Rapporto Ingenium 2023
Il potenziale dei beni strumentali italiani nel panorama internazionale
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Un contesto in cui l’anormalità diventa la nuova regola…
Negli ultimi anni le imprese italiane hanno dovuto far fronte al susseguirsi di numerosi shock, mettendo a dura prova l’adattabilità delle proprie strategie per poter tenere testa al ritmo incalzante delle nuove sfide: prima il voto per la Brexit in UK che ha reso più incerta la solidità del mercato unico europeo, poi l’improvviso svuotamento delle istituzioni multilaterali internazionali sotto la Presidenza Trump negli Stati Uniti con l’acuirsi della conflittualità USA-Cina, ancora più grave e di portata globale lo scoppio della pandemia con le conseguenti strozzature nelle filiere globali, fino al deflagare della guerra in Ucraina in seguito all’invasione russa e alla crisi energetica. L’elevato grado di integrazione con cui le imprese erano abituate a operare lungo le catene globali del valore ha reso ancora più difficile il doversi adattare al nuovo contesto di business unusual, in cui si sta riconsiderando l'attuale assetto delle filiere come strategia di resilienza.
… e in continua evoluzione per le transizioni in atto
Insieme agli effetti dei numerosi shock sopra elencati vanno considerati quelli prodotti dalle tendenze di lungo periodo, come la digitalizzazione e i cambiamenti climatici. Le imprese, infatti, si trovano a dover innovare di continuo per tenere il passo sia con il progresso tecnologico, sia per l’adozione di strategie di produzione sempre più sostenibili. Ne emerge un quadro di riferimento caratterizzato da un elevatissimo livello di complessità (Grafico A).
L’economia globale rallenta tra inflazione e politiche monetarie restrittive
Il rimbalzo della domanda globale post-pandemia e la guerra hanno fatto accelerare l’inflazione, in seguito all'aumento dei prezzi delle commodity, in particolare di quelle energetiche. I prezzi sono iniziati a salire più rapidamente nella seconda metà del 2021, soprattutto per la ripresa della mobilità delle persone, ma anche per l’elevato ammontare di risparmi accumulati per l’incapacità di spendere durante la pandemia, soprattutto negli USA. L’inflazione in Europa ha iniziato ad accelerare in modo molto più marcato dopo lo scoppio della guerra in Ucraina e il blocco di importazioni di idrocarburi dalla Russia. In seguito al picco raggiunto durante l’inverno 2022, l’inflazione ha intrapreso un percorso di discesa. Per accelerarne la riduzione le banche centrali hanno intrapreso una serie di rialzi dei tassi, con effetti recessivi anche per la crescita economica mondiale. Il periodo di elevati tassi d’interesse sarà tanto più lungo quanto più persistente sarà il tasso di inflazione che, seppure già in calo, è attesa restare sopra l’obiettivo del 2% nel 2023.
Aumenta il rischio di una domanda mondiale più debole e di bassi investimenti
Il contesto di riferimento è particolarmente sfidante per l’export italiano di macchinari, che si trovano di fronte a un rallentamento della domanda globale. I tassi d’interesse elevati costituiscono, in particolare nei paesi avanzati, una zavorra per la componente della domanda che maggiormente incide sull’export di beni strumentali, ovvero gli investimenti. Inoltre, la forte presenza dell’export italiano in alcuni mercati emergenti dovrà fare i conti con un più elevato grado di rischio paese per il differenziale dei tassi rispetto ai paesi avanzati, che potrebbe portare a fughe di capitale e instabilità nei tassi di cambio. Infine, l’incertezza nei mercati internazionali causata dalla guerra in Ucraina e dalle tensioni politiche USA-Cina rischia di innescare cambiamenti strutturali nell’equilibrio delle catene globali del valore, dalle quali spesso dipendono le strategie promosse dalle imprese.
Le transizioni digitale ed ecologica permeano il futuro dell’economia
Gli eventi degli ultimi anni hanno solo accelerato un processo già evidente nell’economia mondiale. La “doppia transizione”, digitale ed ecologica, rappresenta da tempo una delle principali sfide che le imprese devono affrontare, ma può portare con sé un grande potenziale di crescita. La stessa Unione europea, destinando circa 127 miliardi di euro per riforme e investimenti digitali connessi ai piani nazionali di ripresa e resilienza, ha riconosciuto la necessità di accelerare il processo di digitalizzazione dei paesi membri. L’indice di digitalizzazione dell’economia e della società (DESI) pubblicato dall’UE segnala come l’Italia abbia un ampio divario da colmare verso le altre economie europee (l’Italia si colloca al 18° posto fra i 27 paesi membri nel 2022). Sarà quindi cruciale sfruttare con la massima efficienza i cospicui fondi del PNRR, circa 48 miliardi di euro, destinati alla trasformazione digitale. Inoltre, un ottimale utilizzo di tali risorse agirebbe da propulsore nel processo di transizione ecologica, permettendo la digitalizzazione degli impianti energetici per ottimizzarne il funzionamento e interconnetterli alla rete. È evidente come le imprese svolgano un ruolo chiave di connessione tra la transizione digitale ed ecologica, essendo capaci di apportare innovazioni su entrambi i fronti.
La servitizzazione è un elemento cruciale per la crescita delle imprese
Tra i principali passi che le imprese devono compiere per rimanere competitive vi è quello di fornire servizi aggiuntivi oltre al prodotto venduto. L’importanza di tale aspetto acquisisce sempre più rilevanza anche per essere competitivi sui mercati internazionali. Più in dettaglio, si stanno sviluppando rapidamente servizi più evoluti, quali e-learning o realtà aumentata/virtuale, per l’accrescimento delle conoscenze specifiche del personale e dei clienti. Altrettante opportunità derivano da una maggiore implementazione di piani di manutenzione predittiva mediante sensoristica e l’incremento, all’interno del portafoglio, di servizi volti ad accrescere o modificare l’originaria funzionalità/produttività del prodotto. La performance delle imprese potrebbe inoltre giovare dall’offerta, finora poco sviluppata, di servizi di ottimizzazione di processo quali il pay per volume/use e machine as a service.
Automazione, creatività e tecnologia (ACT) dei macchinari italiani come leva di competitività
Nell’affrontare lo scenario internazionale, l’Italia può contare sulle esportazioni a elevata sofisticazione di beni strumentali. In particolare, su quelli che si distinguono per l’alta intensità di automazione, creatività e tecnologia. ACT comprende 202 categorie di prodotto che si articolano in 12 comparti legati alla produzione di macchinari e accomunate soprattutto dall’elevato grado di precisione, da una presenza dell’elettronica sempre più pervasiva rispetto alla parte meccanica, dall’agilità nell’adottare soluzioni su misura e da un crescente contenuto di servizi nell’offerta di vendita (Grafico B). Per molte categorie di beni l’Italia esprime un vantaggio competitivo sia in termini di prezzo applicato per la vendita, sia, a parità di prezzo, per le più elevate quantità di macchinari vendute, e non sorprende risulti leader mondiale nella produzione di molte categorie di macchinari.
La performance delle imprese italiane nei vari settori è stata molto buona
Nonostante l’elevato grado di incertezza, nel 2022 le aziende italiane del settore dei macchinari industriali ACT hanno registrato un miglioramento di oltre il 14% sulla media del triennio 2019-2021 a prezzi correnti. Performance che vede l’Italia sopra a Francia e Germania. Nel 2022 l’Italia è cresciuta del doppio circa rispetto alla Francia e ben di otto volte rispetto alla Germania per le esportazioni di Macchine per l’industria tessile. Ancora più positivi sono stati i risultati nel settore dei Sistemi e componenti meccatronici per la trasmissione di potenza, dove l’export italiano è cresciuto più di tre volte rispetto a quello dei due principali concorrenti europei. Spicca infine la performance, solo apparentemente moderata, dell’Italia nei Macchinari e materiali per fonderie. In quest’ultimo settore, infatti, l’Italia è l’unica a registrare una crescita dell’export, mentre Francia e Germania perdono quote di mercato.
L’Italia è tra i primi esportatori sia per quota di mercato sia per competitività tra i fornitori internazionali di prodotti ACT
Nel 2020 l’Italia si è qualificata quinta, dietro Cina, Regno Unito, Germania e Austria, come fornitore internazionale più competitivo sul totale dei 202 prodotti considerati. I principali importatori di macchinari ACT provenienti dall’Italia rimangono gli Stati Uniti, seguiti dalla Germania e dalla Cina. L’importanza di questi tre mercati è rimarcata dal peso della loro domanda sull’intero ammontare delle esportazioni italiane ACT. Infatti, includendo anche Francia e Spagna, che risiedono al quarto e quinto posto per quota di importazioni, questi cinque paesi rappresentano più di un terzo dell’intero ammontare di esportazioni mondiali italiane di beni ACT. Tuttavia, dal 2018 al 2020 la domanda mondiale di beni strumentali ACT ha rallentato e in maniera più marcata quella di beni italiani, risultando in una contrazione delle quote di mercato di 1,4 punti percentuali. Nonostante ciò, l’Italia è riuscita a mantenersi nella parte alta della classifica per quote di mercato con una quota pari all’8,8%.
L’export ACT vale quasi 28 miliardi di euro…
Il valore delle esportazioni di macchinari italiani ACT nel mondo può essere diviso per mercati di destinazione. Quelli ad avere maggior peso nell’export delle eccellenze italiane ACT sono i mercati avanzati, che insieme ne assorbono più di 18 miliardi di euro. Il valore delle esportazioni nei mercati emergenti è invece più limitato e registra poco più di 9 miliardi di euro. L’export di ACT è cresciuto in particolar modo nelle Americhe, tanto del Nord quanto in America Latina e nei Caraibi, così come nel continente europeo, destinazioni che hanno registrato la crescita maggiore nel corso del 2022 rispetto ai tre anni precedenti.
… e altri 16 miliardi di potenziale sfruttabile
Nonostante le prospettive della domanda mondiale siano in rallentamento, con le economie avanzate a registrarne quello più marcato, rimangono significative le possibilità di ampliare l’export di prodotti ACT. Il potenziale sfruttabile sembrerebbe distribuito equamente tra paesi avanzati ed emergenti (circa 8 miliardi di euro in ciascuna macroarea), suggerendo quindi alle imprese di accrescere le loro quote di mercato in entrambi. Il Grafico C offre a colpo d’occhio la distribuzione geografica in dollari delle esportazioni dell’ACT italiano nel mondo.
Mercati avanzati ed emergenti pongono sfide diverse ma offrono entrambi un elevato potenziale sfruttabile
Per quanto riguarda i mercati avanzati, la notevole dimensione del mercato USA pesa molto sulla determinazione delle quote di export italiano ACT. Il settore dei Sistemi e componenti meccatronici per la trasmissione di potenza è quello che potrebbe trovare più domanda negli Stati Uniti, con un potenziale di export aggiuntivo stimato in circa 675 milioni di euro. Altrettanto significativo è il potenziale nel mercato statunitense per le Macchine e stampo per materie plastiche e gomme e Macchine utensili, robot e automazione (rispettivamente 403 e 223 milioni di euro). Francia e Germania presentano lo stesso potenziale, 600 milioni di euro; tuttavia, questo sembra essere più concentrato in pochi settori per la prima (oltre il 50% in Sistemi e componenti per la trasmissione di potenza) e più distribuito per la seconda (il potenziale massimo per settore è di 119 milioni di euro in Macchine utensili, robot e automazione). Il Canada e l’Austria seguono da vicino con rispettivamente 600 e 500 milioni di euro totali di potenziale export sfruttabile (Tabella A).
Il potenziale aggiuntivo negli emergenti è guidato dal mercato cinese, dove è ancora sfruttabile il 52% del potenziale di export totale per un ammontare pari a circa 2 miliardi di euro. Questo potenziale in Cina è dovuto in larga parte alla dimensione del mercato che, in ottica futura, sarà anche favorita dai tassi consistenti di crescita dell’economia superiori alla media mondiale, alimentati dalla rapida ripartenza post-pandemia. In Turchia, al secondo posto tra gli emergenti, l’export già realizzato è di 1 miliardo di euro circa, a fronte di un potenziale totale di 1,8 miliardi. L’India è il terzo paese emergente con più ampio potenziale per l’Italia (600 milioni di euro), ed è anche il paese del G20 che cresce più velocemente e potrebbe avere una rilevanza notevole nei prossimi anni. Tra gli emergenti si segnalano anche i paesi del Sudamerica, in particolare Messico e Brasile che, rispettivamente, offrono 400 e 300 milioni di euro di potenziale sfruttabile.
L’Italia compete soprattutto con Germania, Cina e Giappone
La Germania è il primo concorrente dell’Italia in quasi tutti i mercati avanzati. Il fattore di vicinanza geografica rafforza la sua presenza nei paesi europei, prima di tutti Austria e Svizzera, legate alla Germania anche da fattori linguistici e culturali. Nel caso dei mercati emergenti la concorrenza tedesca rimane ugualmente pervasiva. Mentre la Germania compare spesso tra i concorrenti nei mercati occidentali, soprattutto negli Stati Uniti, la Cina è un forte competitor nei paesi emergenti. Tuttavia, nonostante molti prodotti cinesi facciano capo alle stesse categorie merceologiche, questi risultano spesso qualitativamente inferiori alle controparti italiane. Ne deriva che gli esportatori italiani, malgrado la marcata sovrapposizione delle quote cinesi, potrebbero ottenere risultati migliori se riuscissero a raggiungere più efficacemente i loro clienti nei mercati emergenti puntando alla qualità dei prodotti e dei servizi offerti.
Il potenziale sfruttabile negli emergenti è accompagnato da un maggiore rischio di credito
Pandemia prima e guerra poi hanno contribuito a un deterioramento marcato del rischio in vari paesi. A risentire maggiormente di questi fattori sono stati i paesi emergenti, sia per le loro economie più fragili, sia per la mancanza di una risposta d’insieme su cui hanno invece potuto contare, ad esempio, i paesi europei. In molti casi si è assistito a un indebitamento più elevato sia per il settore pubblico sia per quello privato che, a loro volta, hanno indotto un peggioramento generalizzato nel rischio di credito. Per comprenderne le implicazioni, l’analisi del potenziale si accompagna a quella del rischio che ciascun mercato presenta (Grafico D). Non sorprende il posizionamento così elevato di Russia e Ucraina nella scala di rischio di credito, essendo i due paesi direttamente coinvolti nel conflitto. Rimangono piuttosto sicuri i paesi avanzati, che peraltro rappresentano la destinazione più rilevante per le esportazioni di ACT. Non può infine essere trascurata la Cina, paese con il potenziale di export maggiore, che al momento non presenta un rischio di credito elevato, ma che i delicati scenari internazionali in corso potrebbero far peggiorare.
L’export italiano ACT verso i paesi ASEAN fatica dopo la pandemia
L’andamento dell’export italiano dei beni ACT nei paesi ASEAN ha registrato una brusca frenata a causa della pandemia con un calo di quasi il 29%. A differenza delle vendite verso il resto del mondo, che sono riprese a ritmi sostenuti nei due anni successivi, quelle dei beni ACT hanno registrato un nuovo calo nel 2022. Tuttavia, se si guarda alla performance delle esportazioni ACT prima del 2020, ci sono buone ragioni per restare ottimisti sul potenziale di questi paesi. L’ultimo decennio ha visto il Vietnam spodestare Indonesia e Thailandia dai primi posti come mercato di sbocco dei beni ACT italiani. Una crescita dell’export ACT verso questo paese in larga parte guidata da importanti piani di investimento e che le imprese dovrebbero monitorare per intercettare veri e propri boom settoriali nei prossimi anni. Thailandia e Indonesia rimangono tuttavia mercati dal potenziale significativo e insieme rappresentano il 50% delle destinazioni ASEAN dei beni ACT nel 2022. La prima si è dimostrata in grado di sviluppare negli anni una manifattura avanzata e ben diversificata che, nonostante possa contare su una buona capacità produttiva interna, consente alle imprese italiane di sfruttare le opportunità di export grazie alla loro assoluta posizione di vantaggio in un’industria thailandese che punta sempre di più verso una manifattura a maggiore valore aggiunto.
Le barriere non tariffarie e i mancati pagamenti sono i principali ostacoli dell’export ACT verso gli ASEAN
Al contrario di quanto avviene per l’esportazione di molti prodotti italiani verso i paesi ASEAN, i beni ACT godono di un trattamento doganale alquanto favorevole grazie alla loro strategicità nel promuovere lo sviluppo, l’avanzamento tecnologico e la competitività dell’industria domestica. Se le barriere tariffarie non rappresentano un ostacolo ai prodotti italiani ACT, non è altrettanto vero per le cosiddette barriere non tariffarie. Queste misure sono presenti soprattutto in Vietnam e nelle Filippine, meno in Thailandia. Alle difficoltà che le imprese devono affrontare per commerciare i loro prodotti in questi paesi si aggiunge poi il significativo rischio di mancato pagamento. I tassi di insolvenza delle imprese non finanziare nella regione asiatica sono aumentati sensibilmente dalla crisi pandemica, rimanendo ben al di sopra della media globale. Un fattore da tenere costantemente sotto controllo data la peculiarità dei beni ACT di essere spesso venduti prevedendo pagamenti dilazionati nel tempo.
Date le sfide del contesto globale è necessario intervenire su vari assi per la competitività delle imprese (Tabella B).
In un contesto sempre più incerto è bene rafforzare gli accordi commerciali già esistenti e porre le basi per dei nuovi
Il susseguirsi di eventi che hanno scosso le economie globali e messo a dura prova le catene di produzione altamente complesse e frammentate ha evidenziato l’importanza di stringere accordi che garantiscano il corretto svolgimento delle attività anche in condizioni di elevata complessità. Per l’Italia questo vorrebbe dire rafforzare i suoi legami commerciali principalmente con i paesi dell’Unione europea, un importante sbocco per le vendite di macchinari ACT (circa il 41% delle esportazioni) e la principale fonte di investimenti diretti verso l’Italia, ma non solo. Sarà infatti cruciale rinsaldare il legame tra Stati Uniti e UE e fondare nuovi accordi di libero scambio per fronteggiare una concorrenza sempre più intensa e rafforzata da accordi tra paesi terzi, come ad esempio il Regional Comprehensive Economic Partnership (RCEP) in Asia. Le sinergie prodotte da nuovi accordi commerciali internazionali, nonostante escludano l’Europa dai loro firmatari, dovrebbero essere comunque sfruttate dalle imprese italiane per rafforzare la loro posizione in quei mercati.
L’esperienza da parte dei clienti acquisisce maggiore rilievo per le imprese
Anche nel settore dei beni strumentali la richiesta dei clienti è sempre più orientata verso una maggiore personalizzazione dei prodotti, una comunicazione più trasparente e servizi aggiuntivi post-vendita. Le imprese dovrebbero, quindi, impegnarsi a rivedere i propri paradigmi e ripensare il proprio orientamento strategico per soddisfare le richieste del cliente e valutare la sua esperienza. Il percorso da seguire per raggiungere l’ideale livello di servitizzazione dei macchinari ACT parte da una prima fase di reattività dell’azienda cui segue la capacità di anticipare i bisogni dei clienti, gestire i dati, organizzare l’intera azienda e, infine, giungere al disegno di prodotti e utilizzo di dati per rispondere ai bisogni della clientela.
La sostenibilità è sempre più imprescindibile nelle strategie di impresa
Aumenta sempre di più l’attenzione verso la sostenibilità in senso ampio, ovvero che include tematiche ambientali, sociali e di organizzazione aziendale. Le imprese sono quindi spinte verso nuove modalità di business. Se nel passato era infatti sufficiente soddisfare i bisogni dei soci (shareholder), oggi le strategie delle imprese non possono più trascurare tutti i portatori esterni di interesse (stakeholder). Questo nuovo paradigma si traduce nell’abbandono della valutazione della performance di un’impresa tramite la bottom line del conto economico, ossia l’utile/perdita, per spostarsi verso la cosiddetta triple bottom line. Il valore creato dall’impresa non risiede più esclusivamente nella sua capacità di fare profitto, ma è valutato alla luce della dimensione economica, ambientale e sociale. Le forti pressioni di una domanda sempre più vicina a modelli di consumo sostenibili e gli interventi e gli obblighi normativi posti dal governo e dall’UE, implicano per le imprese una necessaria riflessione sui loro piani strategici. La promozione di uno sviluppo sostenibile sposa, quindi, la massimizzazione del valore piuttosto che quella del profitto e vede le imprese migliorare le proprie caratteristiche e vocazioni tramite il perseguimento di obiettivi di sostenibilità a medio termine.
Servitizzazione e sostenibilità procedono a braccetto
La crescente necessità di dimostrare ai clienti la sostenibilità dei processi produttivi, unita a quella di migliorare continuamente l’efficienza dei processi, potrebbe favorire la circolarità anche attraverso il riutilizzo di macchinari industriali e/o materiali. In un percorso mirato alla sostenibilità dell’impresa dovrebbe prevalere, a parità di performance, l’utilizzo di prodotti a basso impatto ambientale e di ultima generazione, consentendo un minor consumo energetico delle macchine utensili e la riduzione degli sprechi. È inoltre necessario costruire macchinari riparabili anche nelle loro componenti, in caso di malfunzionamenti nel corso della loro vita. Infine, la quantità degli scarti prodotti può essere ulteriormente diminuita collaborando con i propri fornitori per ridurre il materiale utilizzato negli imballaggi in ingresso e riciclandolo per l’imballaggio dei pezzi in uscita.
Innovare per restare competitivi
Operare sui mercati internazionali e fare, quindi, fronte a un elevato grado di concorrenza di per sé richiede alle imprese di innovare per rendere il proprio prodotto distinguibile da quello dei propri competitor. Le tendenze in atto legate a sostenibilità, transizione digitale e sfide di adattamento all’elevato grado di incertezza, rappresentano un’ulteriore spinta al continuo aggiornamento dell’offerta lungo tutta la sua filiera. L’innovazione, sia di prodotto che di processo, è un elemento cardine per accrescere il valore aggiunto generato dall’impresa. In tal senso, una strategia può prevedere l’introduzione di un nuovo bene o l’aggiunta di un servizio su uno già in commercio, così da offrire al consumatore una gamma di prodotti in continuo miglioramento per quanto riguarda le componenti tecniche, i materiali utilizzati, le modalità d’uso o altre caratteristiche funzionali. Il raggiungimento di un vantaggio competitivo per un’impresa deriva altresì dal suo impegno nell’innovare il metodo di produzione e distribuzione dei prodotti, con la diffusione delle tecnologie 4.0 (o meglio 5.0 per l’enfasi rivolta anche agli aspetti legati alla sostenibilità e alla centralità della figura umana nei processi produttivi), che rende le componenti meccaniche ed elettroniche all’interno dei macchinari sempre meno distinguibili e in continua evoluzione.
Gli investimenti nella raccolta dati e informazioni giocano un ruolo fondamentale per superare le sfide future
Oltre ai fondamentali interventi sul portafoglio di prodotti, sulla rete di vendita, sui processi dell’organizzazione e sulle tecnologie, per comprendere le dinamiche dei propri clienti e la redditività è prioritario investire nella raccolta di dati e informazioni. Chi riuscirà a procurarseli più rapidamente avrà senza dubbio un vantaggio competitivo significativo. Ciò può avvenire sia raccogliendo dati già esistenti, il cui uso potrebbe abilitare campagne commerciali nuove e immediate fonti di potenziale profitto, sia con la definizione di un sistema di dati integrati che servirà per abilitare lo sviluppo di nuovi servizi. Le imprese saranno quindi chiamate a dotarsi di un solido framework digitale e tecnologico per raccogliere da remoto i dati sull’utilizzo e sulle prestazioni del prodotto.