Rinascita Manageriale
La perduta stabilità lavorativa e la difficoltà di ricollocarsi dei dirigenti sono figlie dell’evoluzione accelerata dei prodotti, dei servizi e degli assetti di mercato che caratterizza il nostro tempo. Il fenomeno riguarda noi, ma anche quella che in sindacalese si definirebbe “controparte datoriale”. Non a caso abbiamo varato una grande iniziativa comune.
Massimo Rusconi
Presidente Federmanager Torino
Vi era un tempo, non lontanissimo, in cui il dirigente poteva contare su una certa stabilità del posto di lavoro e nel caso in cui lo avesse perduto poteva con relativa facilità trovare una ricollocazione. Questa stabilità era in diretta connessione con quella dei prodotti e dei mercati dell'industria, ove l'evoluzione avveniva con tempi mediamente lunghi, permettendo
di utilizzare e capitalizzare le conoscenze e le esperienze cumulate.
In realtà, già negli anni novanta in alcuni settori vi erano chiari segnali di cambiamento e di accelerazione dei cicli di vita dei prodotti, dei servizi e degli assetti di mercato, con conseguente necessità di drastici cambiamenti o almeno profondi adattamenti delle organizzazioni aziendali, nella speranza di sopravvivere.
Un chiaro esempio è rappresentato dal settore ICT, che è stato letteralmente sconvolto in tutto il mondo e dove si è assistito addirittura alla scomparsa di aziende eccellenti, ma anche alla contemporanea nascita di altre, a rapidissima crescita, le cui offerte ed esperienze hanno in seguito, a catena, inciso in modo trasversale in tutti i settori industriali e non. A partire dai primi anni duemila il fenomeno si è manifestato con un andamento decisamente accelerato, presentandosi come una vera rivoluzione industriale che ha fortemente toccato i comportamenti delle persone, le loro competenze professionali, i loro ruoli lavorativi e sociali.
Le imprese, specie le piccole e medie (Pmi), sono state toccate da questa rivoluzione che ha comportato forti difficoltà e chiusure, riversatesi inevitabilmente anche sulla dirigenza con conseguenti numerosi licenziamenti non sempre seguiti da degna ricollocazione.
Federmanager non è rimasta inerte e si è mossa con alcune iniziative a favore dei dirigenti inoccupati, quali l'outplacement, attraverso accordi con primari attori del settore (e addirittura l'acquisizione della società Cdi Manager) e la valorizzazione delle competenze.
A mio avviso la più interessante ed innovativa è stata la seconda, con il programma Be-manager, che ha qualificato centinaia di colleghi come innovation manager, temporary manager, export manager, manager di rete, figure definite da apposite norme UNI e certificate da terze parti, RINA e Accredia che hanno rilasciato un certificato spendibile sul mercato.
Restava però una lacuna importante: come valorizzare questa certificazione presso le imprese? Come convincerle che i colleghi certificati erano una garanzia per le loro necessità?
E' stato quindi inevitabile coinvolgere in un progetto di più ampio respiro Confindustria, per condividere il fatto che più che controparti ormai siamo consorti, nel senso letterale che condividiamo le sorti buone e meno buone. Far capire che non è normale che solo meno del 20% delle imprese italiane abbiano almeno un dirigente; che nei momenti critici e ancor più nelle rivoluzioni, come quella attuale, un buon management può fare la differenza.
La risposta c'è stata e molto forte, con la creazione dell'ente bilaterale 4.Manager che ha il compito di aiutare ed accelerare la managerializzazione delle piccole imprese con iniziative ad hoc.
Sono stati finanziati interessanti progetti “pilota”, quasi tutti di successo, con una portata limitata in termini numerici, ma certamente indicatori della bontà della via intrapresa.
01 gennaio 2022