Cyborg & Manager. Intelligenza Emotiva nell'era dell'AI.

Paolo Fanti intervista Simone Sistici, Imprenditore, Formatore e Coach, tra i principali esperti di Intelligenza Emotiva e protagonista di una memorabile serata formativa organizzata dalla Commissione Manager Evolution di Federmanager Bologna - Ferrara - Ravenna

di Paolo Fanti

Cosa ci succede quando capita di perdere nostro smartphone o per qualche motivo smette di funzionare? 
Non solo fatichiamo ad accedere alla posta elettronica, messaggi, comunicazioni, agenda, app di quotidiano utilizzo… ma ci sentiamo smarriti. Una parte di noi, a cui abbiamo delegato un senso di sicurezza e organizzazione della giornata, va assolutamente recuperata e non riusciamo a pensare ad altro. 

Scopriamo che una parte delle nostre funzionalità cognitive è legata a doppio filo a un device esterno e per quanto cerchiamo di riprendere il controllo sentiamo di aver perso qualcosa di importante: forse non la vista o l’uso di un braccio… ma qualcosa di simile. Anche dal punto di vista emotivo questo rischia di turbare la nostra giornata fino al ripristino o alla completa installazione del nuovo smartphone. 

Il dubbio emerge: stiamo diventando cyborg? 
Abbiamo chiesto lumi ad un esperto.
Simone Sistici - Imprenditore, Formatore e Coach, tra i principali esperti di Intelligenza Emotiva - protagonista di una memorabile serata formativa organizzata dalla Commissione Manager Evolution e offerta al network di Federmanager Bologna-Ferrara-Ravenna ci ha fornito una chiave di lettura molto interessante.

Paolo Fanti, Revisore e Coord. Comm. Manager Evolution Quadri e Manager apicali Federmanager Bologna-Ferrara-Ravenna

Paolo Fanti, Revisore e Coord. Comm. Manager Evolution Quadri e Manager apicali Federmanager Bologna-Ferrara-Ravenna

Andiamo al cuore del problema Simone: cosa significa che stiamo diventando tutti Cyborg (o lo siamo già)?

Siamo già Cyborg, nel senso più profondo del termine. Non perché abbiamo impianti nel cervello, ma perché la tecnologia è diventata un’estensione del nostro pensiero, delle nostre emozioni e delle nostre decisioni. Lo smartphone è un pezzo della nostra memoria, i software di intelligenza artificiale amplificano le nostre capacità di elaborazione, i social media influenzano le nostre emozioni. Essere Cyborg non significa solo essere “ibridati” tecnologicamente, ma anche essere immersi in un sistema in cui le macchine ci completano, potenziano e a volte condizionano. Il punto critico è: chi guida chi? Stiamo usando la tecnologia per espanderci o stiamo lasciando che la tecnologia prenda decisioni al posto nostro?


E sulla comunicazione e il lavoro dei manager come sta impattando l’Intelligenza Artificiale?

L’intelligenza Artificiale sta trasformando il modo in cui prendiamo decisioni, analizziamo dati e gestiamo persone. La sfida più grande non è la tecnologia in sé, ma l’equilibrio tra automazione e umanità. Un manager oggi deve essere un traduttore tra l’AI e il mondo umano. Le macchine possono dare insights perfetti, ma il valore di un leader è nel fare le domande giuste, dare senso ai dati e prendere decisioni che tengano conto dell’impatto emotivo e sociale. La comunicazione manageriale deve adattarsi: meno controllo operativo, più facilitazione del cambiamento, più empatia, più capacità di interpretare la complessità.

Simone Sistici

Simone Sistici

Quindi siamo davanti a nuove che coinvolgono la sfera profondamente umana ed emotiva sulle quali influisce l’utilizzo dell’AI in contesti professionali e umani?

L’AI introduce tre sfide chiave:
  1. Paura della sostituzione – Molti temono che l’AI renda il loro ruolo irrilevante. La verità? L’AI non sostituirà chi sa adattarsi, ma renderà obsoleti i ruoli ripetitivi. La chiave è l’adattabilità.
  2. Sovraccarico cognitivo – L’AI fornisce enormi quantità di informazioni. Ma più dati non significano necessariamente migliori decisioni. Serve una capacità critica di selezionare ciò che conta davvero.
  3. Disconnessione emotiva – Se deleghiamo troppo alla tecnologia, rischiamo di perdere la capacità di relazionarci profondamente. La vera sfida del manager sarà bilanciare efficienza e umanità.


In che modo, a tuo avviso, l’AI può migliorare il lavoro di noi professionisti e manager?

L’AI è un amplificatore delle capacità umane. Se usata bene, libera tempo, riduce errori e ci permette di concentrarci su ciò che conta davvero: la visione, la strategia e le persone.
Il vero salto evolutivo sarà imparare a collaborare con l’AI, non vederla come una minaccia. Le organizzazioni che prospereranno saranno quelle che integreranno l’intelligenza artificiale per potenziare le decisioni umane, non per sostituirle.


Simone, tu da molti anni ti occupi di intelligenza emotiva e neuroscienze. Cosa lega queste discipline con l’intelligenza artificiale?

Tutto.
L’AI è il più grande test di intelligenza emotiva che l’umanità abbia mai affrontato. Le neuroscienze ci dicono che il nostro cervello è plasmato dall’ambiente e dalle interazioni sociali. Se iniziamo a interagire più con le macchine che con le persone, cambierà il nostro modo di provare empatia, di prendere decisioni e di percepire il mondo. L’intelligenza emotiva è la capacità di gestire le emozioni proprie e altrui. Se le macchine iniziano a mediare ogni conversazione, ogni decisione e ogni emozione, rischiamo di perdere la nostra capacità di leggere e rispondere ai segnali umani in modo autentico. D’altra parte, se usiamo l’AI come strumento per migliorare la nostra consapevolezza emotiva—per esempio, monitorando il nostro livello di stress o fornendoci feedback sulle nostre interazioni—potrebbe diventare un potente alleato per lo sviluppo personale.


Credi che l’AI finirà con l’impoverire o con il migliorare la nostra intelligenza emotiva?

Dipende da come la usiamo. Se deleghiamo ogni interazione emotiva alle macchine, rischiamo di diventare meno empatici e più dipendenti da suggerimenti artificiali. Se, invece, la usiamo per capire meglio noi stessi e gli altri, può diventare un acceleratore di crescita emotiva. Pensiamo agli assistenti vocali che analizzano il tono della voce per rilevare lo stress o agli strumenti di AI che aiutano a migliorare la comunicazione nei team. Se ben calibrata, l’AI può aiutarci a diventare più consapevoli delle nostre emozioni e più capaci di gestire quelle degli altri. La vera domanda è: stiamo usando l’AI per sviluppare la nostra intelligenza emotiva o per evitarla?


Le novità si rincorrono e le conoscenze del 2024 sono ormai obsolete: dove consigli di investire attenzione per i manager nel 2025?

Tre aree critiche:
  1. Decision Making avanzato – Non basta avere dati, serve la capacità di interpretarli in un contesto umano e strategico. L’AI supporta, ma la visione resta umana.
  2. Intelligenza Emotiva e Leadership – Più le macchine prendono il sopravvento su compiti tecnici, più il valore umano sarà nella capacità di ispirare, motivare e creare connessioni.
  3. Sviluppo di Modelli Organizzativi Agili – Il futuro appartiene alle organizzazioni fluide, in grado di adattarsi rapidamente. L’AI può aiutare, ma servono modelli organizzativi progettati per il cambiamento continuo.


Come ti immagini l’uomo del futuro?

Spero che sia un uomo più consapevole, non un automa che esegue gli ordini di un algoritmo. L’uomo del futuro dovrà essere un esploratore, capace di navigare tra tecnologia e umanità senza perdere la sua identità. Dovrà sviluppare una nuova forma di saggezza: quella che combina i dati con l’intuito, la logica con l’empatia. Se sapremo usare l’AI per espandere la nostra intelligenza—e non per spegnerla—potremmo vivere in un mondo in cui la tecnologia non sostituisce l’umanità, ma la amplifica.
Il futuro è un bivio: possiamo diventare più umani grazie alla tecnologia o più artificiali. La scelta è nostra.

CYBORG, intelligenza emotiva nell’era dell’AI

Un incontro organizzato dalla Commissione Manager Evolution di Federmanager Bologna - Ferrara - Ravenna il 5 dicembre scorso presso la nostra sede di Bologna.

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