Aumentare il debito pubblico a carico dei giovani non è da padre di famiglia
L’aumento del deficit non è una concessione europea, ma è nei fatti una proposta per scaricare sui giovani il maggior debito pubblico generato dal deficit, al 2,9%. Nessun buon padre di famiglia indebiterebbe i figli pur di continuare a spendere più di quanto si possa permettere. Non abbiamo bisogno di un principe della finanza creativa, ma piuttosto di buon senso e cultura manageriale per affrontare i problemi veri del Paese: l’evasione fiscale, gli sprechi e la corruzione.
Franco Del Vecchio
Segretario CIDA Lombardia – lombardia@cida.it
Le considerazioni che seguono non intendono in alcun modo essere a favore o contro proposte politiche, ma hanno il solo obiettivo di condividere riflessioni di buon senso per far emergere e sostenere democraticamente iniziative per un futuro migliore.
Ad aprile il debito pubblico Italiano ha segnato un nuovo preoccupante record a 2.270 miliardi di €, pari al 134% del PIL. Preoccupante perché, prima o poi i debiti si devono pagare e se non ci riusciremo noi andranno in eredità alle nuove generazioni. Inoltre, l’aumento del debito pubblico implica crescente perdita di fiducia, interna ed internazionale, sulla solidità del Paese e maggiori spese correnti per interessi.
Un buon padre di famiglia di fronte alle difficoltà nel fare quadrare i conti affronterebbe i veri problemi e analizzerebbe le due possibili aree di miglioramento: 1) aumento delle entrate dall'evasione e 2) riduzione delle spese improduttive.
Le informazioni non mancano e solo in termini di evasione fiscale e contributiva ci sono oltre 100 miliardi di € che potrebbero contribuire ad aumentare le entrate. Sul fronte della riduzione delle spese basterebbe realizzare le razionalizzazioni proposte, le “spending review” rimaste nel cassetto e privatizzare gli “asset” non strategici.
Ma quando si tratta di varare piani responsabili per salvaguardare il Paese, prevalgono le logiche elettorali e le iniziative a scapito di qualcuno. Al tempo della lira per rendere competitive le esportazioni si realizzavano svalutazioni a danno di chi aveva titoli in lire e un conto corrente importante, mentre oggi, nell’impossibilità di svalutare l’euro, invece di affrontare i problemi del Paese, si preferisce aumentare il debito pubblico pur di continuare a spendere e sperperare ciò che non possiamo più permetterci.
L’impegno al pareggio di bilancio non è, solo, una promessa fatta all’Europa, che si propone di revocare, ma è soprattutto un impegno con noi stessi e nei confronti delle nuove generazioni. Già oggi il debito è di 37 mila € ciascuno, neonati compresi.
I debiti si giustificano quando è necessario far fronte ad investimenti strategici che permettono di modificare il profilo del bilancio; come ad esempio un mutuo per l’acquisto della casa, che permette di non pagare più l’affitto aumentando il patrimonio familiare. Ma nel caso dell’Italia il maggior debito non ha altra motivazione che la promessa elettorale di ridurre le tasse, continuando a finanziare l’eccesso di spesa corrente. Pur di ammaliare l’elettorato si propone di ridurre le tasse ai padri, aumentando il debito ai figli. Questa è la sostanza, e le persone di sani principi e valori morali sapranno giudicare oggettivamente le proposte economiche che mettono a rischio la finanza pubblica.
Il 2,9 % i deficit per cinque anni produrrebbe un incremento del debito pubblico di 250 miliardi, 50 miliardi l’anno, per un totale cumulato di 2.523 miliardi di €, superando il 140 % del PIL, con conseguenti ripercussioni sugli interessi e sulla fiducia che farebbe lievitare lo spread, come abbiamo purtroppo avuto modo di sperimentare 6 anni fa. Una esperienza che ci ha segnato.
Auspico maggiore responsabilità politica e un evidente impegno per il futuro del Paese, che ci allontani dalle esperienze greche, dalle conseguenze ben note per gli stipendi statali e le pensioni.
Se si vogliono realizzare 50 miliardi l’anno di correzioni di bilancio, affrontando i veri problemi, si potrebbero, ad esempio, conseguire 20 miliardi dall’evasione fiscale, 20 miliardi dalla “spending review” e 10 miliardi dall’alienazione del patrimonio non strategico dello Stato e dall’aumento della produttività.
Invece di distribuire 50 miliardi in riduzione delle tasse, sarebbe utile un investimento articolato e finalizzato a dare una svolta al Paese, ad esempio: 20 miliardi per la competitività e l’occupazione, 10 miliardi per disinnescare le clausole di salvaguardia, 10 miliardi di riduzione delle tasse e 10 per ridurre il debito pubblico. Dieci miliardi di riduzione del debito pubblico sarebbero poca cosa, e corrisponderebbero all’aumento da 2.260 a 2.270 miliardi avvenuti da marzo ad aprile di quest’anno, ma sarebbe un cambiamento di tendenza; la prova che ce la possiamo fare.
L’esempio ha il solo scopo di far capire alla politica che l’elettorato valuterà sempre più le proposte su basi oggettive e sempre meno su posizioni ideologiche. Abbiamo bisogno di proposte per allinearci all’Europa, piuttosto che allontanarci. Più rigore e buon senso per il bene di tutti.