Le professionalità che servono al sistema produttivo

Il settore industriale nella sua fase di massima espansione ha beneficiato di un'ampia offerta di diplomati con percorso professionalizzante

 
 
Infografica Centro Studi Confindustria  accessibile cliccando 
L’ampia disponibilità di diplomati a orientamento professionalizzante (vocational) ha accompagnato il processo di industrializzazione della nostra economia dalla fase di ricostruzione del Dopoguerra fino al miracolo economico e conseguente processo di convergenza dell’Italia rispetto alle principali economie avanzate. La quota di diplomati di tipo professionalizzante sul totale dei diplomati era il 60% negli anni Cinquanta e ha toccato poi il punto di massimo assoluto (77,5%) durante il boom economico degli anni Settanta quando l’incidenza dell’industria raggiunse il picco del 44% in termini di quota di addetti.

La relazione osservata non equivale a dire che l’istruzione professionalizzante è stata la “causa” e l’industrializzazione l’“effetto”, ma che esiste un legame tra la quota di diplomati in uscita dagli istituti tecnici e professionali sul totale diplomati e la quota di addetti dell’industria sul totale degli occupati e la forza di questo legame è misurata dal coefficiente di correlazione che è pari a 0,9[1].

Il sistema produttivo assume i diplomati di tipo professionalizzante. L’elemento che accomuna le imprese manifatturiere e quelle dei servizi è la preferenza rivelata da parte di entrambi i settori per i diplomi di tipo professionalizzante, la somma di diplomi di istruzione tecnica e professionale: 84% il peso nella manifattura a fronte del 16% dei diplomi a contenuto generalista rilasciati dai licei. La manifattura mostra una particolare predilezione per i diplomati tecnici con 2 dipendenti su 3, mentre i servizi manifestano anche uno spiccato gradimento per i liceali (27%).

Molti profili di diplomati a indirizzo «professionalizzante» sono introvabili non solo per carenza di offerta ma anche a causa del gap di competenze, tra quello atteso dalle imprese e quello posseduto dai candidati al momento dell’assunzione.
L’innalzamento nel medio periodo della qualità complessiva dell’istruzione degli istituti tecnici per allineare i punteggi nei test cognitivi ai livelli dei licei rappresenta un obiettivo fondamentale per rilanciare l’attrattività degli istituti vocational. Si può restituire a tutti gli istituti tecnici il ruolo trainante per l’economia locale, mettendo a fattor comune le buone pratiche di scuole tecniche eccellenti sparse nei territori, ma comunque resilienti, come in passato, quando hanno lanciato il made in Italy nel mondo durante il «miracolo economico».

[1] Il coefficiente può assumere valori all’interno del seguente intervallo:
+1 = massimo legame positivo o diretto: al crescere dell’una cresce anche l’altra
- 1 = massimo legame negativo o inverso: al crescere dell’una l’altra decresce
0 = assenza di relazione lineare tra i due fenomeni

1 commenti

A.R. :
Ho molto apprezzato l’analisi del Centro Studi Confindustria. Da anni sostengo lo sviluppo della formazione tecnica d’eccellenza per rispondere alle richieste delle imprese produttive e offrire concrete opportunità di lavoro ai giovani, come ho commentato nell’articolo d’opinione “La formazione tecnica è la leva per lo sviluppo del sistema produttivo” A. R.
lunedì 03 maggio 2021 12:00
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