Parità di genere: un obiettivo del PNRR irrinunciabile per l’equità e lo sviluppo
La vicepresidente CIDA Licia Cianfriglia al Tavolo di partenariato con il ministro Bonetti: la parità di genere non resti ancora una volta un esercizio burocratico
“Se esaminassimo solamente le leggi ed i contratti dovremmo concludere che nel nostro Paese la disuguaglianza di genere non costituisce un problema: nessuna disposizione normativa pubblica o privata prevede differenziazioni retributive e/o di carriere in base al sesso. Ma i dati sull’occupazione delle donne dicono altro: pur di fronte a pari opportunità teoriche - legislative e contrattuali - di fatto l’occupazione delle donne è inferiore per quantità e qualità rispetto a quella degli uomini”. È quanto ha sostenuto la vicepresidente di CIDA, Licia Cianfriglia, intervenendo al tavolo di partenariato sull’attuazione del PNRR con la ministra delle pari opportunità e della famiglia Elena Bonetti.
Nonostante i lenti ma progressivi miglioramenti nell’ambito delle categorie dirigenziali che CIDA rappresenta, il contesto generale è assai più penalizzante e ulteriormente esacerbato dalla crisi pandemica: le difficoltà delle donne nell’occupazione, nella conciliazione vita lavoro, il numero di episodi di violenza sulle donne sono tutti fenomeni connessi alla dimensione economica e più rilevanti, dunque, nelle aree di svantaggio economico e culturale. “Per CIDA – ha continuato Cianfriglia - è urgente intervenire in modo coordinato non solo per porre fine ad un problema di iniquità sociale, ma anche per non vanificare il contributo che la piena occupazione femminile potrebbe dare alla crescita del PIL e dunque all’economia del Paese. Relegare una forza lavoro qualificata e potenzialmente molto produttiva come quella femminile in mansioni e settori a scarso valore aggiunto o peggio nel lavoro nelle mura domestiche costituisce uno spreco che non possiamo permetterci”.
Una recente ricerca di Manageritalia evidenzia la crescita del numero di donne che ricoprono ruoli di responsabilità nelle aziende, dimostrando l’affidabilità e le capacità professionali delle giovani manager. I numeri dimostrano che la pandemia non ha fermato la rincorsa in atto già da alcuni anni da parte delle donne manager, che oggi sono al 19% del totale. Infatti, dal 2008 al 2020, a fronte di un calo dei dirigenti del 2,4%, le donne crescono del 56,3% e gli uomini calano del 10,3%. Resta però anche in questi casi il problema del gender pay gap: allo sforzo maggiore per raggiungere posizioni di vertice si aggiunge per le donne la beffa di una retribuzione ridotta rispetto a quella dei colleghi maschi.
Dal report sul Lavoro Femminile realizzato dall’Osservatorio CIDA-Adapt, che è stato reso pubblico, emerge tuttavia quanto la situazione generale del lavoro femminile in Italia sia fortemente iniqua e penalizzata da pregiudizi culturali e dalla mancata disponibilità di politiche di sostegno alla famiglia e alla genitorialità. Osservando il tasso di occupazione femminile per fascia d’età e per numero di figli, per ogni classe d’età, emerge che all’aumentare del numero dei figli corrisponde inesorabilmente una diminuzione del tasso di occupazione. La classe d’età 25-34 anni, in presenza di 2 figli o 3 e più, riporta i più bassi tassi di occupazione. Le donne tra i 25 e i 34 anni in presenza di 1 figlio hanno un tasso di occupazione pari al 49,9%, con 2 figli del 35,8% e con 3 e più figli il tasso si riduce al 21,5%. La stessa dinamica non si rileva per i maschi: l’aumento del numero di figli non determina una riduzione del tasso di occupazione maschile. Al contrario si registra che il tasso di occupazione maschile è più alto tra coloro che hanno 2 figli (85,6%) o 3 e più figli (82,9%) rispetto a chi ne ha soltanto uno.
“Di fronte ad un tale quadro - ha concluso la vicepresidente Cianfriglia - non rassicura il fatto che solo l’1,6 per cento del totale delle risorse del PNRR riguarda interventi mirati alle donne (concentrati nelle missioni 4 e 5) e un altro 18,5 per cento riguarda poi misure che potrebbero indirettamente avere riflessi positivi nella riduzione dei divari a sfavore delle donne. L’efficacia e la qualità delle misure e degli investimenti sarà quindi determinante e dovrà essere condotta dal governo con un impegno corale, mediante politiche del lavoro e di sostegno alla famiglia e alla genitorialità e un rinnovato orientamento delle ragazze dalla scuola all’università”.
CIDA è la Confederazione sindacale che rappresenta unitariamente a livello istituzionale dirigenti, quadri e alte professionalità del pubblico e del privato. Le Federazioni aderenti a CIDA sono: Federmanager (industria), Manageritalia (commercio e terziario), FP-CIDA (funzione pubblica), CIMO-FESMED (medici del SSN), Sindirettivo (dirigenza Banca d’Italia), FENDA (agricoltura e ambiente), Federazione 3° Settore CIDA, FIDIA (assicurazioni), SAUR (Università e ricerca), Sindirettivo Consob (dirigenza Consob).