Filo Diretto Dirigenti Dicembre 2022
Come sempre accade in seguito a devastazioni climatiche o gravi situazioni di crisi legate al comportamento dell’uomo, dopo un periodo di “stordimento” più o meno prolungato, inizia la fase di consapevolezza e analisi delle cause che hanno portato alla situazione di crisi, elementi che diventano utili alla ripartenza. Oggi ci troviamo in questa fase.
Andrea Molza
Presidente Federmanager Bologna - Ferrara - Ravenna
Stiamo iniziando a vivere la fase finale del ciclo di crescita e miglioramento e siamo consapevoli che nulla sarà più come prima: abbiamo iniziato a ragionare senza preconcetti, mettendo in discussione tutto, a partire dalle posizioni di forza, sia politiche, sia economiche.
Dal punto di vista energetico, ad esempio, mi sembra di cogliere idee e soluzioni aperte a una maggiore mescolanza di fonti di approvvigionamento, apertura che consente ad ogni Paese di perseguire le soluzioni più adatte al proprio contesto, nel rispetto di un obiettivo condiviso di riduzione delle emissioni entro il 2030.
Per quanto riguarda la pandemia, ancora molto presente, ma meno virulenta, si comincia a considerala endemica: un ospite permanente, anche se non gradito, a tutte le occasioni di convivialità.
Anche l’inaspettata, brutale e devastante guerra che stiamo vivendo in Europa, con l’angoscia e la preoccupazione economica che ha scatenato, comincia a lasciar trasparire spiragli di cessate il fuoco.
Tutte queste considerazioni mi portano a pensare che il futuro sarà molto diverso dal presente e dal passato, anche se ancora non possiamo scorgerlo con chiarezza.
Ho letto di recente un articolo di Roger Abravanel, direttore emerito
della società di consulenza McKinsey & Company, in cui l’autore
afferma che l’Italia non è un paese per manager, perché qui si parla
troppo di imprenditori e poco di manager.
Ciò a cui l’autore fa
riferimento è la realtà delle Pmi, caratterizzate da un capitalismo
familistico, tipicamente italiano, poco basato sulle competenze
manageriali e sul merito, che, seppur valido per guidare la ripresa
industriale del dopoguerra -perché basato su competenze tecniche forti-,
risulta oggi insufficiente per gestire la complessità e la volatilità
del contesto attuale.
Abravanel conclude affermando la necessità di essere: grandi, internazionali e manageriali.
Abravanel conclude affermando la necessità di essere: grandi, internazionali e manageriali.
Condivido
molto di questo pensiero, ma ne vorrei dare anche un'altra lettura, che
a mio avviso potrebbe essere la chiave di volta per le nostre
eccellenti, ma spesso piccole, aziende imprenditoriali. La soluzione a
mio avviso sta nell’adeguatezza delle competenze manageriali all’azienda
che ne beneficia.
Azzardo una riflessione che riguarda la nostra
realtà associativa per spiegare ciò che intendo dire. Mi sono spesso
chiesto se il fatto di chiamarci Federmanager fosse dovuto a chiarire
anche fuori dal nostro paese che noi Dirigenti siamo Manager – l’Italia è
infatti l’unico paese ad avere un contratto specifico per i Dirigenti e
una definizione nel codice civile - o che attraverso questa definizione
volessimo darci un obiettivo, e cioè fare del Dirigente di una PMI,
figura apicale di riferimento dell’imprenditore, un Manager.
Accade
spesso che il dirigente, soprattutto se cresciuto all’interno di
un’unica azienda, non sia un manager, ma l’uomo di fiducia
dell’imprenditore, colui che sposa l’azienda, ma che spesso non
acquisisce sensibilità e flessibilità necessarie a gestirla, soprattutto
se il contesto, come quello attuale, è in costante evoluzione.
Concludo
dicendo che, a mio avviso, nel prossimo futuro dovremmo vedere PMI che
riescono a competere con successo nel mondo perché hanno imparato a
investire e a delegare a Manager (dirigenti o quadri) adeguatamente
formati da precedenti esperienze - magari in multinazionali -, pronti a
fare la loro parte e ad impegnarsi su un progetto condiviso, consapevoli
che nel futuro il successo della propria azienda dovrà essere anche
sostenibile.
02 dicembre 2022