Investire su manager e occupazione

Occorre sostenere il sistema produttivo per la crescita e la competitività

Daniele Damele  

Presidente Federmanager Friuli Venezia Giulia e Segretario CIDA FVG
I dati di cassa integrazione e sul mercato del lavoro nel Nordest indicano che il sistema produttivo veneto, friulano e di Trento e Bolzano tiene, ma fatica a crescere con la stessa intensità degli anni passati. Le linee produttive non si fermano del tutto, ma l’uso crescente degli ammortizzatori sociali è il segnale che le imprese vogliono prendere fiato. Il primo semestre 2025 ha, infatti, consegnato un’immagine a doppia faccia del mercato del lavoro. 

Da un lato i dati della banca dati Inps sulla cassa integrazione mostrano un aumento del ricorso agli ammortizzatori sociali, dall’altro i report occupazionali confermano segnali di rallentamento rispetto all’anno precedente.

I dati confermano come il tessuto produttivo nordestino, pur ancora in crescita occupazionale, stia attraversando una fase di tensione: il maggiore ricorso alla Cig riflette difficoltà diffuse in settori chiave, dalla meccanica all’occhialeria, dal tessile all’automotive. 

A pesare sono soprattutto la frenata nei rapporti a termine, le difficoltà di reperimento di personale e il calo della domanda di lavoro.

In Friuli Venezia Giulia le ore autorizzate di Cig hanno raggiunto quota 8,1 milioni, in crescita rispetto ai 7,99 milioni del 2024, ma su livelli storicamente elevati. L’area più colpita è quella di Pordenone seguita da quella di Udine. La meccanica, che rappresenta oltre la metà delle ore complessive richieste, ha registrato un incremento del 21% sul 2024. Crisi aperte riguardano Electrolux, Savio e la Marelli Automotive Lighting di Tolmezzo, che ha attivato sei settimane di Cig ordinaria per oltre 600 dipendenti a causa della riduzione degli ordini di Audi. A Trieste pesano il fallimento di Tirso e la ristrutturazione di Wärtsilä.

Il ricorso crescente alla cassa integrazione evidenzia le differenze tra i comparti. L’industria metalmeccanica resta un pilastro del Nord Est e, pur tra oscillazioni della domanda, mostra una relativa tenuta: la Cig ordinaria è stata utilizzata come strumento di gestione delle fluttuazioni produttive, più che come risposta a crisi profonde. Segnali positivi arrivano, invece, dall’alimentare, che continua a trainare l’export e il made in Italy, confermando la resilienza delle filiere agroindustriali trivenete. 

La fotografia settoriale mette in luce come la Cig nel Nord Est sia usata sia per fronteggiare crisi aziendali vere e proprie (occhialeria, automotive, tessile), sia per governare cicli produttivi eccessivamente volatili (meccanica, logistica, servizi). È in questa cornice che si spiegano i dati del primo semestre: la Cig ordinaria cresce come strumento di gestione delle congiunture, mentre quella straordinaria resta legata a casi industriali di crisi conclamata.

La fotografia complessiva restituisce un Nord Est che non perde la sua base occupazionale, ma la vede erosa da incertezze globali e crisi di settore. Le imprese affrontano la competizione internazionale, il peso dei dazi e la transizione green, con margini sempre più compressi. Nel frattempo, il sistema degli ammortizzatori resta centrale, ma rischia di diventare uno strumento ordinario più che straordinario. La priorità è garantire non solo il reddito, ma anche percorsi di riqualificazione e politiche attive. Per le istituzioni regionali l’obiettivo dev’essere quello di salvaguardare la vocazione manifatturiera e attrarre nuovi investimenti. 

Daniele Damele

Daniele Damele Presidente Federmanager FVG Segretario CIDA FVG

Il futuro dipenderà dalla capacità di tenere insieme la tenuta occupazionale con riguardo precipuo al ruolo dei manager con le trasformazioni produttive in corso in un contesto geopolitico frammentato. La sfida è quindi quella di evitare che la cassa integrazione diventi un rifugio permanente e, contestualmente, rilanciare la competitività del Nord Est, territorio che resta tra i più dinamici d’Europa.

Il governo e la PA devono favorire la riaccensione del motore dell’economia reale, stretto tra i costi dell’energia più alti d’Europa e misure come Transizione 5.0 che ad oggi non hanno avuto effetto. Occorre sostenere il sistema produttivo per la crescita e la competitività Senza nuovi investimenti produttivi non può esserci sviluppo. Il futuro dipenderà dalla capacità di tenere insieme la tenuta occupazionale con riguardo precipuo al ruolo dei manager con le trasformazioni produttive in corso in un contesto geopolitico frammentato. 

La sfida è quindi quella di evitare che la cassa integrazione diventi un rifugio permanente e, contestualmente, rilanciare la competitività del Nord Est, territorio che resta tra i più dinamici d’Europa.

Il governo e la PA devono favorire la riaccensione del motore dell’economia reale, stretto tra i costi dell’energia più alti d’Europa e misure come Transizione 5.0 che ad oggi non hanno avuto effetto. Occorre sostenere il sistema produttivo per la crescita e la competitività Senza nuovi investimenti produttivi non può esserci sviluppo. La priorità è rifinanziare, sburocratizzare e semplificare Transizione 5.0, che disponeva di 6,3 miliardi solo parzialmente utilizzati e in scadenza a fine anno. È uno strumento strategico, ma deve diventare accessibile, con procedure snelle e tempi certi in quanto le aziende devono, infatti, poter programmare i loro investimenti.

L’Ires premiale oggi è quasi impraticabile, bisogna renderla efficace premiando gli utili reinvestiti e la patrimonializzazione. Allo stesso tempo va stabilizzato il credito d’imposta per ricerca e sviluppo, che è un motore essenziale del riposizionamento competitivo. 
L’industria è un asset strategico. Come Germania e Spagna anche l’Italia deve sostenere la manifattura con aiuti diretti e tagli ai costi energetici sulla base di una strategia industriale complessiva che metta l’industria al centro stimolando investimenti. Occorre spendere di più in innovazione mentre la politica energetica va costruita a livello europeo, diversificando le fonti e abbattendo il differenziale dei costi.

La priorità è rifinanziare, sburocratizzare e semplificare Transizione 5.0, che disponeva di 6,3 miliardi solo parzialmente utilizzati e in scadenza a fine anno. È uno strumento strategico, ma deve diventare accessibile, con procedure snelle e tempi certi in quanto le aziende devono, infatti, poter programmare i loro investimenti.

L’Ires premiale oggi è quasi impraticabile, bisogna renderla efficace premiando gli utili reinvestiti e la patrimonializzazione. Allo stesso tempo va stabilizzato il credito d’imposta per ricerca e sviluppo, che è un motore essenziale del riposizionamento competitivo. 

L’industria è un asset strategico. Come Germania e Spagna anche l’Italia deve sostenere la manifattura con aiuti diretti e tagli ai costi energetici sulla base di una strategia industriale complessiva che metta l’industria al centro stimolando investimenti. Occorre spendere di più in innovazione mentre la politica energetica va costruita a livello europeo, diversificando le fonti e abbattendo il differenziale dei costi.