Bitcoin: la sconcertante illusione della ricchezza facile
Un interessante incontro il 12 marzo in ALDAI - Federmanager sul Bitcoin: l'argomento d'attualità.
Prof. Fabrizio Pezzani
Docente Universitario presso SDA Bocconi School of Management
Il Bitcoin è una valuta virtuale, senza corso legale e, come tale, non riconosciuta né difesa e tutelata da alcuna istituzione pubblica o banca centrale, ma oggetto di transazioni interattive tra soggetti diversi in una "magic and internet bank". Nonostante questa palese origine virtuale riesce a diventare una trappola della finanza mitologica capace di illudere tutti di una ricchezza facile da realizzare ma assolutamente aleatoria che finirà, come le bolle finanziarie e speculative insegnano, in un dramma annunciato dall’evidenza della storia e dei fatti ma oscurato dall’infinita avidità legata alla sindrome di “Re Mida“. Un dramma annunciato, di cui nessuno, colpevolmente, sembra preoccuparsi di dovere denunciare, a partire dalle istituzioni responsabili degli equilibri sociali ed economici, o quanto meno di mettere in guardia dal rischio della partecipazione a una sorta di roulette russa approntata a danno dei creduloni del “tutto subito e senza fatica“. Come sempre, rimane un enigma la capacità insondabile della psicologia umana di farsi tirare nel dramma da un sottile ed invisibile, nella fattispecie, filo di lana. Ancora una volta sono all’opera i fabbricanti di sogni e di zucchero filato che trovano terreno fertile, in cui gettare l’amo della magia sapientemente contrabbandata da possibile verità; lo stesso termine di criptovaluta contribuisce ad attribuirgli una qualifica esoterica in cui possa essere richiamato il sogno della “pietra filosofale“. Il Bitcoin dimostra ancora una volta il dramma del nostro tempo e le vere origini di una crisi antropologica e non economica o meglio finanziaria come continua, stucchevolmente, ad essere disegnata. La auri sacra fames, come la definisce Virgilio nell’Eneide, viene elevata ad emblema della massima felicità e finisce per illudere l’uomo portandolo ancora una volta di fronte al dramma della vita ed al caos dell’egoismo e dell’avidità senza fine.
Il terreno, in cui il Bitcoin trova ancora spazio, ha le radici nel campo lontano della speculazione, che, nel tempo, ha dato un esclusivo spazio alla tecnica ed alla razionalità, dando ad esse un valore metafisico, che non hanno, a scapito dell’emozionalità, accantonata perché non misurabile. La cultura razionalistica applicata all’economia l’ha, innaturalmente, trasformata da scienza sociale, quale è e quale continua a rimanere, in una scienza esatta. Una modificazione genetica l’ha trasformata da mezzo a fine e fatta finire nell’infinito della finanza “razionale“, priva di ogni fondamento scientifico ma funzionale ad un suo uso di dominio sovranazionale in cui tutti i suoi strumenti di misurazione e persuasione sembrano essere una verità assoluta, quando invece sono totalmente scollegati dal mondo reale. È paradossale l’asimmetria che si è venuta a creare tra la ricerca e l’affermazione della razionalità assoluta dei mercati rispetto all’esplosione dell’emozionalità dell’uomo che, cacciata dalla finestra, rientra prepotentemente dalla porta sulle bolle finanziarie gonfiate dall’immodificabile animo umano .
È sempre l’emozionalità dell’uomo a prevalere sulla sua presunta razionalità, come viene descritto da Galbraith. anche durante la grande depressione nel Great Crash, pubblicato nel 1954, in cui mette in evidenza gli aspetti psicologici sottostanti alla crisi che avevano generato l’illusione della ricchezza ed una straordinaria fuga dalla realtà, a cui invece la finanza avrebbe dovuto sottostare. Gli investimenti in titoli azionari venivano fatti non in rapporto al valore del bene reale che si andava ad acquisire ed ai beni materiali sottostanti, ma unicamente in virtù del margine finanziario derivante dalla speculazione. Infatti, “quel che conta è che domani o la settimana ventura i valori del mercato salgano come ieri o la settimana scorsa per realizzare un profitto“. La speculazione fine a sé stessa si stacca totalmente dal reale per costruire una bolla destinata a scoppiare sulle insane speranze di speculatori accecati dalla loro stessa avidità: il Bitcoin ne è l’esempio lampante.
L’inizio della storia della finanza mitologica trova evidenza piena quando Nixon nel 1971 dichiara la fine della convertibilità della moneta in oro, separando l’infinito monetario dal finito reale e preparando il red carpet ai mercati fintamente “razionali“. Dal 1971 il salto nel vuoto dell’iperuranio monetario avviene con una violenza inaudita ed il valore dell’oro viene fatto, di conseguenza, crollare per sostenere il passaggio ad un diverso sistema valutario e la carta-moneta, priva di un controvalore reale e finito diventa infinitamente incontrollabile. Da quell’anno negli Usa il debito pubblico s’impenna e la bilancia dei pagamenti da positiva diventa negativa, l’inflazione s’impenna pure e, per poter continuare a dare un valore al dollaro, si crea la sua domanda con il petrodollaro che deve sostenere quella valuta.
Nei seguenti grafici si evidenzia come il 1971 sia lo spartiacque tra l’economia reale e la finanza totalmente separata dal mondo reale e dalle quantità finite; i prezzi dei beni e delle valute saranno il frutto di negoziazioni infinite fatte da operatori che si scommetteranno sul nulla, scommesse senza “sottostante” ma funzionali a determinare le aspettative dei prezzi sistematicamente manipolabili a seconda delle necessità sia finanziarie che di potere geopolitico.
Allo stesso modo, i volumi monetari si staccano totalmente da un loro valore reale e finito, moltiplicandosi presso le banche centrali.
Le conseguenze sulla nostra lira e sul nostro paese vengono giustificate come “shock petrolifero“ ma, in realtà, è solo un uso spregiudicato e bellico che consente agli USA di scaricare su gli altri il suo debito, per cui il petrolio da 1,4 $ al barile sarebbe passato, per noi, a 40 $ al barile con il passaggio da un sistema di cambi fissi ad un sistema di cambi flessibili. Noi passeremo nel giro di poco tempo da un’inflazione del 4 % ad una del 24 %, i BTP emessi per coprire il debito avrebbero dato un interesse del 20% illudendo tutti di una ricchezza fasulla ma dando spazio progressivo ad un potere sovraordinato ai singoli stati in grado di determinare le scelte di politica sociale ed economica. Il ballo della lira comincia subito negli anni Settanta per effetto dell’inflazione scaricata sul paese dalla fine del Gold Exchange Standard. Come si vede chiaramente dai grafici sotto allegati, l’impatto del petrodollaro si abbatte sul paese, scaricando l’effetto del petrodollaro, mentre l’economia reale (manifatturiera) viene abbandonata con la delocalizzazione, in favore della pura finanza che rappresenta il mezzo più rapido di arricchimento.
L’evidenza dei fatti si mostra nella drastica variazione del rapporto di cambio tra la lira italiana ed il dollaro: per vent’anni, dal 1955 al 1975, il rapporto di cambio è stato stabile, giacché eravamo in un regime di cambi fissi: per 1 dollaro vi era una contropartita di 624/5 lire italiane. Dopo la fine del Gold Exchange Standard, però, il sistema di cambi flessibili porterà in soli dieci anni - dal 1975 al 1985 - ad un rapporto di cambio che definiva per 1 dollaro una contropartita di 1957 lire italiane. Nessuno ha voluto dire nulla per interessi e debolezza militare, ma il vero problema è che, oggi, nel momento in cui è chiara la verità, la sudditanza di una classe dirigenziale politica ed economica e la loro incapacità culturale sta consegnando il paese in mano ad una finanza predatoria.
Come sopra indicato, la manifattura e l’economia reale, che creano vera ricchezza, vengono abbandonate per lasciare spazio esclusivo alla finanza ed il processo di delocalizzazione funzionale al mantra suicida del “creare valore per gli azionisti“ ed alla riduzione dei costi priverà i due paesi della finanza - USA e GB - dei posti di lavoro necessari per sostenere la classe media, generando una disuguaglianza senza pari nella storia ed una miscela sociale rivoluzionaria che rimane sotto alla cenere. Il distacco dall’economia reale favorisce il formarsi delle bolle e dei folli sogni di ricchezza infinita, perché, senza un confronto con il mondo reale, l’uomo perde la capacità del confronto con i suoi bisogni fondamentali e diventa un oggetto anziché essere un fine.
In questo spazio vuoto il Bitcoin (come prima i sub-prime, le dot-com …) troverà la sua nicchia ecologica per svilupparsi a dismisura.
Così, la carta-moneta, senza un controvalore reale, diventa sterile, come la definiva Tommaso D’Aquino, e tutti gli strumenti della finanza (spread, rating, PIL, derivati, banche d’affari …), fondandosi su un valore monetario sistematicamente manipolabile, diventano una sorta di chewingum da tirare dove si vuole. Il mercato finanziario diventa un casinò dove le roulette sono truccate e chi comanda il gioco non è il caso o la razionalità dei mercati ma gli interessi del croupier che decide chi vince e chi perde. Così ogni singolo giorno siamo sommersi da infinite e sterili analisi, utili solo per chi ce le propina, degli andamenti erratici dei mercati, con previsioni sempre più opinabili ed errate, con andamenti azionari che sembrano montagne russe in un gioco di luci ed ombre, di specchi che trasformano la verità in una sorta di magico ed illusorio gioco della finanza. Eppure, incredibilmente, la gente ormai è disposta a credere a tutto, in una sorta di ipnosi passiva che sfocia in una forma di eutanasia culturale.
La massa monetaria diventa infinita e non controllabile, ma non si fa nulla per limitare l’uso dei derivati speculativi, delle banche d’affari, né si propone un’unica agenzia di rating nella nostra Europa, dove la cultura è asimmetrica rispetto a quella degli USA, che hanno imposto una soffocante ed acritica egemonia culturale.
È chiaro che le responsabilità delle nostre classi dirigenti sono rilevanti, a causa della loro incapacità a mettersi in discussione, reiterando modelli culturali falliti nei fatti. Così, grazie anche alla connivenza ed incompetenza di troppi, il giogo della finanza si trasforma in una garrota mortale che ci trascina verso il default.
Già Keynes, testimone della crisi del 1929, ammoniva in "La fine del laissez-faire "(1931): «Gli speculatori possono non causare alcun male, come le bolle d’aria in un flusso continuo di intraprendenza; ma la situazione è seria quando l’intraprendenza diviene una bolla d’aria in un vortice di speculazione. Quando lo sviluppo del capitale di un paese diventa un sottoprodotto delle attività di una casa da gioco è probabile che vi sia qualcosa che non va bene …. Queste tendenze sono una conseguenza difficilmente evitabile dei mercati di investimento liquidi che con tanto successo noi abbiamo organizzato. Si riconosce generalmente che le case da gioco devono essere nel pubblico interesse inaccessibili e costose e forse lo stesso vale per le borse dei titoli». Il mondo della finanza, totalmente deregolamentato da Greenspan nel 1999 preparerà il terreno al suicidio della finanza stessa, che Keynes definiva come “l’eutanasia del redditiere“.
In questo magma culturale il Bitcoin diventa l’ennesimo pifferaio magico capace di attirare risparmiatori non tutelati dalle istituzioni che, quanto meno, dovrebbero mettere in guardia dal rischio che corrono. Inoltre, la modalità di transazione non tracciabile ed in forma anonima consente, se viene accettato in contropartita, di essere un veicolo di formidabile efficacia nelle attività di riciclaggio di denaro sporco, realizzato con attività illecite. A fronte dell’enorme problema, che la globalizzazione finanziaria ha generato nelle attività di elusione di entrate illecite, dovrebbe essere messa la massima guardia a tutela di un fenomeno che aggira le norme e la fiscalità locale dei singoli stati; ma, come troppo spesso ormai succede, sembra che le attenzioni siano rivolte ad altrove piuttosto che a quelle importanti e destabilizzanti. Il fenomeno della criptovaluta si allarga in quei paesi dove la finanza ha fatto le radici, come gli Usa e la GB, mentre è vietata in altri paesi come la Russia, la Cina e l’India, che si stanno preparando a creare un mercato valutario alternativo al dollaro ed anche convertibile in beni finiti con un possibile ritorno al Gold Exchange Standard. Al petrodollaro si affiancherà il petroyuan?
È possibile, visto che oggi la Cina è il più importante importatore al mondo di petrolio ed ha dimostrato di non avere nessuna intenzione di pagarlo in dollari.
Sembra che l’uomo non voglia mai imparare dalla sua storia e sia perennemente condannato al caos per riscoprire quel senso di solidarietà necessario per sostenere una società civile.
È necessario riportare la moneta a mezzo e l’uomo al ruolo di fine (e non di mezzo, come è oggi) per ridefinire una gerarchia dei suoi bisogni fondamentali, affinché possa riprendersi la propria vita con la libertà di orientarla secondo propri fini, ideali e speranze.