Pastificio Felicetti: la pasta di montagna
Siamo stati accolti da un ambiente luminoso e silenzioso, dalla cortese ospitalità del personale dell’azienda e soprattutto dalla passione, simpatia ed esuberanza del titolare Riccardo Felicetti
Franco Torelli
Forse mi sono fatto suggestionare dal bel packaging o
dai suggerimenti letti sulla confezione, ma certamente è
stata una esperienza davvero unica, gusto profumi e sapori davvero mai sentiti in un semplice piatto di spaghetti.
O forse ancora è stata la suggestione seguita alla visita del 25 maggio scorso del nuovo stabilimento del pastificio Felicetti a Castello di Molina di Fiemme (Trento),
dove già l’edificio colpisce il visitatore, una sequenza
di grandi monoliti in calcestruzzo riprende le millenarie
falesie – le tipiche coste rocciose della val di Fiemme – con disegni sulle facciate che in certe condizioni
di luce si confondono con le nevicate o con il cielo:
l’architettura del nuovo stabilimento Felicetti – come
si legge all’ingresso, nata in un prestigioso studio di
architettura di Rovereto – davvero pone in rima cemento, acciaio e vetro con percezioni, equilibri e visioni,
rispettando e valorizzando un territorio tanto meraviglioso quanto fragile.
Entrati nello stabilimento siamo stati accolti da un ambiente luminoso e silenzioso, dalla cortese ospitalità del personale dell’azienda e soprattutto dalla passione, simpatia ed esuberanza del titolare Riccardo Felicetti, che ci ha spiegato che gli ingredienti delle loro paste sono pochi e semplici: l’aria pura delle Dolomiti – necessaria per una essiccazione ottimale della pasta –, l’acqua surgiva, la semola dei migliori cereali italiani in purezza e l’arte pastaia dal 1908.
Infatti Riccardo rappresenta la quarta generazione della famiglia e nella nostra visita siamo stati gentilmente accompagnati da Marialaura Felicetti, che rappresenta la quinta generazione in arrivo!
Debitamente protetti e incappucciati abbiamo potuto accedere all’impianto di produzione, avvolti subito dal leggero profumo di semola e dal ronzio dei robot: siamo potuti entrare in un’enorme struttura di acciaio e vetro, lucente ed ordinata, completamente automatizzata, per vedere tutte le fasi del ciclo produttivo.
Le varie tipologie di semola raccolte in capienti silos in inox vengono setacciate e pulite per poi essere mescolate con l’acqua sotto la supervisione di un sistema digitale automatizzato. L’impasto, pronto alla trafilatura, arriva alle trafile di varie fogge e materiali: scopriamo che le trafile al bronzo rendono la superficie più ruvida e adatta ai sughi, mentre le trafile al teflon conferiscono superfici più lisce e garantiscono una maggior tenuta alla cottura. Una volta trafilata, la pasta ancora fresca transita attraverso gli essiccatori, che convogliano l’aria esterna, totalmente pura ed esente da polveri o inquinanti, per togliere l’acqua in eccesso: anche qui sofisticati sistemi di controllo monitorano e regolano temperature e umidità per ogni formato di pasta.
Ora la pasta viene pesata, controllata meticolosamente ed infine impacchettata ed inscatolata, per poi venire pallettizzata e immagazzinata in un avveniristico magazzino interamente automatizzato che ha colpito tutti noi: un robot di ultima generazione che provvede allo stoccaggio ottimizzando spazi e tempi all’interno di una fitta selva di tralicci e pianali.
Alla conclusione di questo affascinante percorso e inebriati da questo connubio di tradizione e tecnologia, ci è stato donato questo pacchetto di spaghetti Monograno Matt, e assaporandoli riviviamo quel profumo di semola tra boschi e montagne.
05 luglio 2023