Dürrenmatt e la concezione della vita tra caso e nichilismo
“Ci sono ancora storie possibili, storie per scrittori?”
Nicoletta Bruttomesso
Alberto Cantoni
Il prossimo 5 gennaio 2021 si festeggerà il centenario della nascita di Friedrich Dürrenmatt. Autore e drammaturgo di levatura internazionale che, insieme a Wedekind e al connazionale Max Frisch, ha rinnovato il teatro di lingua tedesca aprendo le porte al significato esistenziale del messaggio poetico e non solo, ad esempio, al naturalismo di Gerhart Hauptmann e all’espressionismo della poetica e della pittura di Max Beckmann, valori pure bollati come “degenerati” dall’imperante regime nazionalsocialista.
L’infanzia trascorsa nella campagna svizzera e la gioventù vissuta nel periodo più spaventoso del secolo scorso hanno profondamente influenzato la poetica di questo scrittore, amante della pittura e della letteratura fin da giovane.
I suoi romanzi hanno infatti una particolare carica pittorica che si esplicita in brevi descrizioni dell’ambiente che circonda i suoi personaggi e che sottolineano la tensione narrativa del momento. Grottesca è per esempio l’immagine della bara di Tina von Lambert che “fissata con un cavo portante sotto il velivolo, al seguito del quale oscillava, volò ora al di sopra di immense pianure illuminate dal sole ora attraverso brandelli di nubi e sulle alpi fu anche investita da una bufera di neve e poi da rovesci di pioggia, finché alla fine si lasciò calare dolcemente nella tomba” (L’incarico ovvero Sull’osservare di chi osserva gli osservatori: novella in ventiquattro frasi, 1986). Fantastico e irreale è invece quando descrive il giovane investigatore Tschanz fermato dal Commissario Bärlach “Guidava a velocità sostenuta e, di colpo, in basso gli apparve il lago, lucido specchio notturno fra rocce bianche. Doveva aver raggiunto il luogo del delitto” (Il Giudice e il suo boia).
Proprio con “Il Giudice e il suo boia”, Dürrenmatt intraprende la stesura di una serie di gialli, scritti indubbiamente per ragioni economiche, ma che hanno profonde radici nella sua visione della realtà e della costante contraddizione in cui l’uomo vive. Il suo commissario Bärlach è un uomo onesto e persegue il crimine, in particolare un criminale, ma la sua onestà, la sua ricerca di incastrare il criminale, si basa su un presupposto sbagliato: su una scommessa ingaggiata con il personaggio negativo Gastmann. E alla fine, costretto dagli eventi, o semplicemente dall’orgoglio di riuscire a punire il colpevole di tanti delitti, peraltro non descritti nel testo, arriverà a condannare il criminale per un omicidio che Gastmann non ha commesso. L’estetica (l’edonismo di Gastmann), l’etica (il commissario Bärlach) e il paradosso (bisogna credere nella giustizia, che spesso non è giusta, come bisogna credere in un Dio che impone ad Abramo di sacrificare il proprio figlio) ci riportano alla filosofia di Kierkegaard che tanto ha influenzato l’autore – Dürrenmatt stesso ci dice che non è possibile capire i suoi libri se non si conosce Kierkegaard – e all’accettazione del compromesso e dell’equivoco che il tempo della guerra ha così profondamente inciso nella cultura occidentale, contro il quale Dürrenmatt ha drammaticamente lottato nel grottesco delle sue tragedie, quali “I Fisici” e “La visita della vecchia Signora”.
Dürrenmatt appare così in tutta la sua poetica dell’impossibile, cosciente che la vita offre occasioni e testimonianze di profondi valori umani quali l’amore illusorio della giovane donna innamorata (che porta non alla salvezza, ma alla distruzione) e la profonda verità/paradosso che emana dalla ricerca scientifica (I Fisici), ma è pure costretta dalla insostenibile casualità degli eventi e dal dominio di un fato che a tutto sfugge, non solo all’uomo, ma anche all’Olimpo mitologico degli dei (La morte della Pizia) rendendo vano ogni sapere.
Un altro dei problemi che assillano l’autore è l’impossibilità di un’identità univoca. L’equazione A=A non è realistica, perché presupporrebbe due A identiche, mentre esiste solo una A uguale a se stessa. E così è per l’uomo: “nessun essere umano è identico a se stesso, … perché è soggetto al tempo e a rigor di termini in ogni momento è diverso da prima, talvolta a lui sembrava di essere ogni mattina una persona diversa”. Mirabile in questo campo è il sesto capitolo de “L’incarico” nel quale fa affermare al suo personaggio F. “esiste soltanto una serie infinita di Io che emergono dal futuro, balenano nel presente e sprofondano nel passato”. Per cui l’essere umano è paragonabile “ad un cumulo di foglie, in cui quelle più in basso da tempo sono diventate humus, che si fa sempre più alto per via delle foglie cadute di recente e sospinte dal vento, un processo che porta ad una finzione dell’io”.
Come non ricordare Pirandello e il suo “Uno, Nessuno e Centomila” (terminato nel lontano 1926) che si avvolge nella stessa angoscia di Dürrenmatt con la differenza che, mentre Pirandello studia la psicologia dell’individuo e la sua volontà di agire con un fine preciso, sia nel bene che nel male, per Dürrenmatt l’essere umano è sempre al centro dell’avvenimento, ma è un po’ l’attore di se stesso, si costruisce il suo Io, si immagina il proprio ruolo che poi sa interpretare più o meno bene senza poter separare di fatto il reale dall’immaginario. Dürrenmatt usa i suoi personaggi come delle marionette senza curarsi minimamente del loro aspetto psicologico.
Così il paradosso è sempre presente nei suoi testi, perché il difensore della legge può diventare a sua volta un istigatore all’assassinio (Il Giudice e il suo boia) o la vittima può diventare l’istigatrice della vendetta violenta (La visita della vecchia signora): mentre in Kafka la Giustizia è grande e imperscrutabile, la porti dentro di te e per questo ti può colpire anche senza essere realmente esercitata da un terzo (Nella colonia penale) e siamo sempre in attesa di una Giustizia (Il Processo), per Dürrenmatt la Giustizia non è assoluta, ma è interpretata da esseri umani che se ne appropriano e la piegano al loro senso di giustizia cosparso di egoismo e di opportunismo. Avvenga questo da parte degli abitanti di Güllen (La visita della vecchia Signora) o nella Panne con il suicidio impensabile di Alfredo Traps, viaggiatore di commercio e uomo di successo, conquistato calpestando la vita di chi si era messo sulla sua strada, senza averne avuto mai coscienza prima che un processo grottesco, fatto per gioco in una villetta di campagna da quattro ex uomini di legge, lo avesse messo davanti alla sua vita reale.
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L'incontro di terrà in videoconferenza Zoom mercoledì 20 gennaio 2021 alle ore 17.
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