Finanza: Commento mensile
I mercati finanziari continuano la loro neutralità sulla guerra in atto, ora sono più preoccupati dell’inflazione e delle manovre delle banche centrali.
il pensiero del Ns. referente finanziario Dario Viganò
Ad un anno dallo scoppio della guerra in Ucraina, la Russia non sembra avere intenzione di mollare. Putin ha infatti affermato di abbandonare il trattato di proliferazione nucleare New START.
I mercati finanziari si sono dimostrati neutrali riguardo alla guerra, mostrando a stento una reazione all’uscita dal trattato da parte della Russia.
All'inizio del 2023, il crollo dei prezzi delle materie prime energetiche dovuti agli alti livelli di stoccaggio mantenuti durante l'inverno mite e all'accelerazione del processo di riapertura in Cina avevano simultaneamente consolidato le attese di calo dell'inflazione e ridimensionato i timori di recessione, questo, ha favorito sia il mercato azionario che quello obbligazionario.
Nonostante persista la possibilità di una recessione nel secondo semestre dell'anno, la diminuzione dei prezzi del gas unita alla normalizzazione delle catene logistiche, ha stimolato la fiducia delle imprese e permesso a molti settori energivori di riavviare la produzione.
Il rally a cui abbiamo assistito dall’inizio dell’anno si è basato soprattutto sul presupposto che l’inflazione fosse sotto controllo ed avrebbe permesso alle Banche Centrali di interrompere la politica monetaria restrittiva nel breve periodo, facilitando un “atterraggio morbido” dell’economia globale.
Nel corso delle ultime settimane, il flusso di dati ha costretto gli investitori a modificare ripetutamente le aspettative sull'evoluzione del quadro macro e delle politiche monetarie.
I dati migliori del previsto sulla crescita (specie negli Stati Uniti) e le evidenze che il trend disinflazionistico procede più lentamente di quanto ipotizzato in precedenza hanno portato a considerare una stretta monetaria più aggressiva.
La paura è quella di un inasprimento delle politiche monetarie restrittive da parte delle banche centrali.
Si presume inoltre che si debbano ancora manifestare gli effetti delle politiche adottate: in USA la spesa dei consumatori è aumentata più del previsto, in Europa si sono registrati buoni risultati economici e utili societari maggiori del previsto (si presume che la BCE voglia continuare con la politica restrittiva) mentre i dati mostrano un’inflazione corere in accelerazione al 5,3%.
Per quanto riguarda i PMI (Purchasing Manager’s Index) della scorsa settimana, negli Stati Uniti, nel Regno Unito e nell’Eurozona questi indici hanno registrato miglioramenti.
In Europa, questo è stato particolarmente favorito dal calo dei prezzi dell’energia.
Quanto ai mercati obbligazionari, si è verificato un pronunciato repricing da fine gennaio: i tassi governativi hanno raggiunto nuovi massimi sia negli Stati Uniti che in Europa.
Mentre gran parte dell'economia globale sembra a rischio recessione, la Cina sta dando il via a una ripresa che farà ripartire il mercato del lavoro.
La rapida ripresa in atto in Cina appare diversa dai cicli precedenti, in quanto i politici hanno abbandonato la crescita guidata dagli investimenti del passato, per affidarsi ai consumi interni come motore principale dell'economia.
I Consumi, le prospettive di crescita e l'inflazione sono ora i punti attenzionati dai mercati.