Riprese e ripartenze
Nel corso del quarantasettesimo Forum The European House Ambrosetti, conclusosi nel primo fine settimana settembrino, il premier Mario Draghi è intervenuto, davanti a politici, imprenditori e accademici italiani, sottolineando come la forte crescita che stiamo sperimentando non sia solo un normale rimbalzo dopo la crisi dello scorso anno, ma anche e soprattutto un rimbalzo forte a tutti gli effetti
Manuela Biti
Presidente ALDAI-Federmanager
Sebbene il timore più comune nei prossimi mesi sia rappresentato da un eventuale ritorno alle chiusure, il clima si conferma positivo, tanto che nel primo trimestre del prossimo anno dovremmo, si stima, aver raggiunto il livello del Pil che avevamo prima del Covid.
Segnali positivi di ripresa arrivano poi anche dal mondo delle imprese: l’indice destagionalizzato Pmi (Purchasing Managers Index) del settore manifatturiero italiano, stilato da IHS Markit, registra un forte rialzo (dal 60.3 di luglio al 60.9 di agosto). A influire sul risultato è la produzione in crescita, segnalata dalle imprese intervistate, e i nuovi ordini – soprattutto le esportazioni – generalmente aumentati per tutto il comparto.
Dall’altro lato, si accelera anche sulle politiche attive del lavoro: è infatti recente la notizia dell’imminente avvio del programma GOL – Garanzia per l’Occupabilità dei Lavoratori – presentato a imprese e sindacati dal Ministro del Lavoro, Andrea Orlando: 5 miliardi di fondi europei, tra Recovery e Piano React-EU, per coinvolgere 3 milioni di persone, soprattutto disoccupati donne e giovani, entro il 2025.
In questo contesto che sembra essere quindi caratterizzato dai primi concreti, e confidiamo duraturi, segnali di ripresa, la differenza ancora una volta la faranno le persone e nelle imprese, in prima linea, ieri come oggi, ci sono i manager.
A più di un anno dalla crisi pandemica, manager e aziende, siano esse multinazionali o piccole e medie imprese, sono chiamati ad affrontare soprattutto tre grandi sfide: la transizione ecologica, la rivoluzione digitale e non ultimo il riposizionamento sulle nuove catene globali del valore, oggi in grande subbuglio. Tre terreni distinti, su cui si giocano gran parte delle future partite competitive ma con in comune un unico denominatore: la necessità di investire nella creazione di nuove competenze.
Competenze e meritocrazia, non a caso sono anche alcuni dei punti che i nostri manager espatriati all’estero reclamano a gran voce come aspetti latenti del panorama industriale del nostro Paese: dalle interviste che gli abbiamo rivolto, i nostri colleghi sottolineano come, secondo loro, il modello italiano si presenti poco competitivo e limitante se confrontato con le realtà europee d’oltralpe.
A questo tema, sempre attuale e aperto a confronti interessanti, abbiamo dedicato il focus di questo numero che, non a caso, contiene anche un approfondimento sul nuovo servizio Federmanager denominato “Foreign executive desk” rivolto agli associati che hanno lavorato o stanno per iniziare un percorso professionale all'estero.
Il desiderio è quello che il nostro Paese possa tornare attrattivo e rappresentare una fucina di talenti e opportunità per i manager e le giovani generazioni. Segnali concreti di un’inversione di tendenza a favore di questa direzione sembrano però esserci già adesso: nel secondo trimestre del 2021, infatti, l'Istat ha stimato un aumento del 2,7% rispetto al trimestre precedente e del 17,3% in termini tendenziali rispetto allo stesso mese del 2020, quando crollò di più del 12%. Un dato molto forte spinto da industria e servizi, che supera di slancio la crescita media dei 19 Paesi dell'euro. Italia meglio quindi di Francia e Germania. Se ciò venisse confermato anche nei prossimi mesi, potrebbe essere un volano per richiamare nel nostro Paese manager e giovani brillanti che si sono visti costretti a cercare strade al di fuori dei confini italici per mancanza di prospettive, meritocrazia e fame di futuro.
La speranza è che questo momento in cui si cominciano a respirare venti di quella tanto attesa e auspicata normalità rappresenti non solo una sfida per manager e imprese, ma anche uno scenario di opportunità da cogliere. Solo così ci avvicineremo sempre di più a quello che già oggi le ricerche definiscono il manager del futuro, vale a dire un manager multitasking, internazionale e multiculturale, vista l’elevata interconnessione tra settori diversi (Industria 4.0, Green e Circular Economy).
01 ottobre 2021