Le pompe di calore e le condizioni per accelerarne la diffusione

La transizione energetica in atto coinvolge anche le tecnologie del riscaldamento, che hanno una enorme rilevanza in termini di decarbonizzazione e richiedono modifiche nei comportamenti e nell’economia.

di Giuseppe Tomassetti

La transizione energetica in atto coinvolge, tra l’altro, le tecnologie del riscaldamento, che hanno una enorme rilevanza in termini di decarbonizzazione e richiedono modifiche nei comportamenti e nell’economia. Ciò porta le istituzioni a chiedere agli operatori contributi di analisi e di previsioni. In particolare, la Commissione europea chiede contributi per un piano di azione per accelerare la diffusione nella UE delle pompe di calore (PdC), mentre ARERA ha da poco completato una consultazione in Italia sullo stesso tema.

Esse, nelle applicazioni per riscaldamento residenziale, estraggono calore dall’ambiente esterno e lo trasferiscono nell’edificio a temperatura più alta azionate da elettricità, garantendo un grande salto in termini di riduzione dei consumi di fonti primarie ed emissioni di gas serra.
Giuseppe Tomassetti, Vicepresidente FIRE

Giuseppe Tomassetti, Vicepresidente FIRE

Ci sono, però, alcune barriere alla diffusione delle pompe di calore.
Un primo ostacolo deriva dal dubbio che le reti elettriche di distribuzione possano reggere l’aumento della domanda di elettricità senza interruzioni del servizio in tutte le aree.
È dunque importante prevedere investimenti in tal senso. Sarà utile avere una maggiore trasparenza sulla effettiva capacità delle reti di distribuzione nelle singole aree residenziali, finora previste per servire carichi non contemporanei, di servire queste nuove utenze continue per molte ore al giorno.

Nelle applicazioni autonome, le caldaie a metano hanno un costo capitale che cresce lentamente con la potenza, conseguentemente, sono sovradimensionate rispetto al fabbisogno di calore, permettendo la produzione istantanea dell’acqua sanitaria; così hanno promosso un uso concentrato, giusto quando serve.
Le PdC invece hanno un costo che cresce molto con la potenza, così conviene impiegare potenze limitate per impieghi continui e per produrre l’acqua calda si richiede un ingombrante serbatoio di accumulo o un sistema dedicato.

Storicamente le PdC hanno prestazioni inversamente proporzionali al salto di temperatura da coprire, sono quindi privilegiate le applicazioni in edifici con sistemi di riscaldamento a bassa temperatura (edifici non molto diffusi in Italia) e con forti capacità di accumulo del calore (condizione invece positiva dei vecchi edifici con muri spessi).
Si stanno comunque diffondendo PdC ad alta temperatura capaci di operare anche in presenza dei classici termosifoni con prestazioni elevate.
Le industrie propongono inoltre impianti ibridi, integranti elettricità e metano, che garantiscono il servizio pur essendo più ingombranti e costosi.

Ciò consente di intervenire in tutti i contesti senza necessariamente ridurre la domanda di energia degli edifici. Agire sull’involucro, tema oggetto di recenti scontri politici nel Parlamento europeo e nelle Commissioni, consente peraltro di ridurre al minimo l’impatto sulla rete elettrica prima indicato, pur di fronte a costi maggiori, ed è dunque preferibile laddove possibile.

È inoltre possibile agire sulle abitudini degli utenti.
La gestione impiantistica in edifici con PdC è meno rigidamente affidata ai termostati, come avviene per le caldaie con potenza esuberante: si evita lo spegnimento notturno non recuperabile al mattino per la potenza limitata, si privilegia il funzionamento a piena potenza nelle ore più calde della giornata quando sono più efficienti, specie autoconsumando la propria elettricità fotovoltaica, accumulando calore nelle strutture dell’edificio.
Sostanzialmente è una gestione che chiede agli occupanti una maggiore comprensione dei fenomeni, maggiore attenzione ai dati e più flessibilità.

Come indicazione della forza delle abitudini nel settore del riscaldamento residenziale, basti ricordare che anche gli utenti delle reti di teleriscaldamento generalmente effettuano lo spegnimento notturno, nonostante i pesanti effetti negativi sull’efficienza delle reti.
Generalmente la fonte di calore è costituita dall’aria esterna all’edificio, libera e gratuita; anche questa soluzione può avere i suoi inconvenienti, specie nei centri urbani coi grandi condomini.

Localizzare all’esterno lo scambiatore coi suoi motori può essere molto difficile se non previsto nel progetto, sia per la struttura che per le autorizzazioni; nasce poi una sorgente di rumore attiva e disturbante anche nelle ore notturne, tema già oggetto di normativa in Francia. Gli studi urbanistici già trattano il tema delle isole di calore create dagli impianti di condizionamento; il tema si accentuerà e avremo anche le isole di freddo.
Ogni ostacolo può però divenire occasione di sviluppo; specie nelle aree di nuova urbanizzazione, nelle pianure e lungo i fiumi. Le imprese del settore acque potrebbero attivare la fornitura di acque grezze superficiali, non potabili, per alimentare gli scambiatori delle PdC d’estate e d’inverno (forse anche per i sanitari e l’irrigazione del verde), da reimmettere poi in falda (cosiddetto teleriscaldamento freddo).

Come FIRE abbiamo recentemente dedicato alla promozione dell’elettrificazione dei consumi uno studio condotto in collaborazione con IEEPC e sponsorizzato da ENEL X e un documento con le osservazioni al DCO di consultazione 449/2022/R/EE di ARERA.