La sfida della sostenibilità e il ruolo del sustainability manager
Un tema di stringente attualità nella gestione d’impresa
L’attenzione alla sostenibilità dei processi aziendali, in particolare alla sostenibilità
ambientale, è un tema di stringente attualità
nella gestione d’impresa.
In questo contesto, la transizione digitale ed ecologica,
che sta investendo le aziende e i mercati,
impone un cambiamento di paradigma che
possa garantire quello “sviluppo sostenibile” che, nel realizzare i contingenti obiettivi aziendali, ne assicuri il perdurare nel tempo a beneficio delle comunità e delle generazioni future, in aderenza agli Obiettivi di
Sviluppo Sostenibile (SDG – Sustainable
Development Goals) dell’Agenda 2030 e
nel rispetto degli Accordi di Parigi sul contrasto al cambiamento climatico del 2015.
Pur nella consapevolezza dell’importanza del tema, i comportamenti d’impresa a
supporto di iniziative che ne garantiscano
maggiormente la sostenibilità appaiono
ancora poco organici, poco strutturati e comunque generalmente non orientati sia alla
realizzazione di un “effetto rete” territoriale che a una rivisitazione dell’organizzazione d’impresa, scenario che anche da
parte delle aziende del Nord Est non evidenzia eccezioni.
A una riflessione in tal senso conduce una
particolareggiata e interessante attività di
ricerca e analisi di dati, curata da Daniele
Marini, Professore di Sociologia dei Processi Economici dell’Università di Padova, per la BCC Pordenonese e Monsile,
con la collaborazione di docenti ed esperti
in materie socio-economiche, condotta in
partnership con il Fondo Sviluppo Friuli
Venezia Giulia.
Il Rapporto Mutamenti 2023, presentato il
4 dicembre scorso, nel fotografare l’evoluzione e le prospettive del Veneto e del Friuli
Venezia Giulia comparate con l’Italia intera,
approfondisce, con una ricca ed elaborata
produzione di dati, alcuni aspetti della transizione economica, ambientale e demografica nella prospettiva dello “sviluppo
sostenibile” delle aziende nordestine.
Se, a livello nazionale, il 59,5% delle imprese manifatturiere italiane ha intrapreso
iniziative di sostenibilità (50,3% tutela ambientale, 44,6% sostenibilità sociale, 36,8%
sostenibilità economica), sono le imprese
manifatturiere del Nord Est a svolgere con
maggiore intensità iniziative di sostenibilità,
con il 61,8%.
Diversamente, nel settore dei
servizi, azioni di sostenibilità sono state assunte dal 41,5% delle aziende nordestine,
contro il 50,4% a livello nazionale.
Nel triennio 2018-2020, le imprese che
hanno introdotto innovazioni di processo e
di prodotto sono state il 46,7% in Veneto e
il 48,4% in Friuli Venezia Giulia, contro il
45,9% a livello nazionale.
Restringendo l’analisi alle innovazioni che
hanno prodotto benefici ambientali all’interno dell’impresa, a fronte di un 37%
nazionale, il 34,2% è riferibile alle imprese
venete e il 40,1% a quelle del Friuli Venezia Giulia.
Il minor consumo di energia
e la riduzione di emissioni industriali di
CO2 (17,8% delle imprese venete e 23,2%
di quelle del Friuli Venezia Giulia), sostituzione di materiali impiegati con materiali
meno inquinanti o pericolosi (18,4% Veneto e 16% Friuli Venezia Giulia), riduzione dell’inquinamento atmosferico, idrico, sonoro e del suolo (16,3% e 14,6%
rispettivamente), riciclaggio dei materiali
e dei rifiuti e riciclo dell’acqua per usi
propri o destinati alla vendita (14,9%
e 16,9%), rappresentano i principali benefici ambientali ottenuti all’interno
dell’impresa, mentre la sostituzione di
combustibili fossili con risorse energetiche rinnovabili ha interessato una quota minoritaria delle imprese, sia in Veneto
(7,2%) che in Friuli Venezia Giulia (6,3%)
(Gianluca Toschi – Le imprese: una sostenibilità leggera).
La complessità connessa all’adozione di
comportamenti finalizzati a uno “sviluppo
sostenibile” si manifesta principalmente nel conflitto che sorge fra i tradizionali
obiettivi di natura economica dell’impresa
e le sfide per il conseguimento di obiettivi
di natura ambientale e sociale. Le iniziative
di innovazione che hanno prodotto benefici ambientali all’interno dell’impresa dianzi
indicate, rappresentano soltanto un livello
di minore complessità di azione.
Più impegnativi dovranno essere invece gli sforzi
per un ridisegno integrale dei processi
produttivi che dovrà però richiedere, fra
l’altro, investimenti con ritorni più incerti e
lontani nel tempo.
E l’impatto riguarderà
in primo luogo le risorse umane.
Così come la digitalizzazione – in atto da
tempo – ha stabilito la fine di alcune attività lavorative e la nascita di nuovi profili
professionali, l’esigenza di concretizzare
uno “sviluppo sostenibile” favorirà lo sviluppo di opportunità occupazionali, che
dovranno essere basate su competenze
green, oltrechè digitali.
In questo contesto emerge una nuova figura professionale, quella del Sustainability Manager, sempre più spesso collocata
in ruoli dirigenziali, che assume responsabilità dirette sui radicali cambiamenti da
porre in essere, coinvolgendo tutte le diverse linee di business dell’azienda.
Il Sustainability Manager non dovrà operare esclusivamente nell’elaborazione delle
strategie aziendali, analizzando la composizione delle risorse umane, i fabbisogni
di materie prime ed energetiche, il livello
tecnologico dell’azienda, ma dovrà farsi
portatore di una cultura del cambiamento
relativamente ai temi connessi al miglioramento del rating di sostenibilità, che
esprime l’impatto ambientale, sociale e di
governance dell’attività di impresa (ESG –
Environmental, Social and Governance).
Dovrà quindi divulgare le basi e gli indirizzi
collegati alla sostenibilità, con riguardo sia
alla dimensione aziendale che al contesto
esterno di riferimento.
A livello operativo, il Manager della Sostenibilità (SM) dovrà valutare ed elaborare i
piani d’azione per il raggiungimento degli
obiettivi di sostenibilità, che saranno misurati attraverso l’andamento di specifici KPI
da definire.
Le azioni, volte a definire e migliorare la sostenibilità sociale e ambientale, dovranno essere in linea con le normative vigenti e monitorate periodicamente con
interventi di audit dedicati.
È di tutta evidenza che la redazione e l’aggiornamento
del Piano di Sostenibilità dovranno essere sempre allineati ai diciassette Obiettivi
di Sviluppo Sostenibile (SDGs) definiti
nell’Agenda 2030.
La complessità della sfida per orientare le
imprese a uno sviluppo realmente sostenibile in tutte le sue componenti, richiede
quindi che nell’organizzazione sia presente il Sustainability Manager, non solo per
sviluppare iniziative e progetti all’interno
dell’impresa, ma anche per conseguire
importanti e preziosi vantaggi.
Essere
sostenibili, infatti, migliora la reputazione
aziendale, permette di entrare in nuovi
mercati e consente un più agevole accesso alla finanza, con rating bancari sempre
più attenti alla sostenibilità.
15 febbraio 2024