uomini e chi la fa anche alle donne. L’aumento di produttività di chi fa formazione anche alle donne è più alto del 9%. Fare formazione alle donne conviene sia nella manifattura, dove le imprese che coinvolgono nella formazione anche le donne manager registrano un bonus di produttività del 9%, sia nei servizi, dove questo bonus è pari all’8%.








Fondirigenti la formazione manageriale delle donne

fondirigenti---la-formazione-manageriale-delle-donne.pdf

Archivio storico dei numeri di DIRIGENTI INDUSTRIA in pdf da scaricare, a partire da Gennaio 2013.