Il Montello

Un giro tra natura, quiete e ricordi

Il Sacrario militare a Nervesa della Battaglia

Renato Ganeo 

Associato Federmanager Vicenza
La mia famiglia è originaria di Asolo, io sono l’unico che è nato a Castelfranco, dove sono vissuto fino a 36 anni. Poi sono divenuto vicentino ed un poco anche cittadino del mondo, ma il cuore è radicato in uno spazio breve, quei pochi chilometri che vanno da Asolo a Nervesa della Battaglia
Renato Ganeo
Federmanager Vicenza

Renato Ganeo Federmanager Vicenza

Là ci sono ricordi datati e preziosi. Le colline asolane erano il fuoriporta, la capatina per il bicchiere di Prosecco freddo nelle sere d’estate, il Montello invece era deputato alle uscite di mezza o una giornata intera, prima con i boy-scout, poi gli amici, la morosa, la moglie, la famiglia. 

A lui sono particolarmente affezionato, ci sono stato non so quante volte, in bicicletta, in moto, ora (ahimè) solo in macchina, ma non ci rinuncio. Quel giro continuo a farlo, due, tre volte l’anno, cambiando percorso, scavalco, salgo, scendo e lo rivolto come un calzino. 
Ho comunque il mio itinerario principe, il più logico e naturale provenendo da ovest, da Bassano. 

Dopo Montebelluna giro a sinistra, passo davanti alla vecchia fabbrica della Dolomite, dove fui direttore commerciale nella seconda metà degli anni ’70. Ora appartiene alla Geox.
Le grave del Piave
a Ciano del Montello

Le grave del Piave a Ciano del Montello

Attraversato Biadene, qualche chilometro più avanti giro a destra ed entro a Ciano del Montello e là, un po’ in basso sulla sinistra, ecco il Piave “Fiume sacro alla Patria”. Battito accelerato del cuore.

 La strada è chiamata “Panoramica”, sostantivo ed aggettivo. 
Ancora avanti e sulla destra ecco la Presa 16 con la trattoria una volta chiamata “Bàs dea sédase” (Giù dalla Sedici). 
Ora ha un altro nome, non ci sono più andato. Le Prese erano chiamate così dai veneziani per indicare le varie zone dove prendere il legname per le galere ai tempi della Serenissima, sono 21. 

Il Montello era infatti definito “Bosco da remi”, cioè da navi.
Sportivo alla presa 16

Sportivo alla presa 16

Proseguendo appare sulla sinistra la chiesetta di Santa Mama (correttamente San Mamante, ma nessuno la chiama così) con il campanile di pali di legno e sopra la piccola e unica campanella. 
Poco dopo ecco il “Cippo degli Arditi”, il monumento con la lapide dove si legge “Di qui nell’ora della riscossa balzò fremente la 1a Divisione d’Assalto e schiuse la via alla Vittoria – 26 ottobre 1918”. Pochi giorni dopo, il 4 novembre, fu firmato l’Armistizio. 

Là c’è una trattoria dove si mangia bene e c’è anche la scuola dove mia mamma, giovane maestra elementare, insegnò alla fine degli anni ’30.  
Il Cippo degli Arditi

Il Cippo degli Arditi

Aveva una pluriclasse, cioè tutte le classi elementari, dalla prima alla quinta, per un totale di 110 scolari
Al mattino prima, seconda e terza e al pomeriggio quarta e quinta, oltre a un gruppetto di adulti che volevano uscire dall’analfabetismo. Alloggiava presso dei contadini che le affittavano una stanza. 
Nel fine settimana tornava ad Asolo, in bicicletta e ripartiva il lunedì mattina presto. 

Altri tempi, forse anche altri maestri. 
Quando guardo la sua pergamena di Cavaliere della Repubblica in cornice non ho dubbi che se la sia meritata.
L’abbazia
di Sant’Eustachio a
Nervesa della Battaglia

L’abbazia di Sant’Eustachio a Nervesa della Battaglia

Da qui in avanti il bosco è praticamente tutto sulla destra, splendido in ogni stagione, piante alte e diritte, giuste per divenire alberi maestri, come ho scritto sopra. 
Ogni tanto si apre uno slargo a prato che in estate accoglie famiglie e gruppi di amici per allegri pic-nic. Ma per gratificare lo stomaco si può anche scegliere tra le numerosissime trattorie ed agriturismi (spesso dei veri e propri ristoranti, in tutti i sensi). I piatti sono quelli tipici nostrani, che seguono un po’ le stagioni, ma direi che in nessuno manca la grigliata di carne, nella buona stagione cotta su un focolare predisposto all’esterno del locale. Intanto i bambini si divertono negli spazi a loro riservati ed attrezzati con giostrine, gonfiabili ed altri giochi.
Alla domenica l’affollamento è scontato e dunque ci vuole pazienza, ma io già da un po’ di anni quel giro del Montello lo faccio in un giorno tra lunedì e venerdì. 

Le ragioni? Poca gente in giro, gli agriturismo aprono solo dal venerdì sera, molte trattorie sono chiuse e le poche aperte propongono il pranzo di lavoro, pranzo a prezzo fisso, pranzo operaio; comunque si chiami significa mangiare bene a 12 euro, 15 a farla grande. 
Tra queste la mia preferita è “da Mario” alla quale sono affezionato da sempre. 

Sta a fianco del Canale della Vittoria, a sinistra della strada, nel punto dove questa cambia nome, da via Riviera Piave a via X Armata. D’estate è bello accomodarsi nella veranda esterna e in quanto al menù Gianna ed io mangiamo sempre lo stesso: gnocchi al ragù, formaggio alla griglia con sopra fette di soppressa o speck e funghi di bosco. Poi “tirami su” fatto da loro. 
Vino sfuso e prima di partire una grappa di mirtillo, fiducioso che i test alcolemici vengano fatti solo di notte. 

Si riprende e dopo alcuni chilometri di saliscendi e curve che con la moto era un piacere pennellare (ma penso anche con la bicicletta) la strada piega a destra, così come il Piave, che si indirizza verso Ponte della Priula.
Cima Grappa
dalla dorsale

Cima Grappa dalla dorsale

Si lascia il campo di tiro al piattello sulla sinistra e si arriva all’ingresso dell’abitato di Nervesa della Battaglia
Là si volta a destra per via Diaz e subito dopo per via dei Frati e la salitina fino al Sacrario Militare
Un pensiero e una breve preghiera davanti alla lapide di mio nonno materno Giovanni, sottufficiale degli Alpini, fermato da una delle ultime pallottole austriache sparate sul Grappa, pochi giorni prima della fine della guerra. Mia mamma rimase così orfana a due anni e l’Autorità Militare la accompagnò fino a divenire maestra.
Monumento funebre
a Francesco Baracca

Monumento funebre a Francesco Baracca

Fuori dall’area del Sacrario si riprende via dei Frati e dopo circa due chilometri appare sulla sinistra l’indicazione Monumento a Francesco Baracca, comandante della leggendaria 91ma Squadriglia, precipitato nel vicino stagno della “Busa delle rane” il 19 giugno 1918. Aveva trent’anni. Il luogo è intimo e raccolto e il sacello è una sorta di tempietto con otto colonne che sorreggono la cupola. Da là inizia la quasi leggendaria Dorsale del Montello, la strada che lo attraversa sui punti più alti fino al culmine di 360 m.s.l.m. Ufficialmente è la Strada Regionale 348, lunga circa 30 chilometri, tutta stupendamente immersa nei boschi di latifoglie (robinie, roveri, carpini, olmi, faggi). Quel tracciato è considerato un paradiso per i ciclisti e nel 1985 vi si svolsero i campionati mondiali di ciclismo su strada. Le belle curve e controcurve si alternano ai rapidi rettilinei e si passa a fianco della pista da Motocross di Santi Angeli, che circa 60 anni fa mi vide modesto pilota senza successo. Da tempo l’esistenza del complesso è in discussione a causa del suo impatto su un territorio naturale, fragile e delicato.
Il cippo del generale
Giuseppe Pennella

Il cippo del generale Giuseppe Pennella

Più avanti, all’incrocio con la Presa 8, sulla sinistra ecco il cippo con il busto del generale Giuseppe Pennella, comandante dell’8a Armata nella Battaglia del Solstizio (15-23 giugno 1918). 

Qui c’è anche una fontanella quanto mai opportuna ed apprezzata. Si prosegue diritto, se invece si girasse a destra si scenderebbe all’abitato di Santi Angeli, ritornando alla Strada Panoramica, di fronte alla già citata Trattoria “da Mario”. 

Si giunge poi a Santa Maria della Vittoria, frazione di Volpago del Montello, con la chiesa costruita subito dopo la Grande Guerra e che si fregia del titolo di Santuario Mariano. 
Da là in circa dieci minuti si arriva nuovamente a Biadene e il giro del Montello è concluso. 

Quello che ho descritto è il percorso che io preferisco, ma le varianti sono talmente numerose che ognuno può trovare ciò che più gli piace e poi magari cambiare chissà quante altre volte ancora.