Learning Mindset Manageriale

Paolo Fanti intervista Franco Amicucci su competenze e ruolo del manager - formatore.

di Paolo Fanti

Nell'affrontare le sfide mutevoli del mondo manageriale, la capacità di adattamento e di apprendimento emerge come fattore vincente. Abbiamo intervistato a questo proposito Franco Amicucci - sociologo, formatore, coach, editore multimediale presidente di Skilla, e tra i pionieri del digital learning in Italia - per condividere prospettive e nuove idee sulle competenze richieste ai manager moderni e sulla loro trasformazione in manager-formatori.
Paolo Fanti, Revisore e Coord. Comm. Manager Evolution Quadri e Manager apicali Federmanager Bologna-Ferrara-Ravenna

Paolo Fanti, Revisore e Coord. Comm. Manager Evolution Quadri e Manager apicali Federmanager Bologna-Ferrara-Ravenna

Prenderemo spunto da una recente iniziativa di Fondirigenti che lo ha recentemente coinvolto, insieme al Prof. Raoul Nacamulli e al prof. Luigi Serio, in una ricerca mirata a realizzare un modello di sviluppo dei processi di apprendimento, attraverso una mappatura degli orientamenti delle Imprese e un identikit del ruolo del dirigente, per diventare Manager Formatore. Scopriremo che il "learning mindset" è l'elemento chiave per guidare le organizzazioni attraverso il cambiamento e l'innovazione.

Franco Amicucci, quali competenze occorre sviluppare nei manager per essere capaci di portare un contributo innovativo nei diversi contesti di impresa in cui operano?

Lo scenario post-pandemico ed i comportamenti sono decisamente mutati, la sfida posta ad ogni manager è quella di essere protagonista di questo cambiamento e di essere riferimento e guida per tutto il suo gruppo di lavoro. Deve prima di ogni cosa comprendere i cambiamenti in atto, i nuovi scenari operativi e gli impatti sul proprio contesto. Per questo deve rafforzare la cultura e le competenze digitali, curare i propri collaboratori - con l’ascolto e le attività di sviluppo - per meglio coinvolgerli e responsabilizzarli. Sviluppare il proprio team e saper delegare permetterà ad ogni manager di liberare la risorsa più preziosa, il tempo, per investire sulle attività manageriali più strategiche e meno gestionali. Ormai è chiaro che i cambiamenti più significativi generati dalla trasformazione digitale riguardano lo smart working, la semplificazione dei processi orientata all’agilità organizzativa e gli investimenti in sistemi organizzativi evoluti.

Ma cosa si intende per agilità organizzativa? La “learning agility” si riferisce all’orientamento degli attori organizzativi verso il «growth mindset» che consente loro di mettersi in gioco per apprendere nuove competenze a fronte dei processi di cambiamento.
Per questo parliamo di “learning mindset”: un atteggiamento aperto all’apprendimento continuo all’interno delle organizzazioni che cambiano per far fronte a sempre nuove sfide.
Quindi le competenze sono la vera “risorsa energetica manageriale” strategica per il futuro?

I più recenti studi sul management indicano nelle competenze non solo un indispensabile elemento di competitività dell’impresa, ma anche e sempre di più un fattore critico per la sua stessa sopravvivenza. I cambiamenti di uno scenario economico e geopolitico sempre più incerto e mutevole, unitamente alle grandi transizioni nel campo della sostenibilità e della digitalizzazione contribuiscono infatti a far emergere con forza l’importanza della formazione del capitale umano come principale fonte di vantaggio competitivo, fattore che accelera la trasformazione del ruolo manageriale. In termini manageriali, ciò significa che chi ha la responsabilità di guidare gruppi più o meno ampi di collaboratori, è e sarà sempre più chiamato a presidiare e gestire le dinamiche legate alle competenze, immaginando organizzazioni nuove (dal punto di vista delle modalità di lavoro e dei processi) capaci di valorizzarle al meglio. Per far questo, serve coniugare competenze e relazioni per divenire un “open manager”, ovvero un manager con uno stile di gestione aperto, in grado di creare le condizioni per una migliore flessibilità, adattabilità e capacita? di innovazione, caratteristiche essenziali per un’organizzazione moderna e resiliente. E, allo stesso modo, capace di sfruttare la forza dirompente delle relazioni e delle interdipendenze: come mostra l’esperienza degli ultimi anni, infatti, solo dalle contaminazioni (e dalla capacità di attivare e mettere in rete le diverse competenze) sorgono le migliori opportunità.

Si parla spesso di formazione per il manager, ma occorre anche aprire alla prospettiva che il manager stesso sia in qualche modo “formatore”. Hai contribuito recentemente su questo ad una importante ricerca per Fondirigenti: cosa è emerso dallo studio?

Uno dei risultati più importanti della ricerca Fondirgenti, è stato quello di aver evidenziato la presenza di cluster di imprese che richiedono un approccio manageriale e formativo, differenziato o meglio, personalizzato. Con Nacamulli e Serio, insieme alla direzione di Fondirigenti, abbiamo rilevato la presenza di tre tipi di imprese ben caratterizzate in tre gruppi distinti o “cluster”. 

Il primo cluster lo abbiamo definito “Imprese organiche”, caratterizzato da imprese che stanno evolvendo, soprattutto nell’innovazione dei processi con la digitalizzazione, ma mantengono la struttura organizzativa e gerarchica più vicina al modello industriale (quello che meglio conosciamo nella storia delle organizzazioni).

Il secondo cluster lo abbiamo definito “Imprese trasformative”, con imprese coinvolte in innovazioni importanti, dei modelli organizzativi, dei mercati, dei modelli di business, con un forte impatto sulla cultura e sui modelli manageriali.
In questa tipologia di imprese, che nel campione Fondirgenti rappresenta ormai la maggioranza delle imprese, è richiesto un forte investimento in “re-skilling / up-skilling” di tutte le persone. I manager quindi hanno un doppio compito: lavorare su se stessi per l’innovazione delle proprie competenze e formare i collaboratori a nuovi contesti, culture e compentenze.

Il terzo cluster è rappresentato dalle “Imprese agili”, modello presente in imprese di servizi, nuove organizzazioni, spesso nate con questo modello, dove i gruppi sono spesso autoregolati, si lavora per progetti, il singolo passa di gruppo in gruppo seguendo i vari progetti, i manager sono meno operativi, perché la delega e la leadership diffusa è la caratteristica di queste organizzazioni, e più posizionati sulla continua innovazione del business, innovazione continua dei processi, cura delle persone.
Elemento centrale di questo “passaggio obbligato” per il management è il rafforzamento della propria capacità non solo di formarsi, ma anche di formare, in una logica di “life long learning”, occupandosi in modo non episodico ma proattivo (come mentor, formatore o coach) delle competenze dei propri collaboratori.  Emerge, quindi, la necessità di disporre di una “bussola” dei fabbisogni di formazione e di sviluppo per porre i dirigenti nelle condizioni di giocare in modo fruttuoso un ruolo attivo nei processi di apprendimento all’interno delle aziende del nostro Paese.
A partire dalla tua lunga esperienza nel campo della formazione e dell’apprendimento quali sono quindi le metodologie che permettono di creare organizzazioni che apprendono e far evolvere il “learning mindset” manageriale?

Per coltivare un "learning mindset", è necessario adottare metodologie innovative, che sappiano coinvolgere, motivare ed appassionare le persone. L'aula tradizionale rimane importante,
ma deve integrarsi con nuovi approcci ed i linguaggi dell’era digitale. L'apprendimento deve estendersi all'ambiente di lavoro dove si apprende dall’esperienza, al social learning, al digital learning e al coaching. Questo mix di metodologie crea un ambiente in cui l'apprendimento è costantemente incoraggiato e supportato. Inoltre, è importante stabilire indicatori chiari per monitorare l'impatto di queste iniziative. Questi indicatori possono includere il benessere del team, l'aumento della learning agility, l'istituzionalizzazione del social learning e l'impatto sulle performance complessive dell'organizzazione. Per gestire questa nuova concezione dell’apprendimento, è importante costruire academy evolute, che facciano da regia delle molteplici opportunità di apprendimento, formali e non formali, presenti nelle organizzazioni. I primi formatori dell’academy di nuova generazione saranno allora i manager, perché consapevoli che il loro stile di leadership, il comportamento quotidiano, la consapevolezza che un colloquio, una riunione, una decisione, un feedback sono veri e propri momenti di apprendimento.
Al tempo stesso, il manager dovrà acquisire le competenze per delineare percorsi di sviluppo dei propri collaboratori, utilizzando tutte le opportunità fisiche e digitali presenti nel proprio ecosistema aziendale.

Franco Amicucci

Franco Amicucci

Franco Amicucci

Franco Amicucci, sociologo, formatore ed editore multimediale.
Nel 2000 fonda Skilla società di riferimento per le metodologie didattiche innovative, presente con i suoi corsi e-learning multilingua in più di 50 paesi del mondo. L’ultimo suo libro è  “Apprendere nell’infosfera” collana HR-Innovation AIDP, Franco Angeli, 2021.