Nell'Italia del futuro, manager, merito e intelligenza collettiva

L’avvicinarsi del tradizionale e importante appuntamento con l’Assemblea Annuale, un evento molto sentito non solo dall’Associazione ma anche dagli iscritti come momento di confronto e di approfondimento, offre tradizionalmente l’occasione per una panoramica delle attività e dei servizi che hanno caratterizzato l’anno appena trascorso.

Bruno Villani

Presidente ALDAI-Federmanager
Il consueto incontro annuale è quindi occasione per fare il punto sul lavoro realizzato finora e sul ruolo dell’Associazione in termini di valore restituito ai soci sotto forma di servizi, iniziative e valorizzazione della categoria. Si impone però anche una riflessione ben più ampia sulla situazione non facile di un Paese che nell’era dell’Industry 4.0 ha tutte le potenzialità per consolidare la sua posizione di seconda nazione manifatturiera in Europa.
Se da un lato infatti, la recessione tecnica degli ultimi due trimestri 2018 suona come un campanello d’allarme e richiama l’attenzione sulla necessità di aumentare l’impegno e la collaborazione fra tutte le rappresentanze sociali per un concreto impegno per il rilancio economico e valoriale del Paese, dall’altro abbiamo recentemente appreso che, nonostante questo, la produzione industriale in Lombardia è tornata invece a crescere.  
Il quarto trimestre 2018 ha segnato infatti un +1% rispetto al trimestre precedente, confermando la crescita media annua vicina al buon risultato dello scorso anno (+3% contro il +3,7% del 2017). Un dato incoraggiante reso noto da Unioncamere, che conferma come la creatività, il valore delle competenze unite alle opportunità Industry 4.0 e l’intelligenza collettiva di enti, manager, associazioni, istituzioni, università e imprese costituiscano una combinazione unica per una maggiore collaborazione delle aziende e dei lavoratori chiamati a dare un forte segnale di vitalità.
È risaputo: i dirigenti hanno pagato il prezzo più alto della crisi. Le imprese industriali con almeno un dirigente in organico dall’inizio della crisi ad oggi sono diminuite di circa il 16%, con una flessione percentuale del numero dei manager pari circa al 9% in 7 anni, invece, il numero medio di dirigenti è più che raddoppiato nelle aziende che contano tra 11 e 50 manager.  
Questo dato deve essere analizzato all’interno di un contesto industriale dove la maggior parte delle realtà (circa 98%) è costituito da piccole e medie imprese, molte delle quali non sono sopravvissute anche per il cambio di paradigma 4.0. Ora però stiamo piano piano assistendo ad un cambiamento culturale, un nuovo punto di vista che vede manager e imprenditori in prima linea inseriti in un dialogo strategico e vincente per il rilancio dell’asset industriale e la ripresa del sistema Paese.
La ricetta vincente necessaria: una nuova cultura d'impresa basata sulla managerialità.
Come associazione di rappresentanza dei dirigenti siamo chiamati quotidianamente alla difesa dei diritti del manager nei momenti di difficoltà. Per fare questo è necessario un filo diretto con gli associati, capire le loro esigenze prima ancora che si palesino, anche attraverso l’uso di sondaggi. Uno di questi è quello realizzato in occasione di Merito e Talento 2019, in collaborazione con il Forum della Meritocrazia che ha evidenziato il ruolo e la posizione di manager su tematiche quali la partecipazione e il sostegno finanziario a startup, al coinvolgimento nei CdA fino all’importanza della meritocrazia nelle aziende.
I risultati di questa survey evidenziano una grande apertura dei nostri manager all’innovazione, la disponibilità alle sfide di una carriera internazionale e soprattutto una grande attenzione ai nuovi modi di fare impresa, dedicando, ad esempio, il proprio tempo, ma anche, e soprattutto, i propri capitali al lancio di nuove startup, atteggiamento che si riscontra in modo assai simile tra i manager uomini e donne.
I manager interpellati, che appartengono prevalentemente (oltre il 60%) alla grande impresa, sono inoltre fermamente convinti dell’importanza della meritocrazia per la competitività delle aziende e l’engagement dei lavoratori (oltre il 92%) e attribuiscono alle imprese un valore medio su questo aspetto anche se un manager su due ritiene le aziende italiane meno meritocratiche rispetto a quelle estere. 
Se da un lato il nostro non è percepito come uno stato meritocratico, è indubbio che esso sia una fucina di idee e di talenti ed è nostro compito come manager essere il volano di un patrimonio di grandissimo valore, come quello del capitale umano, vera chiave di volta per la ripresa di un sistema chiamato Paese.
C'è molto da fare certo, ma come diceva Seneca "non è perché le cose sono difficili che non osiamo, è perché non osiamo che sono difficili". Quindi, avanti tutta!