Arezzo
Dalla Val di Chiana al Casentino
Renato Ganeo
Federmanager Vicenza
Arezzo è indubbiamente bella e piace già provenendo dal raccordo autostradale, quando lo sguardo punta in alto sul campanile della cattedrale, per gli aretini “il Duomo”. Nel periodo della mia permanenza lavorativa avevo avuto modo di conoscerla, ma una rivisitazione ci stava benissimo e Gianna era d’accordo con me. L’albergo era centrale, in piazza Guido Monaco (circa 991-1033), il creatore del pentagramma. La parte storica va visitata interamente a piedi, ma ben sapendo che la città è parecchio “in salita” (anche se poi si trasforma “in discesa”) decidemmo di spezzare su due-tre itinerari. Da piazza Guido Monaco prendemmo via Roma e poi a sinistra per salire corso Italia, dove si trovano forse i migliori negozi, dalla gastronomia all’abbigliamento ed anche antiquariato.
Le stradine laterali sono numerose e tutte graziose ed
ogni tanto ci infilavamo per qualche decina
di metri e scoprivamo accattivanti trattorie,
con i menù scritti sulla lavagnetta esterna.
Arrivati alla Pieve di Santa Maria girammo a
destra e in ulteriore salita eccoci in Piazza
Grande (piazza Vasari), dove mensilmente
si svolge una famosa fiera antiquaria e due
volte l’anno si corre la Giostra del Saracino,
splendida manifestazione in costumi storici. Si stavano smontando gli allestimenti
dell’edizione estiva appena conclusa.
L’area intorno a Piazza Grande fu scelta
per numerose scene de “La vita è bella”,
film Premio Oscar del 1997 con Roberto
Benigni. Sostammo di fronte alla vetrina del
negozio del protagonista, il libraio ebreo
Guido Orefice.
Proseguendo in salita ecco il Passeggio del Prato, vasta spianata a giardino pubblico sul quale spicca la statua di Francesco Petrarca e location di numerosi eventi e manifestazioni. Pochi passi ed entrammo in Duomo, imponente costruzione gotica con grandi vetrate ed affreschi tra i quali primeggia “La Maddalena” di Piero della Francesca. Passando di fronte al Palazzo del Comune e a quello della Provincia tornammo in Piazza Grande dove fu facile scegliere un accogliente ristorante per il pranzo, proprio sotto le arcate sul lato lungo della piazza.
Quale meta di una escursione un poco fuori
porta scegliemmo la Val di Chiana Aretina
(esiste anche quella Senese), nota anche
per la mucca che ne prende il nome, da
cui la famosa carne “di chianina”. Le soste, necessariamente rapide ma sufficienti
ad apprezzare le tre cittadine, furono a Castiglion Fiorentino, Cortona e infine Monte
San Savino. Approfittammo della sosta in
quest’ultima per acquistare, in un negozio
segnalatoci, della porchetta locale la cui
caratteristica è data dall’aggiunta nella preparazione del finocchietto selvatico, che
bilancia il sapore dell’aglio, ingrediente necessario ma non da tutti amato. Va tenuta
presente la caratteristica comune di questi
piccoli centri, dei borghi medioevali dal delizioso centro storico che impone però di
lasciare l’auto nei parcheggi esterni (a volte
non sufficienti e non vicinissimi) ed effettuare la visita a piedi. Valga quale esempio nel
Veneto la preziosa Asolo, in particolare nelle giornate festive.
Nuovo giro in Arezzo con prima meta la Pieve di Santa Maria, grande ed austera in stile
romanico, poi breve discesa su corso Italia
fino a Palazzo Bacci e girando a destra su
via Cavour fummo in Piazza San Francesco
con l’omonima Pieve, costruzione gotica
dalla facciata incompiuta ed i cui affreschi
all’interno, primo fra tutti la “Leggenda della Croce” di Piero della Francesca, meritano
un minimo di tempo.
Ci accomodammo poi per una consumazione al dirimpettaio Caffè dei Costanti, che non pochi aretini vorrebbero classificato quale monumento storico essendo stato aperto nel 1805. Dopo la pausa, il rientro in albergo fu questione di pochi minuti e per giunta in discesa. È implicito che il nostro girovagare ci abbia portati a conoscere, o meglio a ri-gustare, la cucina locale, proposta in pratica da tutti i ristoranti e trattorie e, con la premessa che né Gianna né io siamo “carnivori”, le nostre preferenze andarono alla pasta con i più diversi sughi, tra i quali evidenzio un pappardelle “sulla” lepre, non “con” la lepre; dettaglio non banale. Poi il repertorio dei crostini (quelli “neri” con fegato sminuzzato), affettati con in testa prosciutto e porchetta (vedi sopra), formaggi di pecora e capra con finale di panna cotta ed i turistici cantuccini con il vin santo. Probabilmente non siamo stati originali ma ci è piaciuto così.
Il ritorno fu non meno interessante, decidemmo infatti per un percorso scoperto circa trent’anni prima, quella volta però con la motocicletta. Dopo una breve sosta per una “merenda” alla Corte dell’Oca di Subbiano (dove si mangia e si alloggia, come sta scritto sull’insegna) attraversammo Bibbiena ed eccoci in Casentino. Dirigemmo poi verso Poppi, inserita nell’elenco dei comuni più belli d’Italia e salimmo fino al castello per goderci il panorama. Altra sosta alla Stele di Campaldino, che ricorda la battaglia dell’11 giugno 1289 tra fiorentini ed aretini; vi combatté anche il cavalleggero Dante Alighieri e ne possiamo leggere nel quinto canto del Purgatorio.
Non meno nota è l’Antica Farmacia, risalente al 1450 e molto bella da visitare, con la precisazione che si tratta di un negozio che vende ogni specialità “prodotta” dai monaci: liquori, tisane, cosmetici, dolci, ecc. Il tutto è acquistabile anche online con pagamento a mezzo carta di credito, dunque l’e-commerce è entrato anche là. In un quarto d’ora fummo a Badia Prataglia, piccolo ma importante centro turistico delle Foreste Casentinesi e confine tra la Toscana e l’Emilia Romagna. Percepimmo lo scollinamento da un versante all’altro e l’inizio della discesa verso Bagno di Romagna, Cesena, Ravenna. A quel punto decidemmo che avremmo potuto anche fermarci e cenare in una trattoria che ricordavamo nel Bosco della Mesola. A casa mancavano centocinquanta chilometri, da fare con calma.
Articolo Dirigenti nordest
28 febbraio 2022