Demagogico ridurre le detrazioni sulle spese sanitarie in base al reddito

Sulle ipotesi di manovra CIDA rileva discriminazioni e punizioni per gli onesti contribuenti, con il tentativo di colpirli dove sono più deboli: cioè le spese per la propria salute e quella dei familiari.
A cura della segreteria CIDA 

Roma, 27 settembre 2019. “Nelle settimane che precedono la messa a punto della manovra finanziaria, trapelano spesso provvedimenti di pura fantasia o di difficile attuazione, ma anche idee decisamente dannose. Fra queste ultime rientra la riduzione delle detrazioni Irpef delle spese sanitarie in base al reddito: verrebbero penalizzati non i più ricchi, ma i pochi contribuenti fedeli che dichiarano redditi medio-alti sui quali hanno già pagato contributi e versate le tasse”. Lo ha detto Mario Mantovani, presidente di CIDA, la confederazione dei dirigenti e delle alte professionalità, commentando una delle ipotesi cui starebbero lavorando i tecnici dei ministeri economici in vista della nota di aggiornamento del Def. “Secondo il recente rapporto di Itinerari previdenziali sulle dichiarazioni fiscali, la spesa sanitaria pro-capite è pari a circa 1.880 euro all’anno e l’intero costo ricade sempre sui pochi contribuenti paganti. Gli attuali scaglioni di reddito sono viziati da una curva di aliquote che è sì progressiva, ma con un andamento piatto all’inizio e una brusca impennata subito dopo, a partire dai 35mila euro di reddito. Così si verifica che il 49% dei contribuenti italiani non risulta avere reddito e, quindi, è a carico della collettività, comprese le spese sanitarie e di welfare. Inoltre, mentre aumentano i contribuenti che presentano la dichiarazione, diminuiscono sia i soggetti realmente versanti, sia i redditi dichiarati; ma a fronte di un aumento di Pil e di occupazione (seppur modesti) e della stessa Irpef, se ne deve dedurre che i cittadini che pagano sono sempre di meno, ma pagano sempre di più. 

Inserire in questo quadro complessivo una riduzione delle detrazioni legate alle spese sanitarie in base al reddito – ha aggiunto il presidente di CIDA - significa aumentare la sperequazione. Si punisce chi fa il proprio dovere di contribuente, e lo si fa colpendolo dove è più debole: cioè le spese per la propria salute e quella dei familiari. 

Siamo consapevoli che il sistema di welfare al quale siamo abituati sta diventando insostenibile, e che occorre mettere al più presto in atto azioni riformatrici. Ma se si vuole mantenere un welfare che possa garantire anche in futuro la coesione sociale e la copertura dei più deboli, è fondamentale investire le poche risorse disponibili in ricerca, sviluppo e sostegno dell’occupazione. Occorre anche, da un lato, il monitoraggio delle entrate fiscali e segnatamente dell’IRPEF e, dall’altro, un serrato controllo della spesa assistenziale. Così come vanno evitate manovre fiscali spregiudicate, che possano incentivare elusioni e evasione fiscale: l’eliminazione delle deduzioni e detrazioni, in un Paese come il nostro, infatti, è un potente ‘motore’ per produrre sommerso. Sarebbe preferibile costruire una banca dati nazionali dell’assistenza che consenta un controllo dell’enorme spesa sociale sostituendo controlli capillari all’inadeguato ISEE che, lungi dal far emergere i redditi, ‘incentiva’ a dichiarare il meno possibile per beneficiare di una numerosissima serie di agevolazioni e benefici collegati al reddito”, ha concluso Mantovani.


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