Regioni: CIDA, la vera autonomia deve essere un modello di eccellenza applicato ai territori
La pandemia ha avuto l’effetto di uno ‘stress test’ sui rapporti Stato-Regioni evidenziandone le criticità: per superarle occorre puntare sui modelli risultati efficienti e replicarli sui territori, tenendo conto delle peculiarità locali
Lo ha detto Mario Mantovani, Presidente di CIDA, la confederazione dei dirigenti pubblici e privati e delle alte professionalità, intervenendo al webinar ‘Autonomia Armonizzata’, abilmente moderato dalla giornalista Rita Querzé e al quale hanno partecipato Attilio Fontana, Presidente della Regione Lombardia; Gian Paolo Dolso, Università di Trieste; Federico Furlan, Università Milano-Bicocca; Stefano Bruno Galli, Assessore all'Autonomia e Cultura di Regione Lombardia; Riccardo Lanzo, Presidente Commissione Autonomia del Consiglio Regionale del Piemonte e Mariastella Gelmini, Ministro per gli Affari Regionali con un significativo messaggio di saluto a favore di una autonomia che passi dalle parole ai fatti, attraverso linee politiche e soluzioni giuridiche effettivamente in grado di realizzarla e declinarla secondo il criterio dell’armonizzazione fra tutti i fattori coinvolti.
“CIDA ha organizzato questo incontro sull’Autonomia – ha detto Mantovani – per riannodare i fili di un discorso già iniziato, che riguarda l’efficienza del nostro modello istituzionale alla luce di mutamenti economici, tecnologici e sociali sempre più pervasivi. La pandemia ha bruscamente interrotto questo ragionamento, ma ha anche indotto ad accelerarlo per rispondere alla necessità di dotarsi di un rapporto Stato-Regioni, che comprenda anche gli enti locali, in grado di garantire migliori servizi a cittadini, a imprese e un utilizzo ottimale dei fondi previsti dal Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza. Siamo convinti che in questa fase di trasformazione occorra attivare tutte le competenze disponibili e, sicuramente, nel mondo che CIDA rappresenta ce ne sono tante, a partire dai medici che sono parte della nostra confederazione, e che sono stati in prima linea in questi mesi. Ma questo discorso vale anche per i dirigenti scolastici, che si sono trovati alle prese con la gestione della didattica a distanza, senza dimenticare i manager privati, che hanno dovuto in pochissimo tempo trasformare le proprie aziende in organizzazioni capaci di lavorare in regime di smart working".
“Come manager dobbiamo adottare un approccio pragmatico, non ideologico, capace di fornire un modello replicabile per la sanità, l’istruzione, l’accesso al lavoro. La strada è quella di individuare i casi di eccellenza, nelle varie fattispecie, e applicarli ai territori, tenendo conto delle loro peculiarità”, ha concluso Mantovani.
Ad affrontare gli aspetti costituzionali del rapporto Stato-Regioni, sono stati i professori Gian Paolo Dolso e Federico Furlan. Il primo ha messo in luce l’eccesso di Dpcm durante l’emergenza sanitaria, usati per limitare gli spostamenti personali nel territorio e fra le Regioni. Una concezione ‘statalista’ che si ritrova anche nella governance del PNRR, in cui il ruolo delle Regioni risulta inadeguato ai loro compiti e non in linea con il dettato costituzionale. Il secondo, ha sottolineato la mancanza di una ‘stanza di compensazione’ istituzionale in cui superare i conflitti Stato-Regioni, rimarcando come il ricorso al TAR dimostri le condizioni patologiche del rapporto.
Stefano Bruno Galli e Riccardo Lanza, sulla base della loro esperienza professionale, hanno parlato di ‘cortocircuito istituzionale’ fra lo Stato e le Regioni. Una situazione paradossalmente conflittuale che va superata in uno sforzo continuo di ricerca della collaborazione, usando e potenziando gli strumenti concertativi previsti dal nostro ordinamento.
Anche il Presidente della Regione Lombardia, nel suo intervento di apertura, ha insistito sulla necessità di affrontare il post pandemia con un nuovo spirito riformista, introducendo le eccellenze professionali per valorizzare i territori e poter ‘mettere a terrà le risorse stanziate nel PNRR.
Il Ministro per gli Affari Regionali, nel suo messaggio al webinar, ha ribadito la necessità di una legge quadro per regolare i rapporti Stato-Regioni, in cui stabiliti i livelli minimi essenziali dei servizi e delle prestazioni, sia dato adeguato spazio all’autonomia regionale. In questa cornice occorre esaltare il principio della solidarietà e dare spazio ad una classe dirigente caratterizzata dal merito e dalla responsabilità.
CIDA è la Confederazione sindacale che rappresenta unitariamente a livello istituzionale dirigenti, quadri e alte professionalità del pubblico e del privato. Le Federazioni aderenti a CIDA sono: Federmanager (industria), Manageritalia (commercio e terziario), FP-CIDA (funzione pubblica), CIMO (sindacato dei medici), Sindirettivo (dirigenza Banca d’Italia), FENDA (agricoltura e ambiente), Federazione 3° Settore CIDA, FIDIA (assicurazioni), SAUR (Università e ricerca), Sindirettivo Consob (dirigenza Consob), Sumai-Assoprof (medici ambulatoriali).
Autonomia Armonizzata
Convegno sulla ripresa per puntare all’eccellenza
9 giugno 2021
Indirizzo di saluto
On. Mariastella Gelmini –
Ministro per gli Affari Regionali e le Autonomie
Ringrazio la Confederazione Italiana della Dirigenza e delle Alte professionalità e il Presidente Mario Mantovani per l’invito all’incontro odierno. Purtroppo impegni istituzionali non mi consentono di partecipare, come avrei voluto.
Già nel titolo il Vostro evento coglie nel segno: da un lato, pone al centro l’autonomia, il cui rilievo nell’agenda delle Istituzioni e nel dibattito pubblico sta tornando centrale; dall’altro lato, con l’aggettivo “armonizzata”, ne declina il concetto mettendo a sistema le ragioni della solidarietà con quelle del merito.
Il riconoscimento di competenze ulteriori ai territori, il rafforzamento del binomio potere-responsabilità, la valorizzazione e responsabilizzazione delle classi dirigenti e del tessuto socio-economico locale, il principio di sussidiarietà, la necessità di congegni perequativi che garantiscano una omogeneità materiale nei diritti di cittadinanza: sono questi a mio avviso i pilastri su cui deve reggersi un corretto approccio regionalista.
Sono infatti persuasa che uno standard uniforme di diritti civili e sociali su tutto il territorio nazionale sia un valore politicamente, prima ancora che giuridicamente, non negoziabile. Spetta allo Stato definire e tutelare i livelli minimi essenziali, il “pavimento” al di sotto del quale non si può scendere, e rispetto al quale nessuna differenziazione territoriale è possibile. Tutte le Regioni devono contribuire, secondo le proprie possibilità, e beneficiare, secondo le proprie necessità, del sistema di
redistribuzione delle risorse.
Parimenti l’impianto regionalista non è e non può essere inteso come una gabbia o una “camicia di Nesso” per soffocare le realtà virtuose e gli amministratori capaci. Occorre dunque guardare con favore al riconoscimento di forme e condizioni ulteriori d’autonomia, alle Regioni che si mostrino motivate e capaci di gestirle a livello di legislazione e di amministrazione. Il riconoscimento del merito è una scintilla che può innescare una sana e fisiologica competitività, che fa bene a tutto il Paese.
L’autonomia, nella mia, visione è un gioco “a somma positiva”, in cui tutti i soggetti coinvolti vincono. In poche parole: meno Stato invadente, dove non serve, e più Stato efficiente, dove serve.
Ma l’autonomia è anche qualcosa in più. Il regionalismo e l’autonomia consentono di creare laboratori locali delle eccellenze, valorizzando le specificità per poi creare modelli virtuosi, che possano fungere da traino per le altre Regioni e lo Stato. L’autonomia e il regionalismo sono meccanismi di crescita collettiva in cui tutti possono beneficiare dello sviluppo e del progresso frutto dell’impegno di ciascuno.
Il nodo centrale di raccordo delle due istanze è la definizione dei fabbisogni e dei costi standard, e l’abbandono del costo storico che, alla prova dei fatti, ha prodotto il risultato di sclerotizzare le inefficienze e le diseguaglianze.
Non vi è dubbio, dunque, che attraverso l’autonomia passi tanta parte della complessiva riforma del sistema Paese, non solo sotto il profilo dell’architettura istituzionale, ma anche del concreto funzionamento della macchina pubblica e degli spazi che in essa le eccellenze pubbliche e private potranno trovare. A noi il compito di far sì che questa autonomia passi dalle parole ai fatti, attraverso linee politiche e soluzioni giuridiche effettivamente in grado di realizzarla e declinarla secondo il criterio dell’armonizzazione fra tutti i fattori coinvolti.
Nella speranza che questo mio contributo possa essere utile al Vostro dibattito, formulo a tutti i presenti i migliori auguri di buon lavoro.