60mila morti/anno, ma con alta qualità di vita

La qualità di vita è un’opinione e dipende dai punti di vista, ovvero dal peso degli indicatori utilizzati. L’articolo mette a confronto le diverse classifiche stimolando utili riflessioni.

Gianni Soleni 

Federmanager Venezia
Oggi è una giornata grigia con un panorama grigio su sfondo grigio e cielo grigio. E umore grigio. Le webcam che visiono al computer dicono che in montagna c’è sole e caldo, beati loro, anche se è prevista neve e freddo polare.

Approfitto del tempo poco esaltante per perdere mezz’oretta ad approfondire un argomento che ha attratto la mia curiosità (come dicono i due Alberti – Einstein e Pilotto – “non ho particolari talenti, sono solo appassionatamente CURIOSO”). Mi sono capitati sott’occhio infatti alcuni articoli che forniscono le graduatorie (n.d.a., graduatoriE e non graduatoriA) delle città italiane dove si vive meglio, ovvero dove la “Qualità della vita” (QDV) è migliore.

Oggi il “must” sembra mettere tutto in competizione ed in “concorrenza”, anche l’ambiente in cui viviamo, e dobbiamo darci da fare per (dimostrare di) essere al TOP.

Prendo in mano una prima classifica, valida per il 2021, pubblicata a metà novembre 2021 da un settimanale (ItaliaOggiSette per non fare nomi) in collaborazione con l’università La Sapienza di Roma. Mi interessano in particolare le città del Nord Italia e del Nord-Est in particolare, visto che qui ci vivo e vorrei sapere dagli esperti se ci vivo bene o meno. Parma è in testa, seguita da Trento, poco dopo Bologna, Milano, Trieste etc. In breve, gran parte della testa della classifica è occupata da città della Pianura Padana. Stilo una prima tabellina dove elenco su due colonne Città e Classifica. Lo studio ha considerato 9 dimensioni di analisi (Affari e Lavoro, Ambiente, Istruzione e Formazione, Reddito e Ricchezza, Tempo libero, Sicurezza sociale, Popolazione e demografia, Reati e Sicurezza, Sistema Salute), come sintesi di 85 indicatori di base.

Gianni Soleni - Federmanager Venezia

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Ma poi mi sovviene che a metà dicembre 2021 un altro noto quotidiano leader (Il Sole 24 Ore) ha pubblicato una sua classifica alternativa sempre sulla QDV in Italia nel 2021. Sottotitoli sono “La Top Ten premia il Nord-Est” (bene, questo mi tranquillizza e mi conforta, dai che ci siamo), poi “Risale la Lombardia” (ma sì, diamogli il contentino ai vicini di casa) e l’immancabile “Il Mezzogiorno si posiziona sul fondo” (ah questi cugini meridionali, sempre in ritardo…). In questo caso lo studio ha analizzato 90 indicatori sintetizzati in 6 indici tematici (Affari e Lavoro, Ambiente e Servizi, Cultura e Tempo libero, Demografia e Salute, Giustizia e Sicurezza, Ricchezza e Consumi), in parte sembrano sovrapponibili con i precedenti di ItaliaOggiSette.

La voglia di confrontare le due classifiche sorge ineluttabile. Con un po’ di pazienza aggiungo una terza colonna alla tabella di cui parlavo sopra e ne esce il risultato che presento alla pagina successiva. 
Primo commento: come si vede, ciò che eleva la Qualità di Vita per gli Uni non vale esattamente per gli Altri. Parma, in testa per l’Uno, è addirittura solo 12ma per l’Altro.

Trieste, settima per l’Uno, va addirittura in testa per l’Altro. E così via, come è evidenziato nella tabella. A parte alcune eccezioni, un simil-suegiù da montagne russe. Ne deduco che la Qualità di Vita non è intesa da tutti allo stesso modo. Ognuno giustamente si fa la sua classifica, ovvero “Giornale che vai (a leggere), Classifica che trovi”.
Ma non finisce qui. Qualcuno (spero almeno uno) dei lettori avrà notato che la tabella evidenzia a destra una quarta colonna con una terza classifica, identificata con dei punti di domanda.

Svelo l’arcano. Volete sapere di quale classifica si tratta (seppure come estratto)? È la "Classifica delle città più inquinate in Europa", secondo la prestigiosa rivista scientifica “Lancet” nella sezione “Planetary Health”. La tabella completa (di cui viene esposta una sintesi “nostrana”) elenca circa mille città europee, i numeri della terza colonna quindi sono in una classifica da 1 a 1.000. Lo studio pubblicato riguarda in particolare gli effetti delle polveri sottili (PM10 e PM2,5) e del diossido di azoto (NO2), arrivando a valutare per ogni città il numero di morti che sarebbero prevenibili se non ci fosse inquinamento.
Le città della nostra amata, ma un po’ matrigna “Po Valley”, localmente chiamata Pianura Padana, sono posizionate (purtroppo) in testa o quanto meno nelle posizioni altissime di classifica, venendo presentate come città dove si muore di più per inquinamento atmosferico. A questo vanno addebitati in particolare il 19% dei tumori al polmone, l’11% degli ictus, il 16% degli infarti, il 20% dei casi gravi di diabete e il 41% dei decessi per broncopneumopatia cronica ostruttiva.

Non solo, l’inquinamento può scatenare o aggravare allergie, bronchiti, attacchi d’asma, infezioni o infiammazioni alle vie aeree; è stata anche stabilita una correlazione causale con malattie psichiatriche e neurologiche ed alterazioni del metabolismo.

Di qui un paio di titoli di commento apparsi sulla stampa: “Nel nostro Paese l’inquinamento atmosferico provoca 60mila morti all’anno.

La performance peggiore in Europa (rif. Agenzia europea per l’Ambiente) e “Brescia, Bergamo, Vicenza, Torino e Milano tra le peggiori in Europa

Male come le città della Pianura Padana stanno solo le città di alcune zone della “carbonifera” Polonia e della Repubblica Ceca. Per questo, il 10 novembre 2020 la Corte di Giustizia dell’Unione Europea ha condannato l’Italia per la violazione della direttiva europea sulla qualità dell’aria, al termine di un procedimento iniziato nel 2014.
Cose lontane da noi che interessano solo i burocrati di Bruxelles, gli stessi del “Buon Natale ? Buone Festività”? Forse. Io personalmente però ci credo, anche se mi sento (molto) impotente: e anche colpevole. Alla faccia della classifica/che della Qualità di Vita sopra presentatA/E.

Secondo (e ultimo) commento: moriamo in 60mila ogni anno, ma moriamo contenti

P.S.: le considerazioni sul burro di Amburgo, presentate in altro articolo (“Il burro di Amburgo inquina?”), le ho scritte un mese prima di queste sopra, in tempi molto diversi e senza volontà di abbinamento. Ma, guarda caso, le considerazioni sopra esposte fanno il paio con quelle sul burro di Amburgo, a maggior ragione dopo il rapido esame della figura presentata nella pagina precedente che evidenzia quali siano le maggiori fonti di inquinamento atmosferico in Pianura Padana: “Merci su strada ? 21 per cento (prima causa di inquinamento)”. Il cerchio si chiude…
 
Articolo Dirigenti nordest