Sean Scully. Long Light a Villa e Collezione Panza, Varese
La mostra Long Light dedicata a Sean Scully, artista americano di origini irlandesi classe ‘45, si inserisce nel percorso di valorizzazione di Villa e Collezione Panza volto a individuare i valori che il luogo esprime e a moltiplicarli attraverso una programmazione di mostre temporanee, acquisizione di opere site specific, attività collaterali quali incontri tematici e progetti didattici, ma anche proposte di visite personalizzate per gruppi turistici e aziende.
Direttore Villa e Collezione Panza e curatore della mostra
La mostra, visitabile fino al 6 gennaio 2020, prende dunque corpo dall’identità e dai caratteri di Villa Panza e della collezione permanente raccolta da Giuseppe Panza di Biumo nella villa varesina a partire dagli anni ‘50 e coinvolge un importante nucleo di ottanta lavori realizzati da Scully tra il 1970 e il 2019 - dipinti, carte, fotografie, sculture, installazioni e video - che ripercorrono circolarmente i momenti chiave della produzione dell’artista.
Le opere, allestite seguendo un percorso cronologico-tematico e in un dialogo continuo e costante con gli spazi della villa, offrono un excursus dai primi lavori degli anni Settanta (Supergrids) in cui intricate trame di linee creano illusioni spaziali da capogiro e generano spazi dinamici e profondi attraverso una particolare vivacità cromatica.
Tuttavia, già a partire dal 1974, la ricerca di Scully evolve e con i Black Paintings il colore sfocia in tonalità più discrete e la materia appare quasi monocroma, come nella serie Overlay e poi con Change 1 del 1975, Fort #1 del 1978 e Upright Horizontals Red Black dell’anno successivo in cui emerge un bisogno inesauribile di sperimentazione.
Proseguendo il percorso di visita s’incontra una sequenza di dipinti realizzati tra il 1981 e il 2005 – anno in cui Scully termina il suo lavoro su Any Questions – che raccontano un nuovo passaggio della sua ricerca, dal Minimalismo all’Espressionismo astratto.
Seguono le opere della serie Passenger, realizzate dal 1999 al 2004, nelle quali l’artista accoglie “inserti” che descrive come “dipinti nel dipinto e paesaggi come finestre aperte sul mondo esterno”. In essi si affaccia l’urgenza di creare una doppia visione attraverso una finestra, dispositivo che connette il mondo interiore con il mondo esteriore.
Volgendo invece lo sguardo dalle opere pittoriche alle fotografie, si scorgono immagini di superfici, forme architettoniche, paesaggi spettrali, rovine, dimore, granai, facciate di edifici abbandonati, immagini di assenza che rivelano un mondo ai margini, in cui l’artista rivede i luoghi della sua infanzia. Le stampe, esposte nella veranda di Villa Panza, documentano alcuni viaggi a Santo Domingo, Londra e nei quartiere di Brixton, Valencia, Barcellona e San Paolo del Brasile e sono per l’artista immagini di luoghi della memoria che portano in sé le tracce della storia.
Si giunge quindi nello studio di Giuseppe Panza, dove è allestito un lavoro della serie Doric, omaggio ad Atene, un tributo ai valori fondanti di simmetria e armonia della cultura classica. In Doric 8.18.18, pastello su carta, Scully mette in relazione la struttura rigida e austera degli ordini classici con l’impalpabile e inconsistente pulviscolo del colore, descrivendo così la dissolvenza delle architetture. L’opera dialoga qui con Omaha Double Snow Door, una fotografia scattata dall’artista durante un viaggio in Nebraska in cui le aperture di forme regolari, inserite in frammenti di muratura, confermano un’insistita ricerca di geometrie.
Attraversati gli ambienti di Dan Flavin nei rustici, nella prima stanza delle rimesse delle carrozze, appare la sequenza di dipinti Wall of Light in cui le abbondanti campiture di coppie di colore, accostate in un dialogo serrato e circoscritte nella forma fondamentale del rettangolo, trascrivono con ampie pennellate, su supporti di lino, alluminio e tela, il ricordo della luce accecante del Messico.
Nella seconda stanza delle rimesse ci accolgono tre dipinti inediti del 2019 intitolati Madonna: le immagini derivano da fotografie scattate sull’isola di Eleuthera e “trasferite” su pannelli metallici, per cogliere una versione contemporanea dell’eterna relazione tra Madre e Figlio.
Nella seconda stanza delle rimesse ci accolgono tre dipinti inediti del 2019 intitolati Madonna: le immagini derivano da fotografie scattate sull’isola di Eleuthera e “trasferite” su pannelli metallici, per cogliere una versione contemporanea dell’eterna relazione tra Madre e Figlio.
Infine un corposo nucleo di lavori della serie Landline (2014-16) testimonia un’ulteriore evoluzione nella poetica del maestro che rompe la griglia, abbandona la trama delle linee replicate e ripetitive delle sue opere precedenti e crea fasce di partiture di colore orizzontali, espressive, irregolari e discontinue, che raccontano di paesaggi e si estendono lungo l’intera ampiezza del dipinto con contorni distesi e sfumati.
Il percorso espositivo si conclude con un lavoro site specific nella serra nel parco, Looking Outward, opera che si aggiunge ai lavori che, dal 2010 ad oggi, gli artisti accolti in villa per progetti espositivi temporanei hanno realizzato e donato dando un contribuito sostanziale allo sviluppo della collezione permanente. Scully per questo lavoro progetta una landline di ventisette windows (20x40 cm ciascuna) che corre in orizzontale per tutta la lunghezza della parete sud della serra. L’opera è composta da variegate partiture orizzontali di colore, in densa pasta di vetro, delimitate da linee talvolta indecise, ma vigorose in cui la giustapposizione di tonalità calde e fredde crea un’atmosfera intima di riflessi cangianti.
Le landline di Looking Outward, attraverso il filtro del vetro e della luce naturale o artificiale, si riflettono all’interno e all’esterno della serra e incidono sulla percezione dello spazio, trasformando l’ambiente in un raffinato caleidoscopio di luci e cromie.
I lavori convocati in mostra sono stati individuati per raccontare gli aspetti meditativo ed emozionale, figurativo-astratto e geometrico-figurativo, che convivono da sempre nella poetica dell’artista e che egli ridisegna e riafferma con ogni sua opera. La sua poetica, espressiva e minimalista allo stesso tempo, e la sua ricerca sul colore, il gesto, gli equilibri, le geometrie e la luce dialogano con le opere della collezione permanente, con l’architettura del museo, i suoi spazi interni e l’ambiente esterno, ribadendo ancora una volta la volontà della Fondazione di proporre mostre legate al luogo che le ospita.
articolo in esclusiva e in collaborazione con